“Il 40% della capitalizzazione di Borsa è fatto di aziende Iri o ex-Iri” – Il capitale Autostrade ha reso il 20% annuo
ROMA. “La prima volta che siamo andati a trovare Mario Monti dopo il suo insediamento come commissario alle politiche per la concorrenza, non ci eravamo ancore seduti che ci ha ricordato la scadenza del 30 giugno”. Piero Gnudi non ha dubbi: tra quattro mesi l’Iri, di cui è presidente, sarà messo in liquidazione, proprio come prevedeva l’accordo preso nel 1993 dal ministro del Bilancio dell’epoca Nino Andreatta e dal predecessore di Monti, Karel Van Miert. L’impegno con la Commissione di Bruxelles fu ribadito da Carlo Azelio Ciampi nel 1998 e gli eventi successivi non giustificano ripensamenti. Ma che cosa succederà dopo? Gnudi lo spiega in questa intervista al Sole 24 Ore.
Alcune partecipazioni importanti non potranno essre dismesse prima del 30 giugno: sicuramente l’Alitalia, forse gli Aeroporti di Roma, oltre alla Tirrenia, alla Fincantieri e alla Rai. Esiste la possibilità che l’Iri non venga messa in liquidazione?
Lo escludo, anche se vorrei chiarire bene che l’Iri non chiude perché fallisce. L’Iri ha avuto una missione, l’ha realizzata e adesso chiude incassando più del previsto. L’Iri cesserà di svolgere l’ordinaria amministrazione: sarà una società in liquidazione per cui si occuperà solo di liquidare l’attivo residuo e di gestire il contenzioso.
E le partecipazioni “vive” dove finiranno?
Non spetta a me dirlo: la decisione tocca al Governo. Penso che potrebbero andare al Tesoro. C’è anche un precedente importante in questo senso: la Stet che poi si trasformò in Telecom. Del resto già oggi il Tesoro possiede partecipazioni che gestiscono servizi di grande importanza per il paese: l’Enel, l’Eni, le Ferrovie, le Poste, l’Azienda Tabacchi e altro ancora.
I conti dell’Iri chiuderanno in bellezza?
Direi proprio di sì: l’anno scorso i dividendi, ordinari e straordinari, che abbiamo versato al Tesoro hanno raggiunto i 5mila miliardi. Tra pochi giorni, una volta che avremo incassato i soldi della cordata Benetton per Autostrade, ci troverete con 9mila miliardi di posizione finanziaria netta positiva. E’ dunque probabile che anche quest’anno ci sia un dividendo molto sostanzioso.
Il boom di Borsa ha reso tutto più facile…
Beh, non sarebbe presuntuoso dire che sono state le privatizzazioni dell’Iri ad aiutare il boom di Borsa. Forse non è noto all’opinione pubblica che il 40% dell’attuale capitalizzazione di Borsa è fatto di aziende Iri o ex Iri.
E’ impensabile un colpo di reni sull’Alitalia, magari un merger of equals con gli alleati olandesi della Klm?
Per l’Alitalia non ci sono soluzioni che possano prescindere dal problema Malpensa. Il Governo italiano ha deciso di investire 2mila miliardi su quell’areoporto e l’Alitalia ha fatto un piano per trasferire là una parte importante dei suoi voli in modo da renderlo economico. L’alleanza con la Klm è fondata sul nuovo ruolo di Malpensa: se il problema Malpensa non si risolve, salta anche l’alleanza con la Klm.
Un anno fa L’Iri si è fatta sfuggire il momento propizio per privatizzare l’Alitalia?
Un anno fa il problema Malpensa non era risolto, come non è risolto oggi. E quindi l’Alitalia non era e non è in condizioni di formulare piani basati su un quadro di riferimento certo e in grado di essere presentati agli analisti.
La quota Iri in Finmeccanica sarà ceduta, salvo intoppi dell’ultima ora, ma perché si parla di privatizzazione se il 30% resta in mano al Tesoro e i privati non possono superare il 3%?
Perché il 70% è dei privati e l’azionista pubblico non svolgerà comunque un ruolo attivo nella gestione operativa del gruppo. Per quanto riguarda la scelta dei comportamenti del Consiglio di amministrazione, le minoranze potrebbero anche organizzarsi e nominare la maggioranza dei membri.
E’ prevalsa la linea del management di Finmeccanica che non voleva azionisti forti?
No e ne approfitto per chiarire una cosa: il nocciolo duro di banche e di imprenditori cui si era pensato era alternativo alla permanenza del Tesoro nel capitale.
La presenza del Tesoro nel capitale, secondo il suo predecessore Gian Maria Gros- Pietro, potrebbe nel lungo termine rendere difficili le grandi alleanze internazionali a livello di holding.
Francia e Germania lo hanno già fatto, pur avendo un azionista pubblico. E poi quello della difesa è un business particolare, vincolato alle commesse delle Forze armate: un legame con il Governo è inevitabile.
I 500 miliardi di perdite della Fincantieri erano previsti?
Sì, ma già quest’anno contiamo di andare in pareggio, anche se per considerare risanata la società occorre ancora qualche tempo. Un gruppo di banche entrerà nel capitale e l’accompagnerà in Borsa al momento opportuno.
E’ in arrivo il parere dell’Antitrust su Autostrade: si aspetta sorprese?
No. Quella di Autostrade è una delle privatizzazioni meglio riuscite. Per la prima volta si è fatta l’asta per il nocciolo duro, legando il prezzo a quello dell’ Opv. Non è stato facile, ma è andato tutto bene. Persino la laboriosa messa a punto delle concessioni ci ha favorito dal punto di vista dell’incasso: se la privatizzazione si fosse fatta nel 1997 avremmo incassato un terzo di quanto abbiamo realizzato. Abbiamo fatto un conto interessante: il capitale versato in Autostrade ha reso mediamente il 20% l’anno. Ci sarà anche stato un periodo di alta inflazione, ma come rendimento medio non è niente male.
E su Aeroporti di Roma si aspetta intoppi?
Noi siamo pronti, ma si devono pronunciare il Consiglio di Stato e l’Unione euorpea. Se arrivasse il via libera, entro giugno dovremmo farcela.
Che cosa faranno i dipendenti dell’Iri dopo il 30 giugno?
Una cosa è sicura: non saranno abbandonati perché hanno fatto, e bene, il loro dovere. Su questo c’è l’accordo di tutti i ministri competenti. Parte dei 200 che sono rimasti continuerà a lavorare per l’Iri in liquidazione, gli altri saranno ricollocati.
Pensa che l’economia italiana avrà nostalgia dell’Iri?
L’Iri ha avuto una funzione fondamentale nell’Italia del dopoguerra perché da noi non è mai esistito un mercato dei capitali. Adesso, grazie all’euro, questo mercato esiste, i capitali ci sono. La new economy attecchisce anche in Italia: chi ha idee imprenditoriali non ha difficoltà a mettere insieme il capitale di rischio necessario per svilupparle. E l’Iri ha esaurito il suo compito.
Fonte: tratto da: "Il Sole 24 Ore" del 24 febbraio 2000