La nuova stima del Pil 2014 contenuta nella nota di variazione al Def (Documento di economia e finanza) è tra 0,2 e 0,3%, mentre la stima dellaprile scorso era ancora a +0,8%. Lennesimo clamoroso errore di valutazione, ma soprattutto il terzo anno consecutivo di decrescita infelice: una cosa semplicemente senza precedenti. La contromisura, di fronte a questo disastro, è il rinvio del pareggio di bilancio al 2017, accompagnato dallassicurazione che comunque rispetteremo il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil. Ora, a parte che aggrapparsi al rispetto di un parametro quando se ne mancano vari altri (non solo quello del pareggio, ma anche quelli previsti per la riduzione del rapporto debito/Pil) è persino un po patetico. Di certo la Commissione Ue, sotto lo sguardo arcigno della signora Merkel e del vicepresidente finlandese, il falco Katainen, non ci darà la sua approvazione.
Ma questo sarebbe il meno. Il problema vero è che questi sforamenti non basteranno a darci un po di respiro, perché sono una miseria rispetto a ciò di cui ci sarebbe bisogno. Nonostante gli sforamenti e i rinvii, lItalia continuerà a mantenere, insieme a pochissimi altri Stati delleurozona, un saldo primario positivo. Il saldo primario, come si ricorderà, è il risultato di entrate meno spese, senza contare tra queste ultime lonere per pagare gli interessi sul debito, che ammontano attualmente a circa il 5% del Pil, mentre il saldo primario dovrebbe attestarsi a fine anno a un +2,6. Questo significa che lo Stato preleva di tasse più di quanto spende, e dunque sottrae risorse alleconomia.
Ci sono, è vero, gli interessi pagati sul debito. Ma quelli, spiegano vari economisti, hanno un moltiplicatore cioè un effetto espansivo sulleconomia bassissimo, quasi nullo: secondo alcune stime, addirittura inferiore allo 0,1%. Probabilmente ciò accade sia perché una parte di quei soldi (un terzo o poco più) va ai detentori esteri dei nostri titoli, sia perché il resto va prevalentemente a investitori finanziari (Fondi, assicurazioni, Fondi pensione) che investono nelleconomia reale italiana solo una minima parte delle loro disponibilità. Leffetto restrittivo del surplus di bilancio è invece molto maggiore, secondo alcuni calcoli intorno all1,4-1,5%. Il risultato è dunque che, per inseguire parametri di bilancio del tutto arbitrari, stiamo uccidendo leconomia.
Chi volesse una spiegazione di come le poltiche di bilancio influiscono sulleconomia reale farebbe bene a leggere un saggio, breve e scritto per far capire anche ai non addetti ai lavori, di Andrea Terzi, un economista della svizzera Franklin University che insegna anche alla Cattolica di Milano ed è Research associate al Bard College (New York). Non a caso il titolo è Salviamo lEuropa dallausterità (ed. Vita e Pensiero, pp. 103, 10 o 6,99 come e-book). Cè una prima parte di spiegazione generale, e una seconda fatta a domande e risposte, in modo da rendere semplice la comprensione di tutti i vari aspetti della crisi attuale e mostrare come una serie di affermazioni degli attuali detentori del potere sia del tutto priva di fondamento.
Terzi spiega anche bene il collegamento tra politiche restrittive e disoccupazione. Basta guardare questo grafico, tratto dal suo libro.
Disocc-Terzi
Quando dunque si continuerà a sentir ripetere che le riforme del lavoro (in realtà controriforme) servono per far aumentare loccupazione, sarà bene ricordarsi di questo grafico.
Ma torniamo al saldo primario. Che, come si è detto, se è positivo (ossia se lo Stato incassa più di quanto spende) ha effetti recessivi sulleconomia. Oggi si parla tanto del miracolo spagnolo, nel senso che la Spagna viene portata ad esempio del fatto che la cura dellausterità funziona. In realtà lausterità spagnola è stata a senzo unico, ossia è stata rivolta solo verso il mondo del lavoro, pubblico e privato, con riduzioni dei salari e una riforma legislativa che ha dato facoltà agli imprenditori di fare quasi tutto quel che vogliono. Ma prima di unirsi ai peana per la crescita della Spagna è bene dare unocchiata a questi altri due grafici, di fonte Bce.
Saldo-prim-ItSaldo-prim-Sp
Come si vede, dopo lo scoppio della crisi il saldo primario della Spagna è precipitato, soprattutto per i soldi impiegati nel salvataggio delle banche. Poi Madrid ha avuto gli aiuti europei e il saldo è un po risalito dal baratro, ma tuttora resta pesantemente negativo, per quasi il 4 % del Pil. In altre parole, negli anni della crisi, lo Stato ha immesso soldi nelleconomia, infischiandosene del rapporto deficit/Pil (che lanno scorso ha superato il 7% e questanno è previsto oltre il 5, ma con molta probabilità arriverà almeno al 6). Altro che riforma del lavoro (che semmai, avendo ridotto i salari, ha avuto effetti recessivi): è la spesa in deficit che sostiene leconomia.
