Partenza anticipata a causa delle ceneri del vulcano.Merapi Critiche a Israele Il capo della Casa Bianca ha criticato Israele per i nuovi insediamenti a Gerusalemme Est.Un secondo «storico» confronto col mondo musulmano (dopo il memorabile discorso del Cairo di 17 mesi fa) con la promessa che l’ America non sarà mai in guerra con l’ Islam e che lui non si stancherà mai di lavorare per ricreare rapporti di fiducia tra il suo Paese e i musulmani. Ma anche un invito al mondo islamico moderato, quello maggiormente aperto al dialogo, ad avere più coraggio: «Chi vuole costruire non ceda terreno a chi cerca di distruggere». E poi un viaggio nella sua infanzia – il periodo delle elementari – quando trascorse quattro anni (1967-71) proprio qui, a Giacarta, assieme alla madre, l’ antropologa Ann Dunham, e al patrigno indonesiano Lolo Soetoro. Tutto consumato in poche ore, sotto la minaccia delle ceneri del vulcano Merapi che gli ha imposto una partenza anticipata, per non rischiare di disertare il G20 di Seul. L’ attesa visita di Barack Obama è durata appena 19 ore. Ore che il presidente ha vissuto con grande intensità, assalito dai ricordi e disorientato dal profilo di una città per lui irriconoscibile: «Era un posto di casette bici e risciò, è diventata una metropoli di quasi dieci milioni d’ abitanti; la torre Sarinah, che allora era la più alta della città, è l’ unica che ho riconosciuto, ma ora è uno degli edifici più bassi». Il presidente indonesiano Yudhoyono ci ha messo del suo per stimolare la memoria di Barack: nella cena offerta in serata nella sua candida residenza, gli ha fatto servire due specialità locali, il «bakso» e il «nasi goreng». «Erano i piatti che preferivo da bambino», ha esclamato Obama e il padrone di casa ha ammesso di aver fatto un po’ di «intelligence» per scoprirlo. Subito dopo lo ha commosso consegnandogli – non come presidente ma come figlio – una medaglia d’ oro postuma per i meriti acquisiti dalla madre con i suoi studi sul ruolo delle donne nella società indonesiana. Obama si è scusato per la brevità di questa visita e ha promesso di tornare presto, anche con le figlie. Ma non è andato a visitare i luoghi nei quali ha studiato: due istituti, il cattolico Santo Fransiskus Asisi del quale è stato alunno per tre anni e il Besuki, musulmano moderato ed elitario dove ha fatto la quarta. Ha invece preferito, prima di ripartire alle 11 del mattino (quando in Italia era ancora notte), una visita alla grande moschea Istiqlal e un incontro con seimila studenti della University of Indonesia. 224 milioni di abitanti, per l’ 86 per cento musulmani, l’ Indonesia è il più grande Paese a maggioranza islamica del mondo. Ma è anche un Paese multirazziale, multiculturale (un arcipelago di 17 mila isole nel quale si parlano trecento lingue), molto più tollerante di altre repubbliche islamiche. Obama ha approfittato di questa breve visita in un Paese moderato per rilanciare un dialogo che, dopo il discorso del Cairo, non ha fatto passi avanti. I sondaggi dicono che, mentre la sua candidatura alla Casa Bianca aveva entusiasmato molti seguaci dell’ Islam, dimezzando il numero di quelli che si dicevano ostili all’ America rispetto all’ era Bush (dal 63 al 37 per cento), negli ultimi mesi è tornato a riaffacciarsi lo scetticismo sulle reali intenzioni di Obama o, almeno, sulla sua capacità di cambiare le cose: l’ intensificarsi degli attacchi contro i talebani in Afghanistan e Pakistan e lo stallo dei negoziati tra Israele e i palestinesi alimentano questa sfiducia. L’ indice di popolarità di Obama nel mondo arabo è di nuovo in calo (in Egitto è addirittura precipitato) e anche in Indonesia nei giorni scorsi molti gruppi musulmani, anche moderati, sono scesi in piazza per protestare contro la visita del presidente Usa. In questo clima Obama – che negli incontri ufficiali a Giacarta ha criticato Israele per il via libera alla costruzione di 1.300 appartamenti a Gerusalemme Est – ha affrontato un confronto sicuramente difficile con gli studenti musulmani. Il presidente si è presentato loro con l’ umiltà di chi è consapevole che «non basta un discorso per sradicare anni di sfiducia». Ma ha anche cercato di stimolare l’ orgoglio degli studenti invitandoli a sostenere il modello democratico che si è fatto faticosamente strada nel Paese e a tenere alta la torcia della filosofia inclusiva dell’ Indonesia: il Paese che ha fatto disegnare la sua più grande moschea ad un architetto cristiano può, per Obama, aspirare ad essere un modello per tutto il mondo musulmano.
Fonte: Corriere della Sera del 10 novembre 2010Obama rilancia il dialogo con l’Islam: “C’è ancora molto lavoro da fare”
L'autore: Massimo Gaggi
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