• domenica , 22 Dicembre 2024

No, il condono no!

La Commissione invita il govenro a desistere. Non fa bene alla credibilità dell’Italia.E invita a evadere.
Un pomeriggio di due anni fa, parlando coi cronisti sul lungofiume di Goteborg, l’allora responsabile europeo per il Fisco, l’ungherese Laszlo Kovacs, ruppe la tradizionale regola del riserbo sui dibattiti politici nazionali e ammise di ritenere lo scudo fiscale che si andava preparando a Roma uno strumento «iniquo e poco etico». Era la sua posizione personale, precisò, ma il tempo ha dimostrato che anche Commissione di cui faceva parte, in quanto garante dei Trattati Ue, la pensava – e la pensa – allo stesso modo sulle sanatorie, genere poco gradito a palazzo Berlaymont. Dove ieri, davanti all’evntualità che il governo italiano conceda un altro perdono a chi ha evaso o violato le leggi, più fonti sono tornate a ripetere che no, non è proprio una buona idea, anche perché «può minare la credibilità dell’Italia».
Nessuno sorpresa. La Commissione ragiona sulla base di principi chiari. Magari è burocratica, ma la coerenza non le manca. Quando nel luglio 2008 la Corte di giustizia ha bocciato senza attenuati il condono varato nel 2002, e poi prorogato nel 2003, per la parte riguardante il gettito Iva, l’Ue affermò che il provvedimento aveva pregiudicato «seriamente» il corretto funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, danneggiato il mercato comune e favorito i contribuenti colpevoli di frode fiscale. In pratica aveva sfilato soldi dalle tasche dell’Unione e creato un incentivo perché i contribuenti tornassero a nascondere le loro malefatte.
In quei giorni d’estate, a Roma e Bruxelles, si era pensato che il pronunciamento dei giudici costituisse soprattutto un monito a non ripetere l’errore, poiché la norma bocciata aveva in quel momento già cessato di esistere. La perdita del pelo non ha cancellato il vizio. Nell’ottobre del 2009, il governo Berlusconi varò il discusso scudo fiscale. Sarà per questo che alla Commissione sentono puzza di bruciato. E sono preoccupati.
L’Italia è stata costretta a due manovre pesanti per ridurre la pressione speculativa sul proprio debito e frenare l’impennata sui differenziale fra i tassi sui virtuosi bund tedeschi e i nostri buoni poliennali. Gli uomini del commissario all’economia Olli Rehn hanno avuto modo in più occasioni di lodare l’anticipo dell’obiettivo del pareggio nei conti al 2013. Allo stesso modo, hanno chiesto di avviare un risanamento «basato su misure il quanto più possibile strutturali».
Il condono, si ricorda, «strutturale non lo è». Ha quindi un effetto sul bilancio che si esaurisce in un spazio di tempo limitato. Non risolve i problemi. E non solo. Secondo la Commissione l’esperienza passata mostra che i condoni fiscali «possono ridurre» gli adempimenti fiscali, con la conseguenza di indebolire «gli sforzi in corso per contrastare l’evasione». L’idea, insomma, è che l’attesa della sanatoria tenga i furbetti a distanza dall’erario. Senza contare che Bruxelles ha manifestato spesso dubbi sui numeri del recupero fiscale auspicato messi in manovra dagli esperti del Tesoro.
Per questo, di fronte all’ipotesi dell’ennesimo condono, i tecnici comunitari reiterano che le priorità del governo devono essere altre, ad esempio «l’attuazione rigorosa delle misure di consolidamento già adottate, una rapida specificazione della riforma fiscale annunciata e l’adozione di una ambiziosa agenda di azioni strutturali per migliorare il potenziale di crescita».Il messaggio è limpido. Basterà?

Fonte: La Stampa del 12 ottobre 2011

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