• lunedì , 16 Settembre 2024

No all’ipocrisia:sul Mezzogiorno critiche utili

Capita, talora, che i politici si lamentino di come i giornalisti riportano, o storpiano, le loro affermazioni. Qualche volta a ragione, qualche altra a torto. Circa le mie più recenti dichiarazioni sui problemi del Sud, non ho nulla da rimproverare a chi scrive o racconta, semmai a chi, con colpevole superficialità, legge o ascolta. Ho testualmente detto: «Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta o, meglio, se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l’Italia sarebbe prima in Europa. La conurbazione Napoli-Caserta è un cancro sociale e culturale. Un cancro etico, dove lo Stato non c’è, non c’è politica, non c’è la società». Lo ripeto. Nelle sue considerazioni finali, all’assemblea dello scorso 31 maggio, il governatore della Banca D’Italia, Mario Draghi così descrisse la realtà: «Nelle tre regioni del Mezzogiorno in cui si concentra il 75 per cento del crimine organizzato il valore aggiunto pro capite del settore privato è pari al 45 per centro di quello del Centro Nord». Vale a dire che se non vi fosse la diffusione della metastasi criminale il valore aggiunto pro capite crescerebbe in una proporzione superiore al doppio. Non ho sostenuto, né mai pensato, che la soluzione del problema consista dell’amputazione dell’Italia, nel prendere parti del nostro Meridione e portarle non so dove. Mi sembra una totale sciocchezza e non sono abituato a dilettarmici. Ho semmai sottolineato con chiarezza come la grande strategia di liberazione per tutto il Sud – liberazione da decenni di finanziamenti a pioggia e improduttivi che ne hanno comprato la classe dirigente e la stessa coscienza – consista nel federalismo. Se questa rivoluzione fallisse, per il Paese non vi sarebbe altro che il baratro della spaccatura. Definitiva. Se Cristina Coppola, e altri assieme a lei, avesse avuto il buon cuore di leggere le cose che ho scritto in molti interventi e in almeno due libri, avrebbe scoperto che l’idea di affrontare il problema mediante un più deciso e forte impegno dello Stato-prima di tutto nel far prevalere la propria sovranità e il rispetto delle leggi si trovava nelle mie pagine assai prima che nelle sue parole. Guardiamo il lato positivo: grazie al modo in cui ho esposto le mie tesi, lungamente meditate e approfondite, anche altri hanno colto l’occasione per ripeterle. Si faccia attenzione però a non cadere nell’ipocrisia, facendo finta di spiegare le ragioni del buon Meridione a me che sono veneto e, così procedendo, arrecando offesa e umiliazione ai tantissimi meridionali per bene che peraltro descrivono la realtà nella quale sono costretti a vivere con parole assai più forti e concetti assai più urticanti. Questi cittadini del Sud hanno tutta la mia concreta solidarietà. Perché mai si plaude al racconto della criminalità organizzata, scritto o cinematografico, e poi si vuol negare che quella realtà, quel cancro, contamina la carne viva del tessuto sociale? Non è che, per caso, si ritiene più comodo aggregarci tutti nella condanna di qualche criminale macellaio, tacendo sulle continue, ripetute e diffusissime violazioni della legge che rendono fuori controllo tante fette del nostro territorio nazionale? Mafia, ndrangheta, camorra non sono solo droga e assassini: sono anche riciclaggio, imprese finanziate in modo opaco, reinvestimento al Nord e fuori d’Italia, mercato nero del lavoro per mascherane i profitti, irregolarità continue nei rapporti con la pubblica amministrazione. E altro ancora. Troppo facile condannare spacciatori e assassini, che è ovvio, e troppo vile dimenticarsi del resto. L’insieme lo chiamo ‘cancro’: un male che divora in continuazione, che aggredisce gli innocenti e gli onesti, riducendoli al silenzio, che rende possibile una classe dirigente di struzzi, cui la distrazione non può essere rimproverata più della connivenza. Danno fastidio, le mie parole? Non nascondo che lo trovo utile, quindi continuo.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 15 settembre 2010

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