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Perche’ la compagnia mediorientale diventi socio di maggioranza servono: ristrutturazione del debito, chiusura dell’accordo sindacale, rinnovo del management e garanzie sugli aeroporti.

Ha gettato le basi con Roma mentre ha già cementato l’asse con Berlino. Etihad, la compagnia aerea degli sceicchi, nello stesso giorno ha rafforzato la partnership con Air Berlin e ha gettato una doccia fredda sugli azionisti Alitalia riuniti per eleggere il nuovo consiglio d’amministrazione: “Siamo ancora in una fase preliminare dell’analisi. Stiamo lavorando alla due diligence, ma alla fine sarà il board della compagnia a decidere”, ha detto il presidente e amministratore delegato Etihad, James Hogan, in una conferenza stampa con l’amministratore delegato di Air Berlin, Wolfgang Prock-Schauer, indetta per annunciare i dettagli della rinnovata alleanza con Air Berlin (Etihad posside il 29%). Dunque, il nuovo socio industriale è ancora in lista d’attesa. Ma è lì che studia e fa i conti. “Due diligence” per la compagnia di Abu Dhabi equivale a “debito”: quanti debiti dovrà accollarsi per diventare azionista di riferimento e quanti invece dovranno essere ripianati dagli attuali azionisti, cioè le due principali banche italiane, più le Poste. Un’operazione “di sistema”, come vengono chiamati oggi i salvataggi. Sì, perché alla fine della fiera, la nuova Alitalia sembra meno nuova e meno fresca della vecchia. Un cantiere aperto, sempre aperto, con soluzioni a geometria variabile.
Roberto Colaninno nel frattempo è stato confermato presidente. Ma a termine, cioè finché non sarà andata in porto l’alleanza con Etihad, se e quando andrà in porto. Resta anche l’amministratore delegato Gabriele Del Torchio, anche con la veste di vicepresidente che resta comunque molto ottimista sul futuro con gli emiratini. Le voci natalizie che volevano un ritorno all’antico con al vertice Domenico Cempella (il manager che ha portato i conti in attivo, ma ha mancato l’alleanza con KLM poi finita in Air France), vengono per il momento smentite. Per il momento appunto perché tutto cambierà di nuovo con l’arrivo degli sceicchi. Se e quando arriveranno. Lavori in corso. Del Torchio, alla guida della compagnia da aprile 2013, è l’amministratore delegato che ha portato a termine un difficile aumento di capitale e può contare sulla fiducia di tutti i soci, anche in virtù del nuovo piano industriale presentato.
Sono state depositate quattro liste per il nuovo consiglio d’amministrazione e fanno capo a Intesa Sanpaolo, Poste Italiane, Air- France Klm e Atlantia. Con l’assemblea entrano in consiglio i rappresentanti di tre nuovi soci: Unicredit, Poste Italiane e il patron dell’Atalanta Antonio Percassi. I nuovi amministratori sono 11 anziché 19: Roberto Colaninno, Gabriele Del Torchio, Fabio Cane’, Davide Maccagnani, Amedeo Nodari, Ranieri de Marchis, Pierre Francois Riolacci, Paolo Luca Stanzani Ghedini, Mario Volpi e Alessandro Zurzolo e Antonino Turicchi. Presidente dell’Alitalia-Cai fin dalla nascita nel 2008, Colaninno aveva annunciato nei mesi scorsi che avrebbe lasciato l’incarico, ma su richiesta dei grandi soci, e in particolare delle banche, ha accettato di conservare la presidenza in questa fase di transizione.
Dopo l’aumento di capitale il primo azionista di Alitalia è Intesa Sanpaolo, seguita da Poste Italiane, Unicredit e Atlantia. Air France ormai pesa poco. A primavera, se la trattativa andrà in porto, il socio più forte diventerà Etihad. È una buona cosa? Sulla carta sono in molti a sostenere che gli sceicchi sono soci migliori dei francesi. Prima di tutto perché hanno denaro contante da spendere mentre Air France è piena di debiti e deve tagliare migliaia di dipendenti. In secondo luogo perché non ci sono sovrapposizioni. La strategia di Ethiad è creare una rete e sta tessendo a passi da gigante, nonostante sia l’ultima arrivata tra le compagnie degli Emirati (dopo Emirates e Qatar). Dunque, Alitalia è il veicolo per l’Europa occidentale; Ethiad porta Alitalia in Medio Oriente; mentre una compagnia vivace come Air Berlin presidia l’Europa del nord est. Ma certi piani industriali non si fanno solo sulle carte geografiche, come se fossero piani militari.
Ieri Hogan ha detto che a loro “non interessa Fiumicino”, mentre a Malpensa ricominciano le proteste contro il rischio di restare ancor più emarginati a scapito dello scalo romano. Insomma, si ripropone l’eterno contratto che pesa come una zavorra sull’Alitalia da almeno vent’anni. È probabile che il big boss di Ethiad abbia voluto lanciare un messaggio chiaro: non pensiate che saremo noi a togliere le vostre castagne dal fuoco. L’interesse per studiare il dossier è forte, ma per ora non si sbilancia. A cominciare dai tempi sui quali non ha voluto fare pronostici: “Non ho alcuna intenzione di fare alleanze per la fine del mese”.
L’offerta di Etihad è legata a quattro condizioni: la ristrutturazione del debito con le banche, la chiusura dell’accordo sindacale per ridurre i costi (un taglio complessivo del costo del lavoro di 128 milioni con 1.900 esuberi, da affrontare con la cassa integrazione e i contratti di solidarietà, e una riduzione degli stipendi), la possibilità di rinnovare il management e una serie di garanzie sugli aeroporti. I conti Alitalia continuano a preoccupare, nonostante l’aumento di capitale abbia consentito di prendere tempo. Adesso tocca a Del Torchio trattare, con Etihad, ma anche con il suo azionista di riferimento, il fondo sovrano di Abu Dhabi. E non sarà affatto facile.

Fonte: Panorama del 13 gennaio 2014

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