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Obama boccia l’Italia e indica la via per la crescita

“Ed una delle cose interessanti di cui non parliamo abbastanza è il contrasto tra quanto avvenuto negli Stati Uniti e quanto avvenuto in molti altri paesi in via di sviluppo, in Europa (sic) in particolare. Succede raramente di avere la fortuna di esaminare due approcci di politica economica, seguendoli lungo l’arco di molti anni e di vedere quale ha funzionato. E il fatto è che ci sono molti paesi europei che hanno seguito le prescrizioni che i Repubblicani della Camera stanno chiedendo ora, e questi paesi non solo stanno ben più indietro di noi in termini di crescita, in molti casi i loro debiti e deficit sono attualmente aumentati perché le loro economie sono effettivamente in recessione. E malgrado noi non siamo cresciuti velocemente quanto desideravamo, abbiamo consistentemente fatto meglio di quei paesi che hanno seguito le politiche che raccomandano ora i membri Repubblicani della Camera.
Ora, io sono più solidale con quei paesi europei perché, in alcuni casi, non avevano alternative. Loro non hanno la valuta mondiale dominante. Non hanno persone che vogliono investire nei loro paesi quanto invece gente di tutto il mondo ancora vuole fare da noi. Ma, in qualche modo, abbiamo qui una prova, un’evidenza. Non si tratta di argomenti astratti. Noi sappiamo cosa è necessario per far crescere la nostra economia ora e subito. E se facciamo crescere la nostra economia, e le famiglie della classe media stanno meglio, e crescono i prezzi delle case, e i giovani avviano famiglie e ci sono lavori a salari buoni, ecco cosa abbatterà i deficit nel modo più veloce possibile.”
A parlare così non è un economista qualsiasi proveniente dall’altra parte dell’Atlantico. Nossignore. E’ il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha rilasciato una lunga intervista al New York Times il 24 luglio, pubblicata ieri.
Nel suo straordinario argomentare meramente a fini di politica interna, nell’intento di dare un colpo alla maggioranza repubblicana prevalente alla Camera dei rappresentanti (al Senato i Democratici mantengono il controllo) che ha come motto “il sentiero verso la prosperità passa per un responsabile bilancio pubblico in pareggio”, il Presidente Obama si avventura in un inusitato paragone tra un programma di un partito politico e il programma prevalente nei Paesi europei.
E’, subliminalmente, un involontario capolavoro di comunicazione, rivelatore del modo in cui gli Stati Uniti percepiscono il momento storico europeo.
Prima di tutti, il paragone fra un partito ed un gruppo di Paesi svela quanto ho sempre ritenuto terribilmente vero: in Europa, non esiste un partito che si basi su politiche alternative all’austerità. O almeno non è considerato, da nessuno. Ho sempre creduto che chi portasse avanti, in Italia, in Olanda, in Portogallo, in Francia, in Germania, le politiche economiche del partito Democratico Usa sarebbe stato considerato appartenente ad un partito estremo, tentativamente comunista. Quando un partito europeo vince le elezioni nazionali con un qualche accenno a combattere e mettere fine all’austerità, ben presto si trasforma, al primo viaggio del suo Primo Ministro a Bruxelles, in una mansueta pecora che ribadisce il mantra prevalente. Hollande non è che il caso più evidente, ma non unico, di questo inconsueto fenomeno; chiarissimo, ora lo sappiamo, anche ai cittadini americani più capaci di afferrare cosa avviene nello strano Vecchio, vecchissimo, Continente. Quello che Fitoussi a suo tempo chiamò il “dibattito proibito” è oggi a tutti gli effetti il “partito proibito”. Esiste solo un partito, in Europa, quello per il quale “il sentiero verso la prosperità passa per un responsabile bilancio pubblico in pareggio”
Secondo poi. E’ clamoroso che giornalisti del “più importante quotidiano al mondo” qual è il New York Times abbiano mal catturato le parole del loro Presidente e riportato che i paesi europei a cui si riferiva fossero stati da lui definiti “in via di sviluppo”. Eppure la possibilità che abbia detto proprio così c’è. Nel contesto della politica economica, ecco che cosa noi europei sembriamo al nostro partner economico e politico più importante: un semplice nano, che deve ancora crescere e svilupparsi per arrivare a poter essere paragonabile agli Stati Uniti. Ma è interessante il contesto che fa emergere dal pensiero nascosto di Obama una simile degradante valutazione: nasce dalla valutazione delle politiche economiche di cui si è innamorata l’Europa e delle istituzioni che gli ha voluto affiancare: “(loro) non hanno una valuta mondiale dominante”; coinvolgendo così tutti i paesi dell’euro, Germania compresa, nel suo argomentare, ci ricorda con parole brutali il fallimento del progetto euro, ridicolizzato senza se e senza ma, ridotto ad un progetto di serie B che non scalfisce la potenza Usa. Incapaci di attirare “investimenti” dal resto del mondo, al tavolo mondiale che conta siamo solo sul menù.
Terzo e più grave. “We have evidence here”. Come se lo capisse anche un bambino, il Presidente Obama ci ricorda che una sola cosa sappiamo: che le politiche dell’austerità hanno fallito. Ma è interessante notare due aspetti del suo argomentare. Primo il perché hanno fallito, secondo qual è il test che deve superare una politica economica per considerarsi di successo. E’ fallita, l’austerità, perché generando minore crescita grazie al tentativo di imporre (addirittura costituzionalmente!) bilanci in pareggio, “i nostri debiti e deficit sono attualmente aumentati perché le nostre economie” si sono masochisticamente autoimposte una recessione. Come in Italia, dove il debito continua a crescere a causa delle maggiori tasse e minori spese che fanno crollare il PIL.
Cosa farà sì che si possa evitare la trappola “euro-repubblicana”? Una sola cosa: far crescere l’economia. Invertendo il nesso causale, Obama ricorda al bambinetto europeo, quello che dovrebbe essere ovvio a tutti: in una recessione i conti pubblici e la stabilità si ottengono con la crescita economica, non è vero che la crescita economica deriverà dal tentativo di generare conti pubblici in pareggio, questo farà solo crollare il PIL. Invertendo il nesso semantico, parlando prima dei giovani, delle famiglie, della classe media, e poi di deficit e debito.
A me pare evidente che la chiamata ai paesi europei di Obama alle armi sia evidente: anche dall’altra parte dell’Oceano si aspettano e sperano che venga a costituirsi un Democratic Party. Non un Partito Democratico, un Democratic Party.

Fonte: Formiche.net del 28 luglio 2013

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