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L’Olanda cade col populismo

Getta la spugna il premier liberale Rutte. Governo dimissionario causa Wilders l’antislamico. Niente tagli, crisi al buio, voto “al più presto”, scompensi in vista per l’Eurozona
La notizia è scontata, tutto quello che ci gira intorno no. Come si attendeva, il primo ministro olandese, Mark Rutte, ha annunciato le dimissioni del suo governo minoritario di centro destra dopo il fallimento dei negoziati sulla riduzione del deficit pubblico con il suo alleato in Parlamento, il partito di estrema destra dell’antislamico e populista Geert Wilders. Il leader liberale, insieme coi partner cristiano democratici, cercava un’intesa per una manovra da 16 miliardi di tagli destinata a riportare il disavanzo sotto la soglia virtuosa del 3% del pil stabilita dalle intese europee. Wilders ha detto “no” ai sacrifici, giocando in chiave antieuropea e attribuendo all’Ue la colpa dei sacrifici richiesto dai partiti tradizionali. Così ha affossato la colazione che sosteneva con l’appoggio esterno. Le elezioni, auspicate anche dalla seconda forza relativa del Parlamento (i laburisti) si terrà “non appena possibile”. Probabilmente, dopo la pausa estiva.

Alla luce del voto francese di domenica, la crisi olandese non fa che sottolineare l’affermarsi in Europa di una forza di carattere populista, euroscettica e nazionalista, che pone le sue radici nella incapacità dell’Unione europea di pagare un dividendo di crescita, oltre che in quella di spiegare i successi che comunque sono stati ottenuti. “Il rigore va perseguito a vantaggio dei cittadini olandesi e non perché lo chiede Bruxelles”, ha affermato stamane un portavoce della Commissione. Difficile però che le forze politiche in dirittura verso il voto accettino di mettere la firma sul piano lacrime e sangue concepito da Rutte. Le conseguenze sui mercati saranno evidenti, e oggi già si vede come la speculazione sta agendo giocando al ribasso. L’Aia perderà probabilmente la Tripla, la valutazione massima per chi vende titoli pubblici sulle piazze finanziarie. Le conseguenze saranno pesanti per un’Eurozona già in difficoltà. Servirebbe una soluzione rapida appoggia ad un’Europa che si metta sul serio a lavorare sullo sviluppo oltre che sul rigore. Due soluzioni, queste, su cui è difficile essere ottimisti.

Fonte: La Stampa del 23 aprile 2012

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