Di fronte allimpellente necessità di dare ossigeno ai consumi, che per comodità di sintesi definiremo boccheggianti, spunta lipotesi di un intervento governativo una tantum per alleggerire il prelievo fiscale sulle tredicesime.
A chiederlo con maggior forza è la Confesercenti, che lo motiva anche con lingorgo di adempimenti fiscali che si abbatterà verso la fine dellanno sugli italiani e che dovrebbe trasferire dalle tasche dei contribuenti alle casse dellerario una cifra piuttosto elevata (lorganizzazione dei commercianti diretta da Marco Venturi parla addirittura di cento miliardi di gettito totale previsto, di cui dieci miliardi a carico del lavoro dipendente).
Leventuale provvedimento avrebbe, dunque, una sua ratio immediata ma per tutta una serie di motivi non convince. Intanto, sul piano del metodo: non era stata costituita «Rete imprese Italia» proprio per rafforzare la rappresentanza di artigiani e commercianti e per dotarli di ununica e possente voce?
Come mai, allora, si ritorna alle proposte delle singole organizzazioni, con il conseguente rischio di una Babele e di un indebolimento dei piccoli?
In secondo luogo, se si vuole evitare che la fiducia degli italiani nei confronti della politica e della rappresentanza cali ancora di più, è sbagliato far correre le ipotesi e le indiscrezioni senza costrutto, specie se riguardano temi estremamente concreti e tangibili come il «peso» delle tredicesime. Non è, questo, tempo di facile propaganda.
Il governo Letta, dal canto suo, in diverse riprese ha fatto sapere che intende intervenire per ridurre il cuneo fiscale e ieri lo ha ribadito lo stesso premier per correggere un differenziale di competitività che ci vede regalare inopinatamente sei-sette punti ai nostri concorrenti francesi e tedeschi, che non ne avrebbero proprio bisogno.
Si tratterebbe, a differenza del restyling delle buste paga di fine anno invocato dai commercianti, di una correzione strutturale che andrebbe a favore del lavoro e dellimpresa e che, se opportunamente disegnata, porterebbe acqua anche al mulino di chi, visto il lavoro che fa, guarda innanzitutto e legittimamente al rilancio della domanda interna.
E allora, invece di sventagliare le ipotesi e intasare il già difficile confronto pubblico, occorre ragionare con pazienza su come modulare al meglio lintervento sul cuneo fiscale, magari partendo dallesperienza che abbiamo fatto non molto tempo fa con il governo presieduto da Romano Prodi e che non è purtroppo passata agli annali come una storia di successo. Su tutti il giudizio del segretario della Cgil, Susanna Camusso, che ha già perentoriamente e più volte invitato lesecutivo delle larghe intese a non «ripetere gli errori» commessi nel 2007.
In quelloccasione fu stanziata una spesa attorno agli otto miliardi di euro, di cui cinque alla fine andarono a favore delle imprese e il resto ai lavoratori. Nel primo segmento si operò di fatto tramite una riduzione significativa dellIrap (circa tredici punti percentuali), nel secondo con una revisione delle aliquote Irpef che però non diede alla fine i risultati sperati.
Nei ricordi dei protagonisti di allora, infatti, ricorre lautocritica per il debole impatto che la manovra ebbe sui redditi da lavoro dipendente, non solo per lesiguità delle risorse disponibili. Difficile invece valutare, anche ex post, le ricadute sulloccupazione, che pure vanno giustamente messe in conto: secondo stime dellIstat, rese note ancora di recente, un taglio del tutto ipotetico di quindici miliardi, interamente a favore delle imprese, produrrebbe addirittura duecentomila posti di lavoro in più.
È bene, però, non farsi soverchie illusioni: loperazione «cuneo» non è un passepartout , la platea dei beneficiari non potrà essere monocolore e gli effetti non sono del tutto preventivabili, anche perché nei meccanismi di funzionamento delleconomia la Grande Crisi ha introdotto delle discontinuità che ancora non conosciamo e, tantomeno, sappiamo padroneggiare.
Leconomia del 2007 al confronto con oggi appare lineare e relativamente prevedibile. Di conseguenza far coesistere, in un contesto del tutto nuovo e tuttaltro che rassicurante, un supporto concreto alle imprese che si battono sui mercati internazionali con lurgenza di liberare salario per i redditi bassi (e sostenere per questa via la domanda interna) è un esercizio per moderni alchimisti. Non cè altra strada però, o comunque non ha senso inventare ogni giorno questa o quella scorciatoia.
Meno tasse per lavoratori e imprese,le scorciatoie che non servono
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