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Perche l’ICE e un ente molto utile

Nell’impetuosa e non sempre argomentata corsa verso la soppressione degli “enti inutili”, in qualche documento governativo è apparsa l’incredibile proposta di includere nella lista nera anche l’ICE, attualmente ridenominata “Agenzia ICE”dal governo Monti col Decreto “Salva Italia del 6 dicembre 2011 e il successivo “Cresci Italia”. In tal modo, cinque mesi dopo il maldestro tentativo del governo Berlusconi-Tremonti (luglio 2011) di sopprimere come tale questo istituto al di fuori di qualunque disegno organico, Monti-Passera operavano una necessaria “resurrezione”chiesta a gran voce dalle imprese, sia pure accompagnata da un robusto taglio da 631 a 450 unità personali di ruolo, dalla chiusura delle inutili 15 sedi regionali e da un ridisegno della Cabina inter-istituzionale di regia. Il governo Renzi è forse tentato di tornare sul luogo del delitto?
Mentre si punta a una riforma costituzionale del famoso Titolo V per ridurre la confusione delle “competenze concorrenti” Stato-Regioni e si riporta la politica del commercio estero nell’alveo delle politiche nazionali, che senso avrebbe sopprimere l’unico braccio operativo proprio in grado di coordinare a livello nazionale l’attività promozionale sull’estero? La nostra rete diplomatica, cui spetta in molti casi l’importante funzione di “advocacy istituzionale”, è la prima ad aver bisogno di personale e competenze tecnico-commerciali specifiche per rispondere alla domanda di assistenza tecnica personalizzata da parte delle imprese esportatrici (e a maggior ragione investitrici nel paese) anche di medie e grandi dimensioni, costrette a muoversi in ambienti istituzionali sconosciuti e talora ostili, superando barriere non tariffarie fiscali, legali e burocratiche di vario tipo. Le competenze professionali dei nostri addetti commerciali di ambasciata hanno un estremo bisogno di integrarsi con le competenze e conoscenze molto specifiche dei dirigenti e del personale locale dell’ICE (circa 700 unità, inclusi i 600 dipendenti non di ruolo quasi sempre di lingua madre locale), in grado di mantenere i necessari contatti con la burocrazia governativa e con gli operatori commerciali locali.
Nessuno può pensare che, a complemento della pur utile capillare assistenza fornita alle micro e piccole imprese sui territori domestici dove agiscono le strutture decentrate delle Regioni e del sistema camerale, si possa fare a meno di una struttura come l’ICE, in grado di progettare e gestire iniziative promozionali dotate della necessaria massa critica, concordate con le massime rappresentanze settoriali di categoria a livello nazionale. Non parliamo solo delle grandi “missioni di sistema” che coinvolgono il governo nazionale in prima fila, durante le quali comunque l’ICE è il solo ente in grado di combinare centinaia di incontri B2B tra imprese italiane partecipanti e operatori locali interessati a conoscere da vicino il “made in Italy” anche più nascosto. Parliamo anche e soprattutto delle numerose iniziative promozionali specializzate, fiere e missioni settoriali che raggruppano parti significative di un tessuto produttivo iper-frammentato e come tale impresentabile agli occhi dei clienti esteri. Parliamo di campagne promozionali innovative, come gli accordi di penetrazione della Grande Distribuzione Organizzata per i beni di consumo in paesi come Germania, Russia e Cina. Parliamo di azioni a favore delle startup innovative che intendono avvicinare i mercati più interessanti per il proprio business. O dei programmi di formazione manageriale e tecnica per esperti in internazionalizzazione, particolarmente rivolti alle Regioni di convergenza con il concorso dei fondi europei, inclusa la tutela della proprietà intellettuale (cruciale in mercati come la Cina).
Senza una ICE funzionante al servizio del sistema, la nuova Cabina di regia si troverebbe a comandare su una “armata Brancaleone” di Regioni, Comuni, Camere di Commercio e varie rappresentanze territoriali, dotate di risorse finanziarie non piccole, desiderose di viaggiare per il mondo (non sempre per un vero “interesse pubblico”) ma ben poco in grado di colpire veramente l’attenzione dei mercati verso le nostre eccellenze produttive.

Fonte: Il Sole 24 ore - 23 Aprile 2014

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