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PD, formicaio impazzito

L’automatismo segretario-candidato premier non funziona.
Le convulsioni del Pd, che sembra un formicaio impazzito, ruotano attorno alla regola statutaria secondo cui il segretario è automaticamente il candidato premier del partito. E’ vero che la regola è stata sospesa, per volere di Bersani, per consentire la partecipazione alle ultime primarie di Renzi (e anche della Puppato), ma pare sia ancora in vigore. E oggi Renzi, che medita di candidarsi alla segreteria come trampolino verso Palazzo Chigi, la difende. Ma sbaglia.
Non solo perché dopo la deroga approvata per lui, quella regola andrebbe abolita del tutto anche a vantaggio di altri (per esempio Letta). Ma soprattutto perché quella regola è la proiezione dell’anima marxista e leninista del Pd, secondo cui il partito, “avanguardia del proletariato”, sta sopra le istituzioni e la società. E dunque il segretario del partito, “avanguardia dell’avanguardia del proletariato”, ha il potere assoluto. Da Lenin a Gorbaciov, tutti ci ricordiamo i nomi dei segretari del Pcus che esercitavano in Unione Sovietica il comando supremo, mentre nessuno ricorda i nomi dei Capi dello Stato o dei Primi ministri, che pure esistevano, ma contavano poco. All’opposto, negli Stati Uniti i partiti quasi non esistono e le istituzioni hanno la netta prevalenza: degli ultimi tre presidenti, Obama era senatore e Bush e Clinton erano governatori.
Dire che il segretario del partito è automaticamente candidato premier significa affermare una supremazia che è assai poco liberale: come dire che non potrebbe esserci un parlamentare, un sindaco, un presidente di Regione, un ministro, magari un premier uscente, o, perché no, un esponente della società civile, che potrebbe interpretare meglio del segretario del partito le esigenze dell’elettorato di centrosinistra e del Paese. Prima il Pd elimina definitivamente quella norma statutaria, meglio sarà per lui e per l’Italia.

Fonte: INPIU' 8 luglio 2013

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