• martedì , 24 Dicembre 2024

Perche’ la proposta italiana sulle agenzie di rating e’ un boomerang

L’Italia avrebbe proposto al G20 di affidare il compito di valutare il merito di credito dei titoli pubblici all’Ocse ed alla Bri, togliendolo alle “agenzie di rating“, che sino ad ora lo hanno esercitato. La proposta delineata da alcuni quotidiani non è stata, al momento in cui scrivo questa nota, confermata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tuttavia, a mio avviso, è errata nei contenuti e nella tempistica.
In primo luogo, quando si parla di “agenzie di rating” la mente va immediatamente alle tre principali, Moody’s Investors Service, Standard & Poor’s, e Fitch Ratings. Senza dubbio, come ho sostenuto di recente in altra sede, le tre principali agenzie hanno acquisito un’autorevolezza (a torto o a ragione) ed un ruolo sul mercato che inducono a pensare, ove non ad oligopolio, almeno ad una posizione dominante, che dovrebbe essere regolamentata. Negli ultimi decenni, comunque, il mercato si è ampliato a new entrants. Oltre alla cinese Dagong, che ha ormai un peso analogo a quello delle tre “grandi” a ragione del peso che la Repubblica Popolare ha nel mercato dei capitali, occorre pensare che negli USA funzionano, con efficacia, la Dbrs, la Morningstar, la A.M. Best, il Public Service Credit Solutions, la Rapid Rating International, la Ega Jones Rating Agency, in Australia la Baycorn Advantage, in Giappone la Credit Rating Agency Ltd, in Russia la Muros Rating, nella Repubblica di Sud Africa la Global Rating Agency, in India la ICRA Ltd, in Nigeria la Augusto & Co, in Bangladesh la la Credit Rating and Service Information Ltd.
Questo elenco è meramente indicativo. Dimostra quanto è valido il detto di Luigi Einaudi secondo cui il mercato si vendica sempre. Negli ultimi anni, le tre principali agenzie hanno preso alcune cappellate, ed in certi casi sono state accusate di collusione con clienti. Di conseguenza, ne stanno nascendo (come funghi) di alternative. Quasi sempre per iniziativa privata: un’agenzia di rating ha clienti se ha autorevolezza, una dote che si acquista gradualmente e soprattutto non si può imporre.>br>Michel Araten di JPMorgan Chase ha di recente compiuto un’analisi della “validità” dei rating attribuiti dalle tre maggiori agenzie alle obbligazioni emesse negli ultimi 14 anni dalle principali banche operanti a livello internazionale ; il lavoro, che è stato diramato unicamente ai clienti di JPMorgan Chase dimostra che, con scarti molto piccoli, i giudizi delle agenzie hanno anticipato di alcuni mesi quelli dati dai mercati. Non è facile sostenere che in un mercato di un paio di miliardi di operatori, le agenzia, spesso descritte come una “banda dei tre”, possano incidere, come “persuasori occulti”, sulle decisioni di tanti e tanto differenti investitori.
In secondo luogo, l’Ocse e la Bri non hanno lo staff specializzato per prendere il ruolo di quello delle agenzie di rating, che hanno sviluppato le loro capacità nell’arco di decenni: da quando i mercati finanziari erano piccoli, segmentati e molto controllati dai Governi a quando sono diventati multipli del Pil mondiale e si sono globalizzati. Sotto il profilo tecnico, Ocse e Bri potrebbero, su incarico del G20, svolgere un’indagine per esaminare se, nonostante la nascita di tante altre agenzie, le “major” hanno una posizione “dominante” e come temperarla (se fattibile) con adeguata regolazione internazionale (e nazionale). Questo sarebbe un suggerimento concreto e fattibile.
In terzo luogo, i tempi della proposta italiana sembrano poco opportuni. Abbiamo appena subito un declassamento del valore dei nostri titoli. Nonostante il Governo Letta-Alfano abbia tutte le intenzioni di “tirare dritto”, le principali decisioni di politica economica sembrano essere state procrastinate, settimana dopo settimana. I due principali “azionisti” del “governo di servizio delle larghe intese” si accusano reciprocamente di “eversione” e di “attentati alla democrazia”. Dall’interno di ambedue gli schieramenti che compongono il governo giungono appelli ad andare al più presto alle urne, anche senza riformare una legge elettorale che pare non piacere a nessuno.
La proposta poco meditata di rimpiazzare Moody’s Investors Service, Standard & Poor’s, e Fitch Ratings (ed anche le altre?) con il personale Ocse e Bri (che, lo ripeto, non si è mai occupato di queste tematiche) sembra un maldestro tentativo di mettere le mani avanti prima di una nuova bocciatura. Un po’ come quella degli studenti che, in attesa di fare un esame universitario, fanno passare loro colleghi avanti in attesa che sia il turno di un docente ritenuto (a torto o a ragione) particolarmente benevolo. Potrebbe essere un boomerang o un autogol.

Fonte: Formiche.net del 4 agosto 2013

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