• giovedì , 31 Ottobre 2024

Princeton “contro”

Il municipio dà l’assalto all’ateneo per obbligarlo a dividere gli incassi.L’America che trovi
NEW JERSEY
Princeton contro Princeton. La città del New Jersey alle prese, come tutti gli altri municipi d’America, con crisi di bilancio e tagli dei servizi offerti ai cittadini, parte all’assalto della locale, ricchissima e blasonatissima università. Che alimenta l’economia locale, certo, ma continua ad accumulare, grazie anche alle molte agevolazioni di cui gode, ricchezze immense che non escono dai confini del suo “campus”. Adesso i cittadini di Princeton la attaccano in tribunale nel tentativo di obbligarla a dividere con la città almeno i proventi dei moltissimi brevetti sviluppati nei suoi laboratori e acquistati da grandi imprese. Una richiesta in contrasto con il Bayh-Dole Act, una legge varata 33 anni fa per dare impulso alla ricerca in America e facilitare le applicazioni industriali dei suoi risultati, creando un sistema di vasi comunicanti tra accademia e mondo delle imprese: le università, anche se ricevono sussidi federali per la ricerca, possono cedere l’utilizzo dei brevetti registrati nei loro laboratori e dividono le “royalties” con professori e studenti che hanno prodotto questi risultati. Ora la città chiede di avere anch’essa un pezzo della torta. Richiesta apparentemente in contrasto con la legge, ma quando l’università ha chiesto al tribunale del New Jersey di archiviare la causa, si è sentita rispondere dal giudice incaricato, Vito Bianco, che la denuncia verrà invece esaminata perché contiene molti elementi che meritano di essere presi in considerazione. Adesso tutte le grandi università d’America guardano a Princeton col fiato sospeso.
NEW YORK
Scarafaggi “Upper East Side”
Gli scarafaggi dell’Upper East Side di Manhattan non sono uguali a quelli di Roosevelt Island, di Brooklyn o anche del West Side. Il National Cockroach Project, uno studio entomologico della Rockefeller University basato sulla sequenza del Dna degli insetti, ha accertato che, come gli umani, anche gli scarafaggi si adattano all’ambiente in cui vivono restando per generazioni nel luogo nel quale sono inizialmente arrivati. Nell’elegante Upper East, nei condomini e nelle coop di lusso, soprattutto i vecchi edifici “prewar” della Quinta Strada o di Park Avenue, prevale il “German cockroach”, più piccolo e che tende a nascondersi sotto i mobili di casa. Gli scienziati ritengono che sia arrivato in America con le prime ondate migratorie dall’Europa. Altrove, soprattutto fuori Manhattan, è, invece, molto diffuso l’”American cockroach” più grosso (oltre 3 cm di lunghezza) e con le ali, anche se incapace di volare. Si chiama americano ma proviene dall’Africa: l’ipotesi più probabile è che sia arrivato con le navi che trasportavano gli schiavi attraverso l’Atlantico, più di due secoli fa. Le specie di scarafaggi fin qui censite sono ben 4.600, ma tutti questi insetti hanno caratteristiche simili: non trasmettono malattie gravi attraverso il sangue, ma possono provocare reazioni allergiche. E, soprattutto, imparano rapidamente ad adattarsi agli insetticidi: le trappole al glucosio non funzionano più.
WASHINGTON
I Millennials non trovano più lavoro
La disoccupazione giovanile alle stelle è la piaga più grave dell’Europa, ma quello della strada tutta in salita davanti ai “millennials”, la generazione dei nati nell’ultimo scorcio del Ventesimo secolo, è ormai un problema grave anche negli Stati Uniti del mercato del lavoro più dinamico e flessibile. Ma anche qui sono tanti i giovani, neolaureati compresi, che cercano lavoro per anni e spesso sono costretti ad accettare impieghi precari, malpagati e che non hanno nulla a che fare con quello che hanno studiato. Ora uno studio del Georgetown University Center on Education and the Workforce fotografa questa situazione: tra il 2000 e il 2012 l’occupazione dei giovani tra i 21 e i 25 anni è calata dall’84 al 72% con un tasso di senza lavoro che per i ragazzi di colore è arrivato al 30%, il doppio rispetto ai bianchi. Numeri meno drammatici di quelli dell’Europa mediterranea, ma che allarmano un’America che ha meno reti di protezione sociale (a partire dalla solidità delle strutture familiari) rispetto a Italia, Spagna o Francia. Più disoccupazione significa anche cambiamento della struttura sociale e, in prospettiva, una trasformazione dei modelli di consumo. Diminuisce la popolazione attiva – gli adulti che lavorano o sono alla ricerca di un impiego sono passati dal 65 al 58% – e tutto si sposta in avanti: se prima si otteneva un lavoro con una paga media (42 mila dollari l’anno) a 26 anni, ora ci si arriva a 30. E l’età della pensione si sposta sempre più in avanti – verso i 70 anni e anche oltre – per l’allungamento della vita ma anche perché si comincia a lavorare a tempo pieno (e a versare contributi previdenziali) molto più tardi.

Fonte: Corriere della Sera 11 ottobre 2013

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