• sabato , 23 Novembre 2024

Proposta choc:Btp obbligatori

Costringere i cittadini oltre una certa soglia di reddito ad acquistare titoli di Stato a lunga scadenza. A prezzo maggiorato. Insomma, una specie di ‘patrimoniale dolce’. E’ la ricetta di un think tank internazionale. Sul tavolo di Monti.
Hanno studiato i numeri, esaminato le soluzioni, scelto le strategie d’azione. Il loro passaporto è italiano, ma la casacca è quella di alcuni grandi gruppi stranieri che operano nella penisola: multinazionali come il gigante della chimica tedesca Basf, l’americana Cisco produttore di apparati di trasmissione intelligenti, la Hewlett Packard, griffe mondiale delle stampanti. Nel giro dell’inverno hanno periodicamente lasciato le proprie poltrone di amministratori delegati e country manager per affrontare il tema dei temi: come abbattere il debito pubblico italiano. E hanno individuato undici mosse possibili, di diverso impatto ed effetto, che hanno raccolto in un rapporto di 68 pagine e recapitato a fine giugno al governo. Se il gabinetto di guerra che Mario Monti ha appena deciso di costituire per far fronte alle emergenze della crisi lo prenderà in esame, non è ancora dato di sapere. Ma la novità sta nel fatto che un simile esercizio, finora appannaggio di politici ed economisti, sia diventato un tema presente anche nelle agende dell’establishment internazionale. Chiamiamoli pure poteri forti preoccupati del loro business.
Di certo, la grande impresa che guarda all’Italia oggi ha l’immagine di un paese attaccato al polmone d’acciaio con una voce che sussurra insistente: «Lo stiamo perdendo». Per rimetterlo in piedi non bastano il successo personale e le promesse dei big dal capitalismo Usa ottenute da Monti a Sun Valley . Serve una cura drastica di tagli e crescita.
“Come ridurre il debito pubblico italiano: il piano di azione”, così si intitola il rapporto, è nato all’interno del network di top manager che si frequenta nell’Ambrosetti Club, articolazione di quella cattedrale dell’intellighenzia economico-politica nazionale e internazionale che è la European House-Ambrosetti (firma i convegni di Cernobbio). Una decina di persone hanno dato vita al gruppo di studio, affiancati da un team di assistenti Ambrosetti, e guidati all’economista Innocenzo Cipolletta come advisor esterno, che ha aiutato a far convergere le diverse visioni soggettive nelle 11 proposte. All’ultima riunione, il 22 giugno, è stato invitato anche il neodirettore generale del Tesoro, Vincenzo Lavia, al quale le proposte – due “choc” per abbattere il debito e nove riforme strutturali su patrimonio pubblico, fisco e spesa pubblica per riattivare la crescita – sono state illustrate e consegnate, complete del loro effetto sui conti.
Al primo posto c’è ovviamente la dismissione di asset dello Stato. Ma sui proventi da privatizzazioni il team non ha nascosto grandi perplessità: in quanto tempo si faranno, e quanto potranno davvero rendere? Preoccupazione che echeggia anche nelle prime dichiarazioni di Vittorio Grilli da ministro. E quindi? Quindi il team dei manager non ha peli sulla lingua nell’indicare l’unica strada che ritiene efficace. “Un meccanismo di collocamento forzoso di titoli di Stato”.
Non una vera patrimoniale, ma una sorta di contributo obbligatorio: i cittadini oltre una certa soglia di reddito sarebbero obbligati a comprare Btp a lunga scadenza (ad esempio a 30 anni) a un valore maggiore rispetto al prezzo di mercato: per esempio a 100 invece di 70, “prestando” quindi allo Stato l’equivalente di 30. «La differenza sostanziale rispetto a una tassa tradizionale, che non prevede la recuperabilità», è scritto nel rapporto, «è che si consente la possibilità di restituzione dell’imposta. Questo intervento consentirebbe inoltre di allungare la scadenza media del debito, spostando nel tempo l’eventuale onere derivante dalla restituzione».
