• domenica , 8 Settembre 2024

Perchè la Fiom ignora che vuole Ahmadinejad?

Fra i grandi giornali internazionali il francese “Le Monde” si è da sempre contraddistinto per una linea di rigorosa critica alla politica dei governi israeliani. Tanto più colpisce, quindi, un recente editoriale (19 ottobre) di inusitata indignazione nei confronti dell’ Onu per la mancanza di reazione di fronte all’ ultimo discorso di Ahmadinejad. È pur vero che il personaggio non ha fatto che ripetere una concione non diversa da tante altre da lui pronunciate, proclamando questa volta «lo sradicamento totale dei sionisti, un’ impresa che non dovrebbe prendere molto tempo, dato che Israele è fragile come una tela di ragno». Ma la novità sta, come giustamente avverte il quotidiano parigino, nel fatto che il leader persiano è andato a ripetere le sue minacce all’ estremo sud del Libano, a due passi dal confine israeliano. «Immaginiamo per un istante – scrive il quotidiano parigino – che un presidente in carica in qualche altro paese del mondo, vada alla frontiera di uno Stato straniero col quale abbia un contenzioso, sia pure sostanziale, e inciti pubblicamente alla sparizione di questo Stato (non di un governo ma dello Stato!). Ebbene vi sarebbe sulla scena internazionale a colpo sicuro una levata di scudi: raccolta verosimilmente dal Consiglio di sicurezza dell’ Onu. In questo caso, nulla. Silenzio. Nessuna reazione del segretario generale dell’ Onu, Ban Ki-moon né del Consiglio di Sicurezza. Perché si tratta di Israele? C’ è un minimo di regole tra i membri delle Nazioni Unite… Persino durante la guerra fredda i due protagonisti non hanno mai preconizzato gli uni la scomparsa dell’ Urss e dei suoi satelliti, gli altri quella degli Stati Uniti e dei loro alleati. Nel club delle Nazioni Unite la regola minima, anche tra nemici, è di non preconizzare la morte di uno dei suoi membri». Dopo questa premessa “Le Monde” ribadisce molte delle critiche che sono state mosse nei confronti di Israele ma, aggiunge: «Non sono queste che Ahmadinejad riprende. Ricevuto all’ Onu solo tre settimane orsono, dichiara di volere la fine di un altro Stato membro delle Nazioni Unite. Questi propositi fanno parte di una campagna di delegittimazione di Israele da cui non uscirà niente di buono». Rendo conto di questa autorevole presa di posizione in primo luogo, ma non solo, per la scarsa eco avuta anche in Italia del raid oratorio ai confini di Israele. Credo, peraltro, doveroso ribadire una opinione di dura critica verso la politica del governo israeliano per quanto riguarda gli impedimenti ad un reale processo di pace con il prosieguo degli insediamenti, buona parte dei quali andrebbero invece smantellati, e il rifiuto di affrontare l’ ineludibile tema di Gerusalemme Est. Ma la validità di queste critiche ha un senso se le si collocano in un contesto di consapevolezza dichiarata di due elementi negativi dirimenti: la minaccia di distruzione di Israele è resa reale dal disegno di Teheran di dotarsi dell’ arma nucleare; in secondo luogo condividono l’ obbiettivo della distruzione sia Hamas che gli Hezbollah, forze assai più consistenti e aggressive dell’ ala disposta all’ accordo, guidata da Abu Mazen. Chi, rimuovendo tutto ciò, accusa unilateralmente Israele, ignorandoi pericoli mortali che lo sovrastano compie, a dir poco, un’ operazione equivoca. È una tendenza in cui sta ricadendo una parte della sinistra come dimostra un documento del dipartimento internazionale della Cgil e ancor peggio la raccolta di firme avallata e diffusa dalla Fiom in cui si chiede conto al Pd per l’ adesione di alcuni suoi parlamentari ad una manifestazione pro Israele e se ne trae spunto per intimare al partito democratico di “chiarire” la sua posizione sulla questione israelo-palestinese. Questo intervento suscita un ricordo che speravamo sepolto, di quando nel giugno ‘ 82 un corteo sindacale depose una bara simbolica davanti alla Sinagoga di Roma. Tre mesi dopo un commando terroristico palestinese lanciò una bomba nello stesso luogo. Morì un piccolo ebreo di 2 anni. Si chiamava Stefano Gay Tachè.

Fonte: Repubblica del 25 ottobre 2010

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