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L’Unione per il Mediterraneo si sfalda alla prima difficoltà

Si farebbe prima a chiamarla «Disunione per il Mediterraneo». Quando il presidente francese Sarkozy l’ha tenuta a battesimo, nel luglio 2008, ricordò con enfasi che «è a Sud dell’Europa che si gioca il nostro avvenire». Da allora è stata poco più che una voce di spesa nel bilancio del-l’Ue e degli altri suoi sedici membri, incapace di influire sui destini geopolitici della regione.
Agli onori delle cronache è tornata pochi giorni fa, complici le dimissioni del segretario generale Ah-mad Khalef Masadeh. «Non ci sono soldi per finanziare i progetti», ha fatto sapere il giordano. Le scosse politiche in Tunisia, Albania e Egitto hanno reso ancora più fosco il quadro e generato imbarazzi a Bruxelles. E non solo perché Mubarak è tutt’ora copresidente dell’istituzione.
«Una conchiglia vuota», riassume il ministro degli Esteri Franco Frattini, convinto che 1’Upm sia «da rifondare», perché «ha ottenuto molto meno di quanto si era avuto con il processo di Barcellona» da cui ha avuto origine, che pure non è stato una marcia trionfale. Il bilancio si esaurisce in dichiarazioni scontate, le ultime su Tunisia («auspichiamo il ritorno della democrazia») e cristiani («rispettare la libertà di culto»). Un fiasco, in effetti, come ogni mossa che l’Europa decide senza una reale concordia interna «I tedeschi frenavano perché temevano che l’Ue si distraesse dall’Est – spiega un diplomatico -. Hanno tuttavia lasciato a Sarkozy il suo giocattolo. Finita la presidenza francese del-l’Ue l’hanno abbandonato».
L’Upm puntava a unire il Mare Nostrum, creare un ponte fra Paesi che hanno fette di passato in comune e devono imparare a vivere insieme il futuro, forte di 43 soci, i ventisette Paesi dell’Ue più quelli di Balcani e Nord Africa, esclusa la Libia, ufficialmente osservatore, in pratica contraria. Non ha avuto il- soffio della vita sin dall’inizio, e quel poco le è stato rubato da incidenti come il fallito summit dell’anno passato, saltato per le tensioni arabo-israeliane.
«Abbiamo sognato tanto e ora il sogno diventa realtà», disse Sarkozy, fianco a fianco con Mubarak, il 13 luglio 2008. La realtà, nel frattempo,s’è trasformata in incubo. Che fare dell’egiziano alla copre-sidenza? «La questione è in agenda – dice la portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera europea Catherine Ashton -. Se ne parlerà in un prossimo consiglio». Patata rovente, visto che sulla battaglia delle Piramidi, l’Europa fatica a esprimersi con voce unica.
Il ministro Frattini ha un piano. «Dobbiamo cercare di utilizzare gli strumenti che abbiamo», ha detto a La Stampa. Per prima cosa, il ministro intende affidarsi al «5 5» (Tunisia, Algeria, Marocco, Libia, Mauritania, Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Malta) di cui Roma ha la presidenza di turno e che lui vedrebbe diventare «6 6» con Grecia e Egitto.
C’è un vertice in formato Esteri a Napoli in aprile e il titolare della Farnesina pensa un summit dei leader. «L’Upm è allo stallo – insiste il capo della diplomazia italiana – troppe divergenze e silenzi, troppa poca azione». Un’idea che gli piace e gli pare fattibile sono gli Erasmus per gli studenti non europei, «creano integrazione, però manca la volontà politica di burocrazia e istituzioni».
Bisogna ripartire da zero, morta un’unione se ne farà un’altra. Intanto, però, il Cairo brucia. – II segretario lascia: «Non ci sono soldi per i progetti». Frattini: «Troppe divergenze»

Fonte: La Stampa del 2 febbraio 2011

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