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Perchè il commissariamento non è un male

Di azzardo morale si parla molto, in questi tempi. Lo si fa riferendosi alle grandi banche nella tempesta dei subprime. Lo si può fare per i sindacati nel naufragio dell’Alitalia.
Si ha azzardo morale quando un individuo o un’istituzione, pensa di riuscire a non sopportare tutte le conseguenze delle sue azioni e mette a carico delle altre parti in gioco le conseguenze delle proprie azioni. Come le banche che pensano di essere “too big to fail”, così in sindacati hanno pensato che la compagnia era troppo “di bandiera” perché la politica osasse ammainarla. E infatti è stato uno straniero, non soggetto alle pressioni della nostra politica, a “vedere il gioco”: una nemesi storica per chi, avendo premuto sul Governo Prodi perché scrivesse condizioni dell’asta risultate non accettabili da nessuno, l’hanno quindi costretto a rimettere nelle mani dell’azienda la ricerca di una soluzione.
È interesse della collettività evitare che il comportamento si ripeta: per questo chi specula sull’azzardo morale deve essere “punito”, deve toccar con mano che “il banco non paga”. O i sindacati tornano immediatamente sui loro passi, e firmano contando sull’interesse dell’acquirente di offrire loro l’onore delle armi, oppure si vada al commissariamento. A mio avviso, la soluzione più conveniente per l’azienda e più vantaggiosa per il Paese.
Più conveniente per l’azienda perché consente di separare ciò che vale da ciò che pesa. Vale il marchio, valgono le professionalità, i rapporti commerciali con le agenzie di viaggio. È sbagliato dire che Alitalia è utile al turismo verso una delle più rinomate mete turistiche; ma è vero il contrario, e cioè che l’attrattività della destinazione Italia è un valore che l’Italia “regala” agli aerei con quel logo e quella livrea. Fatta questa separazione, sarà più facile pensare a strategie e alleanze.
Il commissariamento è anche più vantaggioso per il Paese, perché non concede scorciatoie, obbliga tutti, sindacati e governanti, a guardare oltre la sorte del vettore nazionale, all’Italia e non solo all’Alitalia. Alle strategie oltre le tattiche.
Per i sindacati ciò significa difendere gli interessi dei lavoratori non lottando contro il mercato, ma sfruttando le potenzialità del mercato. Smettere di erigere barriere e pretendere che si costruiscano ponti. Andando verso Malpensa, c’è Arese a ricordare i risultati dell’estremismo sindacale. Va ripensato tutto il sistema della rappresentanza sindacale nei servizi pubblici, che «consente di proclamare e attuare con successo uno sciopero del trasporto aereo anche al sindacato meno rappresentativo, che non ha firmato alcun contratto applicabile in azienda. E consente a qualsiasi lavoratore di godere i benefici del contratto firmato da un sindacato e nel contempo di aderire allo sciopero proclamato contro quello stesso contratto da un altro sindacato. Cgil, Cisl e Uil (…) hanno anche la grave colpa di averlo difeso per anni senza accorgersi che in questo modo (…) si scavavano la fossa con le loro stesse mani» (Pietro Ichino sul suo sito www.pietroichino.it).
Per i governi significa riflettere l’azzardo morale implicito nelle politiche di protezione dei campioni nazionali.
Bello gloriarsene quando prosperano coi monopoli o con le posizioni dominanti. Ma siccome non c’è mercato se non è previsto che un’azienda possa andar male, quando ciò succede, il Paese finisce per pagare due o più volte, prima per i cattivi risultati e poi per i soldi che si spendono ogni volta che si mettere lo sporco sotto il tappeto aspettando che il prossimo faccia pulizia.
Romano Prodi, denunciando l’irresponsabilità dei sindacati, ha avuto un soprassalto di orgoglio che lo riscatta da colpe da cui non è esente. L’«appello della cordata» di Silvio Berlusconi offre invece una sponda tattica al sindacato che potrebbe illuderlo a rinviare le decisioni che servirebbero al Paese. Inoltre aggiunge quello Air France alla lista degli investitori esteri che sono stati riaccompagnati alla frontiera, da Abertis ed AT&T. Il commissiariamento sembrerebbe più coerente con il suo appello: perché in cordata non si va in pantaloncini bianchi come quando si fa jogging alle Bahamas. Dei soldi investiti, a meno che escano dai loro patrimoni personali, gli imprenditori dovranno rendere conto agli azionisti delle loro imprese.
Siamo alla vigilia delle elezioni: a determinare il voto conta alla fine assai più l’immagine complessiva del partito da votare, piuttosto che una dichiarazione su una singola issue, pur se di alto valore simbolico. In un impeto di ottimismo, voglio pensare che tutti i partiti di governo avrebbero solo vantaggio ad assumere una posizione che guardi al di là di una nottata di trattative, e che salvaguardi la dignità della politica e guardi agli interessi di lungo periodo del Paese

Fonte: Il Sole 24 Ore del 7 aprile 2008

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