Sotto la spinta di Tony Blair e Gordon Brown improvvisamente la
lotta alla povertà è diventata protagonista. L’ Africa è lì, con
le sue quotidiane tragedie con le quali conviviamo a distanza da
anni. Blair ha deciso di metterla in cima all’ agenda del G8 che
il prossimo luglio ospiterà a Gleneagles. Gordon Brown ha fatto il
passo successivo presentando la proposta concreta di creare una
International Financial Facility, che possa indebitarsi sui
mercati e far confluire rapidamente le risorse necessarie ad
affrontare l’ emergenza e far partire lo sviluppo. Jaques Chirac e
Gerard Schroeder si sono detti subito d’ accordo e hanno
cominciato ad affrontare il problema successivo: facciamo la
International Financial Facility perché può raccogliere risorse e
impiegarle con la rapidità che è necessaria, ma come sarà poi
rifinanziato il debito contratto? E come si assicurerà un flusso
stabile e permanente di risorse verso i paesi poveri nel medio e
lungo termine? L’ impegno assunto nel 2000 è che ciascun paese
industrializzato porti l’ ammontare degli aiuti allo sviluppo allo
0,7 per cento del pil. Ci si sta muovendo in quella direzione, ma
lentamente, per i vincoli di bilancio di molti paesi. E comunque
c’ è bisogno di mobilitare risorse aggiuntive che è difficile
immaginare vengano da bilanci pubblici che già fanno fatica a
mantenere gli impegni presi. Il presidente francese Chirac ha
fatto alcune proposte: la prima è di un prelievo fiscale pari a un
ammontare di uno per diecimila su alcune categorie di transazioni
finanziarie. La seconda è un prelievo sul carburante utilizzato da
navi e aerei; la terza è un prelievo di un dollaro su ciascuno dei
tre miliardi di biglietti aerei che vengono acquistati ogni anno.
Le reazioni sono state tiepide. Gerhard Schroeder ha appoggiato la
proposta di un prelievo sui capitali speculativi, George Soros
anche ha speso una parola a favore di questa ipotesi. I più sono
molto perplessi. Stephen Roach, l’ economista numero uno di Morgan
Stanley, ritiene l’ ipotesi di un prelievo sulle transazioni
finanziarie del tutto irrealistica; molti considerano
improponibile o comunque molto difficile da realizzare qualsiasi
forma di imposizione internazionale, per la quale non esistono
precedenti né procedure identificate. Nella migliore delle ipotesi
i tempi per arrivare a qualche forma di tassazione internazionale
sarebbero lunghissimi. C’ è una parte però della proposta di
Chirac sulla quale si può forse fare un passaggio ulteriore e
ottenere risultati in tempi brevi. E’ l’ idea di aggiungere un
dollaro ad ogni biglietto di aereo che viene acquistato nel mondo.
Il vantaggio di questa proposta è che potrebbe non essere una
tassa, ma un accordo privato tra tutte le compagnie raggiunto in
sede Iata o in altra sede. Un dollaro per ciascuno dei tre
miliardi di biglietti aerei venduti all’ anno vuol dire tre
miliardi di dollari ogni dodici mesi destinabili agli aiuti senza
un impatto percettibile né sul business del trasporto aereo né
sulle tasche dei viaggiatori. Sarebbe una gran bella cosa, per l’
ammontare, ma anche per la formula, replicabile in altri settori.
Per esempio si può immaginare un accordo tra gli operatori della
telefonia mobile per un prelievo di un centesimo per ciascuno
degli sms che a centinaia di milioni vengono inviati ogni giorno
nel mondo; oppure un accordo tra tutti i gestori di carte di
credito per un prelievo di dieci centesimi su ogni pagamento
effettuato nel mondo con una carta di credito. Accordi di questo
genere in settori nei quali i sistemi di pagamento sono
informatizzati e il numero degli operatori relativamente limitato
sono possibili. La reazione allo tsunami del 26 dicembre scorso ha
dimostrato che l’ opinione pubblica è sensibile e disponibile, il
prelievo sarebbe per importi minimi ma su un numero molto
rilevante di operazioni, non pesante per le tasche dei cittadini,
ma capace di generare un flusso imponente e stabile di risorse. Il
prelievo automatico e generalizzato lo sottrae al bisogno di
mobilitazioni individuali, che inevitabilmente sono forti sotto la
pressione di grandi emozioni ma poi si intorpidiscono quando l’
emozione diminuisce, e mette le imprese in condizione di operare
come intermediari tra il pubblico e i destinatari degli aiuti,
mettendo a disposizione la loro struttura. Le risorse raccolte in
questa forma generalizzata e automatica dovrebbero essere
destinate alla International Financial Facility, che potrebbe così
contare su un flusso massiccio e regolare di fondi per affrontare
l’ emergenza e avviare allo sviluppo i paesi poveri, secondo piani
e programmi stabiliti e condivisi. Tutto ciò è possibile. E’
importante ora che qualcuno prenda l’ iniziativa e la porti nei
luoghi dove è possibile raggiungere il consenso degli operatori
del proprio settore. Ai governi resterebbe da fare solo una cosa,
che dovrebbe essere relativamente semplice. Il governo italiano l’
ha fatta quando gli operatori di telefonia mobile hanno lanciato
l’ iniziativa `un sms un euro’ per i popoli colpiti dallo tsunami:
ha esentato da prelievi fiscali di qualsiasi sorta i denari
raccolti in quel modo. I governi potrebbero ciascuno prevedere l’
esenzione totale sui prelievi generalizzati e automatizzati
previsti in accordi tra operatori, con la destinazione dei fondi
raccolti alla International financial facility. Basterebbe che lo
facessero i paesi dell’ Unione Europea per dare una spinta
fortissima a progetti di questa natura. Gli altri paesi
seguirebbero. Il World Economic Forum che si è svolto a Davos nei
giorni scorsi è stato dedicato essenzialmente alla lotta contro la
povertà, contro l’ Aids, contro la malaria, alla necessità di
affrontare l’ emergenza in continenti come l’ Africa e di creare
le condizioni per lo sviluppo. Quello che è emerso è che sradicare
la povertà è possibile, che sconfiggere le malattie è possibile,
che avviare lo sviluppo è possibile. Perché negli ultimi anni si è
imparato a fare tutte queste cose, sono stati elaborati metodi di
cui è stata provata l’ efficacia, sono stati raggiunti dei
risultati. Constatare che è possibile è un grande passo avanti,
ma rende imperativo fare, ed è ora necessario trovare velocemente
le risorse per cambiare la scala, le dimensioni degli interventi.
Perché, come ha detto Bono “la nostra generazione non sia
ricordata solo per Internet, ma anche perché è riuscita a
sradicare la povertà”.
Povertà, le proposte da valutare
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