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“Per il dopo Marcegaglia,Rocca il candidato giusto”

Bombassei: trova già consensi in Veneto,Lombardia ed Emilia.Il focus si sposta sulle aggregazioni,sulle reti e sulla ricerca di mercati nuovi. I vecchi servizi devono essere razionalizzati e costare meno, mentre ne dobbiamo fornire di nuovi.
«Abbiamo voluto organizzare le Assise di Bergamo soprattutto per un motivo. Riprendere l’ ascolto della nostra base, sapere cosa veramente vuole da noi l’ imprenditore di Catanzaro o quello della Val Brembana. Per questo abbiamo scelto di lavorare a porte chiuse e non perché snobbassimo politici, sindacalisti e giornalisti. Penso che siamo riusciti a centrare l’ obiettivo. Ora si tratta di andare avanti con coerenza e porre le condizioni perché il presidente che succederà ad Emma Marcegaglia possa continuare proficuamente questo lavoro». Il vicepresidente della Confindustria, Alberto Bombassei, è nel suo ufficio della Brembo al Kilometro Rosso di Stezzano e sembra avere le idee chiare sulle prossime mosse degli industriali italiani. Le polemiche sulla e con la politica non lo interessano affatto e preferisce concentrare i suoi ragionamenti sulla riduzione delle distanze con gli associati, sulla riforma della rappresentanza degli imprenditori e sul percorso migliore per scegliere un buon presidente per il quadriennio 2012-2016. (Lui un’ idea e un nome già ce l’ ha). Che vuol dire in concreto riformare la Confindustria. Molti in passato si sono cimentati e tanti hanno fallito… «Non le esporrò filosofie particolari o teorie alla moda, penso invece a cambiamenti molto concreti. Aggregare, come si è fatto nel Lazio, alcune strutture territoriali o quantomeno i servizi che singolarmente oggi offrono alle imprese. Che senso ha tenere in piedi un ufficio studi a Bergamo, un altro a Lecco e il terzo a Brescia? Di esempi così potrei farne decine. I vecchi servizi devono essere razionalizzati e costare meno, mentre ne dobbiamo fornire di nuovi che aiutino le piccole e medie imprese a crescere, a investire, a formare i loro dirigenti. Il mondo sta cambiando a velocità impressionante e noi dobbiamo essere vicini all’ industriale che cerca manager, che vuole migliorare la qualità dei suoi prodotti, che vorrebbe fare ricerca ma non se lo può permettere. Potrà sembrarle poco ma è tanto». Confermo: è tanto. Dalle sue parole esce fuori una Confindustria che si dedica meno alla concertazione romana di Palazzo Chigi e al tormentone delle relazioni industriali e di più invece al territorio e alla relazione delle imprese con il mercato. «Le relazioni sindacali contano ancora ma meno di prima. Il focus della vita di impresa si sposta invece sulle aggregazioni, le reti, la ricerca di mercati nuovi, la scelta delle competenze da portare dentro, l’ innovazione di prodotto. Lo sa che tra Bergamo e Brescia ci sono aziende che riescono ancora a stare sul mercato producendo bottoni? Ma per quanto ancora se nel frattempo non si presidia la frontiera dell’ innovazione e della rispecializzazione? Per me Confindustria in tutti questi frangenti deve essere lì, a fianco dell’ imprenditore per aiutarlo. Quindi meno duplicazioni, meno burocrazia, meno convegni inutili». Ma siete sicuri di volervi accollare il rilancio dell’ Ice, l’ Istituto del commercio estero? Sarà una fatica di Sisifo. «L’ Ice è l’ esempio di una gestione dello Stato non allineata con le esigenze delle imprese. Su 1.200 dipendenti ben 700 sono concentrati su Roma! E invece bisogna presidiare i mercati come sanno fare i tedeschi. Penso che sia un compito alla nostra portata e testimonia la volontà degli industriali di responsabilizzarsi in prima persona e non solo di protestare per le inefficienze degli altri». Alle Assise di Bergamo l’ ex direttore generale Stefano Parisi è stato spietato, ha messo in guardia la platea dai «professionisti della rappresentanza». Condivide? «Sì, ma le regole di Confindustria già consentono la rotazione e il ricambio delle cariche. Poi succede però che presidenti che scadono al centro o in periferia vadano a dirigere le camere di commercio, successivamente una società aeroportuale, dopo magari una fiera. I presidenti a vita non vanno bene, va dato spazio a gente più giovane, ci vuole sangue nuovo». A proposito di ricambio in questi giorni si cominciano a fare i primi nomi del prossimo presidente di Confindustria che dovrà succedere ad Emma Marcegaglia nel 2012… «Ho letto anch’ io di cene organizzate ad hoc e francamente mi sono parse troppo tempestive, delle fughe in avanti, che per di più avrebbero già individuato in Giorgio Squinzi ed Aurelio Regina una coppia di candidati». In verità è circolato anche il suo di nome, anche se non nelle stesse cene. «Ho già detto a chi con molta gentilezza mi chiedeva lumi che non sono un candidato spendibile. Emma ha potuto fare, come è giusto che sia, il presidente a tempo pieno perché la sua famiglia ha assicurato la continuità gestionale in azienda. Io non sono nelle stesse condizioni e quindi la Brembo ha bisogno che resti qui. Nel frattempo però mi sono fatto un’ idea su chi potrebbe essere un ottimo presidente…» Beh ce lo dica… «Penso a Gianfelice Rocca, un galantuomo che rappresenta una storia imprenditoriale familiare di assoluta eccellenza. La Tenaris è un’ impresa leader e la Humanitas un caso di valore. Gianfelice ha l’ età giusta (63 anni, ndr.), è saggio e ha il vantaggio di conoscere bene il sistema confindustriale perché è stato per due volte vicepresidente insieme a me. Conosco la sua attitudine al lavoro di squadra per cui la sua sarebbe una presidenza poco accentratrice» (ride sornione). E’ una sua idea maturata in perfetta solitudine o ha avuto modo di parlarne con altri colleghi impegnati nell’ associazione? «Le dirò tutta la verità. E’ un ragionamento che è partito dalla territoriale di Bergamo ma che ha già avuto modo di ricevere consensi, anche durante le Assise, tra alcune associazioni della Lombardia, del Veneto e dell’ Emilia. Diciamo che ho trovato sul territorio un apprezzamento abbastanza largo che conforta la mia idea e testimonia la stima di cui gode Rocca». Le Assise di sabato scorso hanno avuto successo ma gli applausi scroscianti all’ amministratore delegato della Thyssen hanno creato un solco tra Confindustria e opinione pubblica. «E’ stato un errore di interpretazione. Senza voler in alcun modo mancare di rispetto alle vittime e alle loro famiglie andava posta all’ attenzione di tutti una sentenza di omicidio volontario che pare assurda. C’ è qualcuno che può veramente credere che un imprenditore voglia vo-lon-ta-ria-men-te ammazzare i suoi operai?».

Fonte: Corriere della Sera del 12 maggio 2011

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