MOLTI gli interrogativi, per molti versi motivati, emersi ad un seminario dell’ Aspen sui Servizi d’ informazione; poche, però, le risposte esaurienti, anche se i partecipanti – bipartisan- erano di alto livello (da Massimo D’ Alemaa Gianni Letta, dal prefetto De Gennaro, direttore generale del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza al gen. Di Paolo, comandante della GdF, da alcuni fra i rettori delle principali università ai manager di qualche grande impresa). All’ ordine del giorno figurava una prima verifica sul funzionamento della recente legge di riforma dei Servizi, nel complesso positiva, soprattutto per la netta suddivisione tra compiti internie compiti esterni, anche se non ancora ben calibrato l’ equilibrio tra le finalità operative preponderanti (contrasto al terrorismo e alla criminalità interna e internazionale, difesa dell’ indipendenza e integrità dello Stato) e la tutela di una più vasta gamma di interessi nazionali (economici, scientifici e industriali). Ma l’ interrogativo cui nessuno riescea rispondereè come abbia potuto verificarsi un sommovimento pari a quello che ha investito la sponda meridionale del Mediterraneo senza che nessun avvertimento lasciasse prevedere ciò che stava per accadere. Non solo come dimensioni ma altresì come natura, gruppi egemonici emergenti, contro poteri in atto, influenza o meno del fondamentalismo religioso (Fratelli musulmani) e della militanza risalente al “jihad” o addirittura ad “al Qaeda”. Ed oggi, a più di due mesi da quando (il 17 dicembre) un giovane venditore ambulante tunisino, Mohamed Buazizi, si dava fuoco per protesta contro i gendarmi, innestando quella rivolta che avrebbe investito il mondo arabo dal Marocco al Golfo Persico con gli epicentri più dirompenti nella stessa Tunisia, in Egitto e, infine, in Libia, ebbene, da allora ancora nessuno riesce a dirci chi stia prevalendo, chi conduca il gioco, quali previsioni sia possibile azzardare. Nessuna risposta si rivela esauriente ed è quasi automatico che i Servizi fungano da capri espiatori. Facile quanto probabilmente errato. Tantoè vero che se il più recente rapporto del Sis al Parlamento, giusto al primo esplodere dei fatti, si limitava a poche righe («il Medio Oriente resta un’ area particolarmente sensibile, i cui equilibri risultano ulteriormente influenzabili dalle tensioni esplose nel vicino Nordafrica, dove, a partire dall’ epicentro tunisino, i fermenti sociali e le aspirazioni al cambiamento, amplificati e condivisi sul web, dovranno misurarsi con tentativi di strumentalizzazione in chiave islamista e con il rischio di inserimenti di natura terroristica»), ciò non di meno non si ha notizia di nessuna analisi molto più approfondita, neppure nel quadro della collaborazione con altri Servizi internazionali, particolarmente attenti a questo settore, come la Ciao il Mossad. Vien da azzardare che la risposta non ci sia in quanto non poteva esserci, che previsioni precise non sono state elaborate in quanto dietro l’ esplodere di massa della protesta non agivano gruppi individuabili impegnati nella attuazione di piani rivoluzionari. Così come è avvenuto del resto nel 1989, con la caduta improvvisa del Muro di Berlino e il crollo, quasi senza colpo ferire, per un’ implosione tutta interna e non preordinata, dei regimi comunisti. La storia insegna che a volte sistemi dittatoriali i quali si erano rettia lungo, oltre che sulla repressione, su consensi populisti, nazionalisti o di altra natura, accumulano nel loro seno un tale potenziale di protesta che, ad un certo punto, da nessuno preordinato, questo prorompe nelle forme di una rivolta. Così il vecchio motto ottocentesco – “Quando il popolo si desta, Dio si mette alla sua testa, e le folgori gli dà” – si moltiplica grazie ai motori globali del web. Solo a questo puntoi Servizi, se avranno saputo prendere a tempo rapporti utili con tutti i movimenti presenti nello scenario, potranno cominciare a capire come si disporranno le forzeea suggerire intelligenti interventi.
Fonte: Repubblica del 7 marzo 2011Quando il popolo si desta Dio si mette alla sua testa
Marzo 7th, 2011
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L'autore: Mario Pirani - Socio alla memoria
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