Urge una politica monetaria più attiva.
Mentre prendono quota le chance di Mario Draghi per la successione a Jean-Claude Trichet, anche grazie al sostegno che finalmente il governo italiano gli ha espresso, la Bce si trova di fronte alla necessità di decidere se il riaccendersi dellinflazione, che ha superato di slancio il 2%, debba essere spento con un rialzo dei tassi dinteresse. Mossa, questa, che è già stata messa in atto da Pechino, addirittura per la terza volta dallottobre scorso, portando il tasso sui finanziamenti a un anno oltre il 6% considerato che in Cina a dicembre laumento dei prezzi al consumo è stato del 4,6% (3,3% la media 2010) e a gennaio la Goldman Sachs stima sia arrivata al 5,3% mentre potrebbe essere costretta a farla la Banca dInghilterra (si ipotizza a maggio), visto che nellultimo trimestre del 2010 Londra ha dovuto fare i conti con uninflazione al 3,7% e contemporaneamente con una regressione della crescita dello 0,5%. Inoltre, sono tutte negative le previsioni sullinflazione, trascinata dalla corsa dei prezzi delle materie prime, a sua volta alimentata sia dallespansione globale sia dallinstabilità geo-politica (Egitto, Tunisia, Algeria). Daltra parte, nei paesi emergenti è mediamente già al 6%, e si teme che il 2,1% raggiunto dallarea Ocse (si va dall1,5% degli Usa al 2,4% della Ue) possa essere trascinato verso lalto.
Dunque, cosa faranno i banchieri centrali di Francoforte? Molti sostengono che essendosi ormai aperte le grandi manovre per la guida dellEurotower, difficilmente la Bce deciderà di mettere mano al tasso ufficiale, oggi all1% (livello raggiunto nel maggio 2009, in piena recessione). Ma per quanto possa emergere presto la candidatura vincente, Trichet lascerà il suo posto solo a novembre, e se la curva dellinflazione nel frattempo dovesse continuare a salire, è improbabile che la banca centrale più attenta al mondo al pericolo dellinstabilità dei prezzi (nel passato ha temuto anche quando non era il caso) non ritocchi un tasso che, ricordiamolo, è il più basso dal 1999. Daltra parte la ripresa in Europa si è un po consolidata, e una piccola stretta partendo dall1% non sarebbe certo esiziale. Diverso, invece, sarebbe il riflesso sui conti pubblici dei singoli paesi, perché già ora il peso degli oneri passivi sui debiti è pesante e reso oneroso sia dallaumento degli stock di debito sia dal rialzo dei tassi praticati per fare in modo che la domanda copra lofferta.
In tutti i casi, speriamo che alla Bce arrivi presto il cambio, perché di una politica monetaria più attiva si sente la necessità, e da tanto tempo. E speriamo che si chiami Draghi. Ritirati il tedesco Weber e laustriaco Nowotny, tutti gli altri, a cominciare dallinesperto Regling, non hanno certo la statura e lesperienza internazionale del governatore di Bankitalia.
Ora la Bce potrebbe muovere i tassi
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