Tuttaltro discorso per lItalia. Anche da noi, allinizio della cisi, il saldo primario ha avuto un picco negativo (si può stupirsene? Con il crollo del Pil che cè stato ). Ma quasi subito labbiamo riportato sopra lo zero, ossia abbiamo sottratto risorse a uneconomia che già agonizzava per la crisi. Anche questanno il saldo primario dovrebbe essere positivo per il 2,6% del Pil. Poi non ci stupiamo se la ripresa non arriva mai.
Si dirà: ma non si poteva fare altrimenti! Il rischio di default, lo spread alle stelle Già, ma ormai anche i sassi dovrebbero aver capito che quasi tutto quello spread era dovuto al rischio di rottura delleuro, su cui i mercati hanno smesso di scommettere dopo il famoso discorso di Dragli a Londra nel luglio del 2012 (Faremo tutto il necessario ).
Si dirà ancora: ma noi abbiamo un debito pubblico enorme, che è ormai al 135% del Pil, il più alto dEuropa (tranne la povera Grecia, che dopo la cura della Troika e pure un default è al 175%). Beh, la Spagna prima della cisi aveva un rapporto debito/Pil tra i più bassi dEuropa, circa il 40%. Oggi si avvia allegramente a toccare il 100%, eppure lo spread sui decennali spagnoli è più basso del nostro. Inoltre il nostro debito è aumentato pochissimo in termini assoluti, solo la Germania ha fatto meglio di noi; ma il crollo del Pil, ormai vicino ai 10 punti percentuali, ha fatto impennare il rapporto, che è quello a cui guardano le stupide regole europee. Che ci vorrebbero costringere a un circolo vizioso: altri tagli, che portano più recessione, che strozzando il Pil fanno crescere il rapporto col debito, richiedendo altri tagli
Si dice ancora: lItalia è quella che va peggio di tutti in Europa. Beh, ecco un altro grafico, questo pubblicato dallEconomist, sui saldi primari dei paesi europei nel 2013. Dove sta lItalia? E la Spagna?
Saldo-primario-2013-Ue27
Ma ci si può affidare al deficit per tornare a crescere? Questo è un problema che la teoria economica ha molto dibattuto, ma da non economisti si può evitare di infilarsi nelle dispute teoriche e osservare che, in ogni caso, non cè una cura valida per tutti i problemi e per tutte le situazioni. Se qualcuno ha un principio di congelamento un bagno molto caldo gli farà certo bene, ma se invece ha preso un colpo di sole quello diventa un rimedio sbagliato. Ebbene, nella nostra situazione non ci si può che affidare al deficit. E questo un altro punto per cui è utile la lettura del saggio del professor Terzi, che spiega quale errore madornale sia considerare il bilancio pubblico uguale al bilancio di una famiglia. Una famiglia, se ha un grande debito, fa anche bene a ridurre il suo tenore di vita. Se invece è lo Stato a comportarsi in quel modo gli effetti sono proprio quelli di cui abbiamo finora parlato: peggiora la condizione delleconomia e il circolo vizioso recessione-caduta degli investimenti-ulteriore recessione. Nessun privato investe se le famiglie guadagnano meno, quindi riducono i consumi. Lo stiamo vedendo con gli scarsissimi effetti dellallentamento monetario deciso (troppo tardi) dalla Bce. In una tale situazione, se non è lo Stato a dare una spinta, la crisi dura più a lungo. Ma noi siamo in uno stallo ancora peggiore, come mostra la deflazione in agguato, e senza quella spinta richiamo seriamente lavvitamento.
E dunque, spostare un po in avanti lobiettivo del pareggio di bilancio, ma mantenendo i conti in avanzo primario, non ci darà nessun sollievo. Il bilancio pubblico deve introdurre risorse nelleconomia, non continuare a sottrarle. Questo significa che neanche il 3% di deficit può essere rispettato: bisogna partire da quel 5% che ci costano gli interessi sul debito, e aggiungere ancora qualcosa che non cominci con zero-virgola. Gli investitori non comprerebbero più i nostri titoli pubblici? Beh, la Spagna, col suo deficit primario e deficit/Pil che è il doppio del nostro, ha uno spread più basso. Significherà pure qualcosa.
Naturalmente, non basta mettersi a spendere così come viene. Oltre a rendere più efficiente la spesa pubblica che cè (la spending review dovrebbe servire ad allocare meglio le risorse, non a fare tagli), bisogna puntare sui settori che stimolino di più lo sviluppo e che nello stesso tempo siano a minor contenuto di importazioni quando crescono. Ci vuole, insomma, una politica industriale. Inoltre dovremmo battere i pugni sul tavolo in Europa non per chiedere una misera flessibilità che nemmeno ci concederanno, ma per far rispettare la norma secondo cui anche un surplus eccessivo dei conti esteri va corretto. E dato che il surplus europeo deriva per il 90% dalle esportazioni tedesche, è la Germania che deve adottare una politica espansiva per correggere lo squilibrio. Sarà un caso, ma questa norma, lunica che non è stupida, la Germania fa finta che non esista.
Fonte: Repubblica.it - 1 ottobre 2014