• lunedì , 23 Dicembre 2024

“Più regole sullo shadow banking”

Ci tiene a ricordare, per averlo vissuto in prima persona, che l’esigenza di garantire maggiore trasparenza sull’operato delle istituzioni che fanno parte del sistema bancario ombra, come gli hedge funds, e la questione dell’opacità dei mercati over the counter vengono da molto lontano e furono sollevate da europei di fronte a tecnici e policy maker dell’altro lato dell’Atlantico tanto tempo fa.
Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi, nel 1998-99 rappresentava la Consob all’interno del Financial stability Forum, quell’organismo che è il progenitore (anche se aveva minori poteri) del Financial stability board presieduto dal governatore Mario Draghi, che fu istituito all’indomani della crisi dei mercati asiatici. «Una task force dello Iosco elaborò una proposta per aumentare la trasparenza delle high leveraged institutions. Ottenemmo delle risposte che, al netto delle formule di cortesia volevano dire, essenzialmente,”no, grazie”».
Dottor Sabatini, anche adesso che fa il banchiere si sente di reclamare regole, coerenza applicativa ed enforcement per la finanza derivata?
Si, certamente. Ma dev’essere chiaro che il problema non sono i prodotti finanziari in sé: i derivati servono, perché sono fatti per offrire copertura rispetto all’instabilità finanziaria. Se vendo automobili e incasso in dollari, il derivato mi permette di coprirmi dal rischio di cambio. Il problema, quindi, non sono i prodotti venduti e comprati ma i comportamenti degli operatori e il come mai questi comportamenti possano diventare devianti fino a creare un rischio sistemico. Insomma, la finanza diventa “creativa” se c’è un contesto che favorisce un’operatività incontrollata…
Già ma intanto l’apertura di ben due istruttorie per abuso di posizione dominante da parte dell’Antitrust europeo su sedici banche del continente nel mercato dei credit default swap autorizza a nutrire più di un sospetto che questo campo da gioco sia tutt’altro che livellato…
Il problema, come si diceva, è l’enforcement cioè chi fa rispettare queste regole: la differenza fra i paesi in cui le regole vengono fatte rispettare come l’Italia e il Canada e paesi nei quali si usa il light touch è abbastanza evidente. Però rispetto ai cds e all’abuso di posizione dominante c’è un modo molto semplice per risolvere la questione.
Quale?
Nei mercati finanziari se c’è qualcuno che abusa del suo potere di mercato si verifica una manipolazione dei prezzi. Ma se in Europa si ritiene che i prezzi dei cds siano manipolati, con possibili effetti rilevanti, perché si sa che i cds spesso vengono usati come indicatori del rischio sul debito sovrano, lo strumento legislativo per perseguire questi comportamenti c’è già: si chiama market abuse directive. Si segua questa strada, invece di percorrerne altre un po’ demagogiche, come l’idea della tassa sulle banche…
Scusi ma la direttiva market abuse si applica solo sui mercati regolamentati…
È vero e qui veniamo al punto del sistema bancario-ombra: si tratta di cominciare a estendere anche ai soggetti e ai mercati attualmente non sottoposti a regolamentazione le regole che già valgono per gli altri; serve una maggiore trasparenza operativa; serve incentivare l’uso di piattaforme per le negoziazioni che vedano controparti centralizzate; occorre chiedere parametri prudenziali e di assorbimento di capitale maggiori per chi è tuttora in ombra. Ripeto, queste strade sono state indicate da tempo: occorre solo agire.
Ma voi banchieri italiani siete davvero sicuri di essere al di sopra di ogni sospetto?
Le faccio notare in primo luogo che nelle 16 banche dell’indagine europea non c’è nessuna banca italiana coinvolta. Inoltre, come il Sole 24 Ore ha scritto più volte, negli attivi delle banche italiane il 60% viene destinato a prestiti a imprese e famiglie, abbiamo un funding composto di depositi e obbligazioni e le nostre attività finanziarie sono fatte di titoli di Stato. Noi italiani titoli tossici non ne abbiamo. Non a caso, in un anno in cui le investment bank hanno ripreso a fare profitti d’oro le banche italiane, da sempre orientate verso un business tradizionale e verso il basso rischio, accusano il peso della bassa redditività.

Fonte: Sole 24 Ore del 4 maggio 2011

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