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Prima di tutto riformiamo la finanziaria

L’ABBASSAMENTO del rating deciso da due delle tre principali agenzie internazionali dovrebbe indicare un aumento del rischio di non rimborso del debito pubblico italiano, ipotesi piuttosto lontana dalla realtà. Il fatto che il mercato abbia avuto una modesta reazione dovrebbe confermare questa tesi. Gli esperti dicono che, conoscendo come la pensano le società di rating, il mercato aveva anticipato il loro giudizio negativo e l’aveva già scontato dal valore dei titoli di Stato. Con la decisione delle agenzie di rating si completa l’arco delle insoddisfazioni generate dalla Finanziaria 2007. Che questa sia “seria” e le insoddisfazioni non lo siano è una strada priva di sbocchi. Certo, come al solito, tutti si aspettavano di ottenere qualcosa e nonostante i 217 articoli che la compongono e il numero imprecisato degli articoli dei decreti legge di attuazione, la Finanziaria ha scontentato tutti, dagli economisti agli imprenditori, dai lavoratori alle agenzie di rating, e soprattutto ai cittadini tartassati.
Questo evento si ripete puntuale a ogni Finanziaria e già da tempo i più attenti osservatori hanno sottolineato che il meccanismo della sua formazione e i suoi contenuti richiedono una riforma, come tanti altri aspetti della nostra convivenza sociale. Esistono precise proposte in materia (una proviene da una Commissione guidata da chi scrive), ma il Parlamento le ha finora ignorate preferendo continuare nel rito preparatorio della sua presentazione e in quello successivo delle migliaia di emendamenti, che non di rado si chiudono con il “porre la fiducia”, ossia l’alternativa tra approvare la Finanziaria e “andarsene a casa”.
Poiché come più volte precisato su queste stesse pagine i parlamentari a casa non ci vogliono andare, la proposta di politica economica passerà in Parlamento e tutti resteranno insoddisfatti. Dato che l’epilogo sarà questo, la soluzione è quella da noi lungamente caldeggiata: più tagli, meno tasse, più investimenti e più incentivi alla ricerca e all’innovazione. Pertanto, invece di porre la fiducia su una Finanziaria “di compromesso”, la si ponga su una “di risanamento e rilancio”, come era stato promesso prima e dopo le elezioni. Questa “nuova” Finanziaria va accompagnata da una proposta di riforma del meccanismo della sua formazione e gestione parlamentare.

Fonte: Il Messaggero del 22 ottobre 2006

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