Sembra proprio che sia arrivato il momento di rivedere la disciplina dei licenziamenti individuali annidata nellarticolo 18 dello Statuto dei lavoratori. E un segnale di quel cambiamento che la comunità internazionale e i mercati chiedono al nostro Paese, in tema di mercato del lavoro. Certo, quella norma, sopravvissuta ad un passato morto e sepolto, non è sicuramente la sola causa che scoraggia gli investimenti stranieri nel nostro Paese. E, presa a sé, non è neppure la più importante. Ma concorre, sicuramente, a rendere poco attrattivo e conveniente investire in Italia, se si considera non solo la disposizione di carattere sostanziale (il giudice ha lobbligo di ordinare la reintegra nel posto di lavoro se ritiene illegittimo il licenziamento: un obbligo che esiste solo da noi), ma anche le lungaggini della procedura giudiziaria che finiscono per caricare sul datore soccombente oneri insostenibili, derivanti non solo dal risarcimento del danno subito ma anche dal pagamento delle retribuzioni non percepite, durante lintero periodo (si tratta di anni) in cui si trascina la causa.
Per non parlare dellorientamento
Così la flessibilità in entrata compensa la rigidità in uscita. Questo processo ha delle evidenti conseguenze sul piano generazionale: sono i giovani che entrano nel mercato del lavoro a subìre gli effetti della flessibilità, mentre sono i lavoratori già entrati da tempo a stare al riparo delle tutele più rigide. Ovviamente, si può dibattere a lungo sulla spregiudicatezza dei datori nel perseguire il proprio interesse, ma non si può non riconoscere che vi è qualche cosa di sbagliato in un sistema in cui unassunzione a tempo indeterminato diventa la causa di una valutazione preoccupata e di una scelta difficile da parte dellazienda che deve effettuarla. Una considerazione, questa, che non si aggira con obblighi o divieti, perchè, messa alle stretta, lazienda rinuncerà ad assumere. Che senso avrebbero, altrimenti, le proposte contenute in alcuni progetti di legge di esponenti del Pd, che, nellidea di contratto unico o prevalente o di inserimento o a tutela crescente, inseriscono un periodo di
Per fortuna, nonostante le ostilità, il Governo sembra intenzionato ad andare avanti. Si sta facendo strada, in settori del sindacato e del Pd, una possibile ipotesi di compromesso che, per altro, corrisponderebbe a quanto indicato (non è molto) nella lettera di intenti presentata in sede del G 20 da Silvio Berlusconi. Premesso che il licenziamento discriminatorio sarebbe comunque nullo e sanzionato con la reintegra, lidea che avanza è quella di distinguere tra licenziamento per motivi soggettivi (disciplinari) e oggettivi (economici e organizzativi). Il primo resterebbe disciplinato come prevede larticolo 18; il secondo sarebbe assorbito dalla procedura prevista per i licenziamenti collettivi ai sensi della legge n.223 del 1991 (che ora si applica a fronte di 5 richieste di licenziamento). La procedura prevede un esame in sede sindacale che si conclude con la corresponsione di unindennità. Anche aderendo a tale soluzione sarebbero necessarie delle nuove norme, sia sul versante degli ammortizzatori sociali, sia su quello del riconoscimento di un indennizzo, che potrebbe essere predefinito, a carico del datore.
Restando nel campo dellarticolo 18, ci sono poi altri problemi da prendere in considerazione per quanto riguarda la durata del processo e lentità del risarcimento. Per quanto riguarda il primo aspetto la cosa comunque è più difficile da fare che da dire si tratta di accorciare i tempi del procedimento. Per quanto concerne il secondo, occorre prestabilire dei limiti al risarcimento e al pagamento delle retribuzioni non percepite. Una norma siffatta è contenuta, mutatis mutandis, nel
Pare che finalmente sia venuto il tempo anche per l’art.18
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