• venerdì , 22 Novembre 2024

Ora Berlino dovrà riflettere

Ora è il momento per agire. La crisi dell’area euro comincia a toccare la Germania; nessun Paese ne è più al riparo. Agire significa un salto in avanti nella costruzione dell’Europa. Molti politici nazionali recalcitrano davanti a una «cessione di sovranità» da parte degli Stati; si tratta in realtà di ampliare, non di ridurre gli spazi di democrazia. L’unico modo di ridare potere ai cittadini sulla sorte delle loro economie, strappandolo ai mercati finanziari, è di trasferire ad autorità europee elettive quelle competenze che i governi nazionali non hanno più la forza di esercitare.
Mario Monti saprà bene tutto questo, quando si siederà oggi al tavolo con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Saprà anche che è molto difficile riuscirci. Al punto in cui siamo arrivati, solo una politica economica centralmente concordata potrà salvare l’euro.
Dovrà essere democraticamente legittimata; non affidata alla legge del più forte del «metodo intergovernativo» di fatto ridottosi alla guida dell’ineguale duo franco-tedesco, responsabile di molte decisioni tardive e maldestre degli ultimi mesi.
Senza intaccare le sovranità nazionali, servirebbero a poco gli eurobond , i titoli di debito comuni ora riproposti anche da José Barroso e da Herman van Rompuy. Senza un imponente trasferimento di sovranità, inoltre, la Germania non li accetta; e ha ragione anche contro sé stessa, perché l’attuale assetto dei poteri non garantisce nessun Paese membro dell’euro contro l’eventuale irresponsabilità degli altri, Germania compresa.
C’è solo da sperare che l’esito negativo dell’asta dei titoli di Stato tedeschi ieri porti consiglio a Berlino. Vengono offerte spiegazioni tecniche complesse; ma restiamo all’evidenza. Paradossalmente, si tratta di una scelta assai sensata, da parte di mercati che tutto sono stati tranne che razionali negli ultimi mesi: perché mai si dovrebbero comprare titoli che rendono meno del 2%, se occorre il 2% solo per compensare l’aumento dei prezzi? Che ci si guadagna?
Finora, i Bund , ovvero i titoli tedeschi, avevano successo perché si sperava in un guadagno di capitale in caso di rottura dell’euro: sarebbero stati convertiti in un nuovo marco tedesco capace di rivalutarsi. Ora si è capito che una rottura dell’euro avrebbe conseguenze tanto devastanti, nell’Europa e nel mondo, da danneggiare anche la Germania. Proprio perché ragionevolmente oggi si dubita perfino del debito della Bundesrepublik, l’occasione è ottima per far riflettere la Bundesbank e l’ establishment tedesco, rimasti quasi soli nel mondo a credere che i mercati siano sempre razionali.
Solo con un salto in avanti politico si potrà superare l’ostacolo che impedisce alla Banca centrale europea di usare appieno tutti i suoi strumenti. La Germania e i Paesi nordici ricordano sempre che interventi massicci di acquisto dei titoli italiani e spagnoli violerebbero i Trattati europei: per dissuadere i governi dallo scialacquare, la Bce è vincolata a mantenere la «stabilità della moneta». Questo non va cambiato. Tuttavia lo stesso articolo 127 dei Trattati, in un altro comma, affida alla Bce il compito di tutelare anche la stabilità finanziaria.
Si tratta di intendersi. Se l’euro si rompe, sicuramente la stabilità finanziaria non sarà tutelata, con dissesti di grandi banche e altri orrori. Nel giro di poco tempo, verrebbe a mancare anche la stabilità monetaria, perché avremmo una recessione così pesante da ridurre i prezzi, esito pericolosissimo. Speriamo che i tedeschi lo capiscano, e non confermino quel luogo comune secondo cui, loro soli, ritengono che Fiat justitia, pereat mundus sia un motto di cui fregiarsi con orgoglio.

Fonte: La Stampa del 24 novembre 2011

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