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Perchè conviene “salvare” i poveri

Un sistema di ammortizzatori esteso a tutti rilancerebbe i consumi, aumenterebbe la fiducia e allenterebbe le tensioni sociali. Come? Attraverso un’indennità il cui costo andrebbe diviso tra Stato, imprese e contributi dei lavoratori. Sarebbe il modo migliore per uscire dall’emergenza.
Sostenere la crescita non sarà facile per il governo Monti. Il 2012 è iniziato con una marcata recessione ereditata dall’anno e dal governo precedente. Se, come si spera, ci sarà una ripresa nella seconda metà del 2012, l’anno si chiuderà comunque con una riduzione del Pil che potrebbe toccare il 2 per cento.
Per rilanciare l’economia, il governo sta pensando a processi di liberalizzazione e a sostegni alle infrastrutture. Tutte misure necessarie, ma non sufficienti per far riprendere l’economia in tempi brevi. Occorre mettere soldi veri nelle tasche di quanti hanno perso o perderanno il lavoro. Per farlo occorre una riforma degli ammortizzatori sociali, poiché non basta più estendere e stiracchiare quelli che già abbiamo, come ha fatto nel precedente governo il ministro Sacconi.
La prima cosa da fare è quella di privatizzare la Cassa integrazione guadagni ordinaria, ossia quella che tutela la disoccupazione temporanea senza perdita del lavoro. Si tratta di una forma assicurativa che può essere lasciata alla gestione congiunta di imprese e sindacati. Spetta a loro decidere quanti contributi pagare e in quali condizioni erogarli. Questa cassa può confluire nei contratti di lavoro e si ridurrebbe di conseguenza anche il cuneo contributivo. Posto che oggi la Cigo finanzia anche la mobilità e la Cig in deroga, ci sarebbe un risparmio per lavoratori e imprese.
Risolta la disoccupazione temporanea, si aprirebbe uno spazio per la riforma degli ammortizzatori sociali. Si tratta di introdurre una forma d’indennità di disoccupazione per chi perde il lavoro, sia esso a tempo determinato che indeterminato. L’indennità potrebbe crescere, per ammontare e per durata, con l’età del lavoratore e dovrebbe essere accompagnata da una formazione per favorire il reinserimento nel mondo del lavoro.
Il finanziamento di questo sistema di ammortizzatori sociali dovrebbe essere assicurato in parte dallo Stato, in parte dai contributi dei lavoratori e delle imprese in percentuale delle retribuzioni erogate e in parte dal contributo delle imprese quando dismettono personale. Quest’ultimo contributo dovrebbe essere crescente con l’età dei lavoratori licenziati e potrebbe essere sostituito dal ricollocamento in altro posto di lavoro favorito dall’azienda stessa. Una particolare indennità dovrebbe essere pagata dall’azienda a chi è licenziato con un’età prossima alla pensione senza poter essere ricollocato.
Con un sistema di ammortizzatori sociali esteso alla totalità dei lavoratori, si avrebbe un miglior sostegno al reddito per le famiglie che più hanno bisogno. Ne potrebbero beneficiare i consumi interni che oggi sono depressi. Migliorerebbe il clima di fiducia delle famiglie. Si distenderebbe il mercato del lavoro e si potrebbe così affrontare anche una riforma del sistema contrattuale. Quest’ultima è necessaria per riportare a unicità i contratti di lavoro, oggi caratterizzati da tante formule quanti sono stati gli escamotage individuati per generare flessibilità.
Il ministro del Lavoro Fornero ha detto che consulterà le parti sociali per avviare una riforma del mercato del lavoro. E’ bene iniziare con gli ammortizzatori sociali e sarebbe bene fare in fretta. La disoccupazione aumenterà consistentemente nel 2012 e occorre dare una risposta a una crescente domanda di sostegno al reddito. Questo è un interesse anche dei sindacati e delle imprese e quindi si spera che questa volta siano messe da parte le pregiudiziali e le tattiche dilatorie volte a ottenere il massimo. Siamo di fronte a un’emergenza occupazionale che non ammette ritardi.

Fonte: Espresso 11 gennaio 2012

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