• lunedì , 23 Dicembre 2024

Più solenne il vecchio Pci

IERI mattina, come avevo promesso al mio collega del Pd Ugo Sposetti (un comunista dal volto umano), mi sono recato alla Sala ex Borsa (splendida costruzione stile liberty) per visitare la mostra ‘Avanti popolo, Il Pci nella storia d’Italia’.
ATTRAVERSANDO Piazza Maggiore non ho potuto fare a meno di imbattermi nell’enorme tendone che, occupando tutto il Crescentone, ospitava il Circo Barnum in cui si esprimeva, a suon di applausi, il «nuovo che avanza» della politica italiana: la convention organizzata da Pippo Civati e Debora Serracchiani in concorrenza con quella annunciata a fine mese da Matteo Renzi, il giovane sindaco di Firenze che vanta il copyright della rottamazione. Ovviamente, a quanto si legge dalle cronache, i temi in discussione hanno riguardato il rinnovamento del partito, le primarie e i malumori verso il segretario Bersani. Magari con qualche supponenza di troppo. Pare che, sabato, Civati abbia sofferto di un improvviso surriscaldamento dell’Io dichiarando: «Renzi ed io non saremo i D’Alema e i Veltroni del futuro. Anche perché non sapremo chi scegliere, chi fa D’Alema e chi fa Veltroni». Considerando che D’Alema è stato il primo (e forse l’ultimo) ex comunista a entrare a Palazzo Chigi da presidente del Consiglio e Veltroni ha fatto il sindaco della capitale, sarebbe stata opportuna una maggiore cautela da parte di un giovane il cui destino politico è non solo incerto, ma insidiato da altri giovani che sgomitano in proprio. Ma bisogna accontentarsi di ciò che passa il convento.
Si prenda il caso di Debora Serracchiani. Nessuno la conosceva, quando un giorno (il più fortunato della sua vita) ha azzeccato un buon intervento (ovviamente sempre ispirato all’ansia tribolata del rinnovamento) in una delle tante iniziative del Partito democratico e lì è cominciato il cursus honorum che l’ha portata a Bruxelles. A dire la verità, anche Massimo D’Alema si iscrisse da giovane alla direzione del partito, quando, da pioniere, destò la meraviglia – nientemeno – di Palmiro Togliatti (si racconta che chiedesse, scherzando, a chi gli era vicino se quello che gli rivolgeva un indirizzo di saluto fosse un nano anziché un bambino). Ma almeno il «lìder maximo» qualche prova l’ha affrontata e superata. Questi ragazzi agitano soltanto la loro età come un clava. Molto meglio (e più tollerante) il vecchio Pci, per come è esposto in Piazza Nettuno. La mostra è interessante, predisposta con tecnologie innovative. Si possono consultare documenti riguardanti passaggi cruciali nella vita del partito (e del Paese). Magari vi sono delle omissioni e delle lacune. Si respira, tuttavia, l’atmosfera della vicenda umana di milioni di nostri concittadini che posero la loro fiducia e le loro speranze in una delle tragedie del XX secolo. Essere comunisti ha comportato, per quelle generazioni di militanti, costi personali altissimi, percorsi formativi severi, stili di vita rigorosi. Quel mondo è scomparso con i suoi dogmi, la sua cultura, le sue convinzioni. Senza lasciare rimpianti, neppure – mi auguro – in coloro che hanno organizzato la mostra. Ma i drammi della storia sono sicuramente più grandi e solenni dei balli in maschera della cronaca.

Fonte: Resto del Carlino del 24 ottobre 2011

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