Anche tra i nove interventi strutturali per la crescita c’è un un capitolo che riguarda il debito. Si suggerisce, infatti, di aumentare la durata dei titoli di Stato. Soprattutto quando lo stock è elevato, la strategia migliore è quella di allungare il periodo di scadenza, in modo da ridurre l’esposizione:«Tra il 2005 e il 2010 la “duration” del debito è già aumentata da 7 anni a 7,8», osserva il comitato, ma dovrebbe salire ancora di più.
Poi ci sono le iniziative che riguardano il patrimonio immobiliare. Per rilanciare l’edilizia, il rapporto propone di «introdurre l’obbligo per i proprietari di casa di ristrutturare le facciate dei condomini». Un’idea che vede come sponsor proprio Cipolletta, convintissimo del suo effetto benefico sull’economia: non costa alle casse pubbliche, ma rende in termini di incassi fiscali per il giro d’affari che metterebbe in moto. L’intervento «dovrebbe partire dai centri storici delle città principali (Milano, Firenze, Roma eccetera) per poi venire esteso alle zone meno centrali e alle città minori». Si potrebbe prevedere – si legge – anche l’obbligo di dotarsi di sistemi di riscaldamento/raffreddamento coerenti con il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici.
Ma anche il patrimonio artistico (“uno dei meno redditizi al mondo: quello di Francia e Spagna rende, rispettivamente, quattro e sette volte più di quello italiano”) potrebbe fare la sua parte. Il rapporto indica due strade. Da un lato, un sistema di concessioni a privati di pezzi del patrimonio (quelli con un valore commerciale) in cambio di un canone di concessione. Dall’altro (proposta numero sei, vedi grafico) la creazione di una società mista pubblica-privata per gestire insieme pezzi di patrimonio artistico.
Consigli pure per un fisco pro-sviluppo: una “fiscal devaluation”, con gli stessi effetti di una svalutazione competitiva. Ovvero: spostare il carico fiscale dal lavoro (il cuneo fiscale) che incide sul prezzo finale di un prodotto, alla tassazione indiretta (Iva), che grava solo sul prezzo interno e non danneggerebbe le esportazioni. Poi, tassare meno giovani e donne: il mercato del lavoro diventerebbe più inclusivo e dinamico, facendo emergere parte del lavoro nero, con un effetto positivo anche per le finanze pubbliche.
Nell’operazione fiducia che sta perseguendo il governo Monti rientra anche l’introduzione di un Fiscal Council, organismo presente negli Stati Uniti (il Congressional budget office), in Gran Bretagna, Olanda, Canada e Finlandia. La legge per il pareggio di bilancio prevede l’istituzione di un organismo indipendente nelle Camere con compiti di analisi e verifica. Ma è una “versione soft”, secondo l’Ambrosetti Club, che ne propone una “hard” per limitare la discrezionalità della politica sugli obiettivi di saldo lasciando al Parlamento e all’esecutivo l’incarico di decidere la composizione della manovra.
Suggerimenti anche per Piero Giarda ed Enrico Bondi su una spending review davvero efficace. Si potrebbe privatizzare l’Aci, sul modello dell’inglese AA, «il cui utile lordo è raddoppiato nel periodo 2004-2007, a seguito della privatizzazione, migliorando la qualità del servizio». Quanto agli statali, gli esempi sono tre: quello canadese per il numero (tra il 1994 e il 1997 la spending review in Canada ha portato a una riduzione dei dipendenti pubblici del 19 per cento, pari a 45 mila dipendenti); l’Olanda per la quantità di spesa aggredita (l’ultimo ciclo di spending review nel 2009 ha portato a una diminuzione della spesa pubblica di 39 miliardi); infine il Giappone per il metodo di revisione della spesa socialmente condiviso: «La discussione interna a ciascuna task force ministeriale è pubblica ed accessibile attraverso i mezzi di comunicazione tradizionali e digitali».

Fonte: Espresso del 23 luglio 2012

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