• venerdì , 22 Novembre 2024

Non solo Lazio: i costi delle Regioni sono esorbitanti anche altrove

Nell’acronimo Pdl la lettera P non sta più ad indicare la parola “Popolo”. Dopo il Laziogate ha assunto il significato di “Pirla”. Per intero l’acronimo si legge . Non si spiega altrimenti la circostanza per cui Francesco Rutelli e i colleghi della ex Margherita siano riusciti a diventare parte lesa nel caso Lusi, mentre, nella vicenda del gruppo consigliare alla Pisana, il Pdl non sia stato in grado di evitare che gli cucissero addosso l’effige di Francone Fiorito detto er Batman.
Certo, la stampa e le tv ci hanno messo molto del loro, amplificando a dismisura eventi, come la festa in costume di alcuni anni prima, di cui si è potuto dimostrare soltanto il cattivo gusto e, magari, un filo di imbecillità (come capita di solito quando i potenti di turno vogliono imitare Caligola che, si racconta, nominò senatore il suo cavallo preferito). Renata Polverini si presentò a quella festa per un saluto di pochi minuti, ma la sua foto con l’abito d’ordinanza, in mezzo ai partecipanti travestiti (chissà? Forse indossavano le maschere da porco a causa di una interpretazione sbagliata della parola Proci, i pretendenti alla mano di Penelope che infestavano la reggia di Itaca) è stata esposta come prova della dissolutezza di un’intera classe dirigente. In verità, il Pdl romano e laziale (specie nel groviglio delle componenti ex An) ha tanti difetti, troppo a lungo tollerati.
In un partito serio non si perdonano coloro che non sono stati capaci neppure di presentare la lista (e i loro mandanti), quando tutti sanno che non si trattava di farsi un panino con la porchetta per fronteggiare la caduta degli zuccheri, ma di manipolare, all’ultimo momento, l’ordine dei candidati. Poi c’è stata la pugnalata alle spalle di Pierferdinando Casini che ha agito contro le intenzioni del suo gruppo in Regione (poche ore prima della sua telefonata alla presidente il capo gruppo Udc aveva sostenuto, insieme agli altri di maggioranza, che si doveva andare avanti). Il motivo vero sta in un preciso calcolo politico: l’alleanza con il Pd nel Lazio concorrendo alla spartizione delle due poltrone più in vista, il Campidoglio e la Pisana.
Tralasciamo la sceneggiata delle dimissioni dei gruppi di opposizione che pure avevano votato a favore del maxi-finanziamento o lo avevano comunque intascato (un giorno sapremo come lo hanno speso?). Il fatto è che il centrodestra ha perso un’importante Regione (e, secondo la Swg, ben 4 punti nei sondaggi), prima ancora che, dal mare di fatture usate come arma di lotta politica fratricida, venisse chiarito quali e quanti fossero i consiglieri a cui attribuire precise fattispecie di reato. Erano proprio indispensabili le dimissioni della presidente e della giunta? Renata Polverini è stata indotta a fare un passo indietro dopo una difesa poco accorta, ma a seguito di una campagna che non ha riscontri in altre situazioni.
Proprio così, perché lo del Lazio ha spalancato la saracinesca della finanza allegra delle Regioni, quelle stesse che ad ogni manovra di bilancio si presentavano alle conferenze stampa esibendo virtù civiche e lamentando i tagli operati dai Governi, sostenendo che avrebbero determinato, a loro avviso, un brusco ridimensionamento dei servizi. E tutti lì a credere alla favola delle amministrazioni regionali virtuose e attente al bene dei cittadini a confronto della cattiva spesa pubblica statale. Dalle prime indagini si scopre che ovunque vi è stata una lievitazione delle spese di funzionamento degli organi e dei gruppi e che diversi consiglieri (appartenenti anche a partiti forcaioli) sono stati presi con il sorcio in bocca.
Vogliamo parlare della virtuosa Emilia Romagna, il cui presidente Vasco Errani ha annunciato, dopo la riunione della Conferenza, le misure di autoassoluzione delle Regioni? Lasciamo da parte i guai giudiziari del presidente stesso (che stimiamo) e di qualche consigliere: il problema è che, dal 2001, i costi per gli organi istituzionali sono aumentati del 199,5% (si veda Il Sole24 Ore di venerdì 28 settembre); in questa classifica l’Emilia Romagna è seconda solo dopo la Calabria. Se poi ci guardiamo attorno ci accorgiamo che con la Regione Lombardia la magistratura ha avuto il suo daffare (magari era auspicabile una maggiore attenzione al caso Penati), ma giustamente il presidente Roberto Formigoni e la sua maggioranza hanno resistito. Ed era la linea giusta che avrebbe dovuto tenere – aveva i numeri necessari? – anche Renata Polverini a cui non è stato riconosciuto, ad esempio, di aver fortemente ridotto il deficit della sanità.
E adesso? C’è forse qualcuno che immagina una caduta – a domino – di tutti, o quasi, i governi delle regioni d’Italia? Anche il presidente Giorgio Napolitano (a proposito, sabato scorso, alla messa nella chiesa di S.Giacomo Maggiore di Bologna, nel foglietto con cui i fedeli seguono la funzione, era scritta una preghiera per il capo dello Stato chiamandolo per nome e cognome e coprendolo di elogi) ha affermato che le Regioni non esprimono soltanto cattiva politica. Ci mancherebbe! Comunque finirà, resta da capire perché negli altri partiti a sbagliare sono sempre le singole persone, mentre nel caso del Pdl la responsabilità è sempre collettiva. Che sia una forma di peccato originale?

Fonte: Occidentale del 1 ottobre 2012

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