Noto un intensificarsi di articoli e l’apparizione di libri dedicati alle trasformazioni del linguaggio. Non è un fenomeno nuovo ma tipico delle epoche di profondo mutamento politico e sociale. Non a caso Mussolini affermerà: “Le parole sono bellissima cosa, ma moschetti, mitragliatrici, navi, aeroplani e cannoni sono cose ancora più belle”. Lo ricorda Enzo Golino nella riedizione aggiornata del suo bel saggio “Parola di duce. Il linguaggio totalitario del fascismo e del nazismo” (Bur Saggi 2010). Dedicato allo studio dell’articolazione del linguaggio l’autore approfondisce quello della politica, laddove mezzi di comunicazione di massa come la Tv, possono provocare nocivi mutamenti nelle regole della civile convivenza. Un altro saggio, davvero esemplare, è quello, da poco uscito, “Sulla lingua del tempo presente” (Einaudi ed.) di Gustavo Zagrebelsky.
Pagine folgoranti sono dedicate al senso di “scendere in campo” e ad altre locuzioni del lessico berlusconiano con “largo uso di parole correnti con intenzioni nuove, e di trasposizioni in contesti nuovi di parole correnti”, a somiglianza di quanto avvenne col fascismo e con il nazismo. Oggi come allora, “la ripetizione continua e ossessiva di medesimi stereotipi, i toni e i ritmi studiati ad arte potevano mutare il valore delle parolee trasformare pensierie sentimenti individualie sottoposti al vaglio della ragione in patrimonio comune, accettato passivamente e inconsciamente.
L’ossessiva concentrazione su parole vecchie e la continua ripetizione… sono il segno di malattia degenerativa della vita pubblica che si esprime in questi casi in un linguaggio stereotipato e kitsch, proprio per questo largamente diffuso e bene accolto”. Queste osservazioni mi hanno ricondotto a due esempi: l’uso dell’epiteto “tradimento”e “traditori” per criminalizzare le scelte politiche di Fini e dei suoi e le reiterate accuse formulate per delegittimare la magistratura. Mi sono procurato all’uopo i testi raccolti dal Csm nelle cosiddette “pratiche a tutela” di giudici e Pm esposti dal premier a pubblico ludibrio. Ne traggo un breve florilegio che va dall’invenzione dei “789 magistrati che si sarebbero occupati dei suoi processi”, agli insulti singoli secondo cui gli emendamenti apportati al decreto sicurezza (18/6/2008) sarebbero applicabili anche “ad uno fra i molti fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato contro di me per fini di lotta politica”, vedi “l’ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustiziaa fini mediaticie politici, in ciò supportato da un Tribunale anch’esso politicizzato e supinamente adagiato sulla tesi accusatoria”. E ancora: in una delibera del 29/9 e del 3/10/2010 il Comitato di presidenza del Csm denuncia “le ennesime gravissime dichiarazioni rese dall’on. Berlusconi che minano la credibilità delle istituzioni e rischiano di delegittimare la magistratura tutta”. Fra le frasi riportate alcune riguardano il processo Mills dove il premier afferma: “La cosa drammatica è che tre diversi collegi di primo, di secondo grado, l’Appello e di terzo grado, la Cassazione, hanno asseverato questa tesi (accusatoria, ndr) dimostrando quindi che c’è un accordo tra i giudici di sinistra per sovvertire il risultato delle elezioni. C’è un macigno sul nostro sistema democratico che è costituito da questa organizzazione interna. Dentro la magistratura ci sono delle forze che usano la giustizia a fini di lotta politica…
posso citare cento esempi non solo su di me”. Cento esempi, con il post scriptum dell’inchiesta in corso sull’affare Ruby, potrebbero, per contro, essere qui elencati per indicare come l’aggressione verbale del premier al fine di denigrare la giustizia nella percezione che tradizionalmente ne avevano i cittadini, laddove sia riuscita, abbia inquinato l’opinione pubblica e omologato la percezione di “giustizia”, “magistratura”, “pubblica accusa”, “autonomia”e “indipendenza”a quella che alberga nell’animo del peggior populismo plebeo o, addirittura, nella psiche criminogena.
L’ossessiva ripetizione del lessico berlusconiano
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