di Bruno Costi
Dal rapporto rapace con le donne a quello con il fisco, dalla violenza verbale a quella istituzionale ci sono molte ragioni per detestare l’uomo e il candidato Donald Trump.
Ma al di là dell’uomo e del candidato c’è la politica che rappresenta, l’apparato che lo accompagna, la visione che ha degli equilibri nel mondo e l’idea che lo ispira in economia e nella politica estera.
Ebbene, tutto ciò considerato, l’Europa e l’Italia hanno molto più da guadagnare se Trump sarà Presidente che se prevalesse Kamala Harris.
Perchè?
Per rispondere alla domanda occorre fare un passo indietro e ricordare che , indipendentemente dal colore democratico o repubblicano, lo storico rapporto tra Stati Uniti ed Europa ha sempre visto Washington dettare la linea e gli alleati europei seguirla, con più o meno fedeltà, ma sostanzialmente senza scarti.
Al di là delle cortesie istituzionali e del conseguente riconoscimento delle strutture di governance dell’Unione Europea come legittimi rappresentanti dell’Europa, i rapporti veri di forza e di rispetto hanno sempre seguito le linee rappresentate nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, ovvero conta solo chi siede in quel consesso, in quanto detentore della forza deterrente nucleare.
Per questa ragione, tra i Paesi europei, hanno sempre trovato ascolto Francia e Gran Bretagna, perché sono una potenza nucleare, poco la Germania e il Giappone , ancora meno l’Italia perché non lo sono. L’Europa non è mai esistita come entità politica o come interlocutrice istituzionale degli Usa. E’ sempre stata vista come un insieme di nazioni litigiose fra loro ma sempre allineate alle linee strategiche americane. E’ invece esistita sempre come ricco mercato di consumo e come avamposto strategico nella difesa militare dei valori occidentali.
L’alleanza militare del Patto Atlantico, la Nato, è stato il presidio posto a difesa di questo assetto di fronte ad eventuali minacce dall’esterno.
Ma un’Europa diversa, che non fosse un insieme di nazioni litigiose, ed esprimesse una volontà politica strategica unica ed una capacità di difesa autonoma rispetto ala Nato, piacerebbe ai futuri presidenti degli Stati Uniti?
Prima dell’era Trump presidente la risposta a questa domanda sarebbe stata inequivocabilmente negativa. Mai nessun presidente, né democratico né repubblicano, avrebbero mai accettato una posizione autonoma dell’Europa sui principali quadranti della politica internazionale, meno che mai nella politica di difesa militare. Dalla fine del secondo conflitto mondiale, il patto tacito tra le due sponde dell’Atlantico prevedeva che gli Usa avrebbero garantito denaro ( Piano Marshall) pace e prosperità (la Nato) agli Stati Europei assumendo sulle casse Federali le spese militari per la difesa del vecchio continente , compresi i generosi sistemi di welfare e di protezione sociale dei lavoratori, a patto che docilmente noi europei avessimo seguito le linee guida dettate a Washington.
Le elezioni del 5 novembre per la prima volta potrebbero cambiare questa prospettiva.
Donald Trump ha già detto che l’Europa dovrà pensare da sè alla propria sicurezza militare aumentando gli stanziamenti per la Difesa al 2% del PIL di ogni Stato. Sicché i pasti gratis che l’Europa ha potuto consumare dal dopoguerra ad oggi (ricche pensioni, sconti fiscali, assistenzialismo e tutto ciò che va sotto la voce spese sociali) perché l’alleato americano garantiva pace e sicurezza, d’ora in avanti dovrà essere pagato di tasca nostra. E a ridursi saranno inevitabilmente le spese sociali, non potendo toccare né investimenti né salari.
Al contrario, Kamala Harris si presenta agli elettori come la continuità della politica estera americana che vorrà continuare a proteggere la sicurezza militare dell‘Europa a spese del popolo americano, per avere in cambio un docile alleato da schierare nella competizione con la Cina e la Russia.
Se 240 milioni di americani eleggeranno Trump presidente, per l’Europa arriverà dunque il momento della verità e della responsabilità: decidere se accettare la sfida americana dell’autonomia militare, strategica ed energetica, e dunque mettere da parte litigiosità del passato e compiere quello scatto in avanti, con un mercato unico dei capitali, delle banche, delle politiche sociali e della politica; oppure rinunciarvi e rassegnarsi a diventare merce preziosa in vendita nel Supermercato Europa per lo shopping delle grandi potenze che, oltre agli Usa, sono le autocrazie di Cina, Russia e Iran.
Poiché l’Europa storicamente ha dato il meglio di sé compiendo passi avanti nell’integrazione solo di fronte alla paura generata da shock esterni, il super shock di Trump potrebbe essere il benvenuto.
Fonte: www.clubeconomia.it
(1 novembre 2024)
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