• martedì , 26 Novembre 2024

Obama lancia la sua campagna:”Non riportiamo indietro la storia”

Obama lancia la sua campagna «Non riportiamo indietro la storia»E al palasport dell’ Ohio il pre-comizio lo tiene un’ agguerrita Michelle
«Le corporation non sono il popolo: il popolo è fatto di gente». Barack Obama apre ufficialmente in Ohio la sua campagna elettorale per la rielezione e la differenza tra l’ «outsider» col vento in poppa del 2008 e il presidente costretto a correre in salita nel 2012 è subito evidente. Allora i messaggi erano tutti in positivo e le parole d’ ordine erano quelle della speranza e del cambiamento. Oggi si parte attaccando subito l’ avversario Mitt Romney – l’ ex manager che aveva paragonato le grandi aziende al popolo – e poi, messe via le grandi ambizioni e le parole d’ ordine emozionanti di allora, si punta su una più pragmatica «lista della spesa» delle cose che è possibile fare. L’ impegno gridato dal presidente è quello ad andare «avanti», lo slogan della nuova campagna, contro chi vuole «riportare indietro l’ orologio della storia»: cioè i repubblicani, accusati di voler comprimere i diritti delle donne, di voler punire i poveri e gli immigrati. Insomma, combattimento duro fin dal primo giorno. E i guanti ieri se li è tolti anche Michelle. A Columbus, nel palasport dell’ Ohio State University, è lei a «scaldare» la platea. Ma, anziché limitarsi a introdurre Obama con qualche aneddoto sulle sue fatiche, parte in quarta con un vero pre-comizio: «Siamo qui non per riconquistare una poltrona ma per le cose in cui crediamo. Volete che vostri figli abbiano una formazione scolastica decente? Noi crediamo in questo. Così come crediamo che gli anziani abbiano diritto ad andare in pensione con dignità, che nessuno debba finire in bancarotta per il costo delle sue cure mediche e che vada restituita un po’ di sicurezza alla classe media». Un’ ovazione per lei e anche per il marito Barack che a quel punto sale sul palco, comincia subito a parlare, pure lui, di ceto medio. Ovazioni dai «supporters», ma sulle gradinate c’ è qualche vuoto: 14 mila persone in un’ arena che ha 19 mila posti e una capienza teorica di 22 mila. Gli uomini della campagna di Obama, che hanno tentato invano di riempire gli spalti, minimizzano: «Da Romney, in Ohio, non sono mai andate più di tremila persone». È vero, ma due anni fa, in questa stessa università, ad acclamare Obama alla vigilia delle elezioni di «mid-term» c’ erano 30 mila persone. Quei vuoti sono la manifestazioni fisica delle difficoltà di un presidente che, arrivato alla Casa Bianca con un indice di gradimento del 65 per cento, ora combatte con un livello di approvazione stabilmente sotto quota 50 per cento. Certo, anche Romney ha i suoi problemi e la maggior parte dei sondaggi nazionali danno Obama in vantaggio sul candidato repubblicano, ma la campagna sarà tesa e complicata. Il presidente l’ ha aperta ieri con due comizi in Ohio e Virginia, due dei 12 Stati «in bilico»: quelli in cui si deciderà la corsa alla Casa Bianca. Ma l’ antipasto – un amaro antipasto – era arrivato venerdì con i dati dell’ occupazione: dopo un inverno abbastanza positivo e il rallentamento di marzo, anche ad aprile i posti di lavoro sono cresciuti molto poco. Ancora peggio: il dato apparentemente positivo del calo all’ 8,1 per cento del tasso di disoccupazione nasconde l’ abbandono della ricerca di un posto da parte di altri 552 mila americani: adesso negli Usa la partecipazione dei cittadini al mercato del lavoro è la più bassa dal 1981. Sono questi i venti contrari che Obama deve fendere. Proverà a farlo con la sua immagine di statista (l’ altro giorno il discorso all’ America pronunciato da Kabul è stato considerato dai repubblicani il vero inizio della campagna), cercando di sostenere l’ economia e, soprattutto, con una campagna elettorale capillare e molto ragionata. Nel solo Ohio l’ organizzazione di Obama ha 18 uffici elettorali aperti fin dal 2009. Ed è evidente fin dal primo giorno che, più che a una campagna nazionale con un messaggio valido per tutti, «Obama2012» sarà tarata su messaggi specifici diretti ai gruppi che possono «fare la differenza» alle urne, il 6 novembre: giovani, veterani, ispanici, neri. Ieri Obama ha parlato a tutti questi gruppi (e alle donne) attaccando, in particolare, l’ intenzione dei repubblicani di negare la cittadinanza ai figli di immigrati clandestini che nascono negli Usa. Ma i repubblicani non stanno a guardare: ieri la campagna di Romney ha bombardato il web di messaggi sui «fallimenti economici dell’ era Obama» mentre i SuperPAC conservatori, le organizzazioni dei finanziatori occulti che fiancheggiano il candidato mormone, preparano una campagna di «spot» nei quali ex sostenitori del presidente raccontano la loro delusione e la decisione di non votare più per lui.

Fonte: Corriere della Sera del 6 maggio 2012

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