Non smetteremo mai di stupirci per la capacità che i numeri hanno talvolta di nascondere, la realtà. Sicchè, se uno dei 10 milioni di italiani direttamente o indirettamente coinvolti nell’investimento azionario dovesse tirare le somme dell’anno appena trascorso, ciò che le statistiche gli offrono è il dato, fresco fresco, della Borsa Italiana, secondo la quale Piazza Affari nel 2000 ha chiuso, terza in Europa per miglior risultato, con un rialzo del 5,3% medio anno.
Giusto e vero. Così dice la media. Ma che verità è mai questa, per quei risparmiatori-investitori i quali, trading on line o meno, hanno perso il 50% investendo nelle azioni di Comindustria , il 35% con le Seat risparmio, il 37% con le Sirti , solo per citarne alcuni; o che hanno guadagnato il 320% con le Aedes, il 155% con le Recordati, e dal 90 al 100% con le Pirelli, Ras e Montedison, solo per dirne alcune altre?
Ciò per dire che il rialzo medio del 5,3%, sanzionato dalle cifre medie ufficiali, dice assai poco di un anno, trascorso tra l’esplosione euforica della new economy nei primi tre mesi, e la profonda delusione vissuta progressivamente nei successivi nove, con 30 opa lanciate, fusioni colossal del tipo di quella annunciata tra Seat e Telecom/Tin/Telemontecarlo, con cessioni miliardarie, come quella tutta americana decisa da Pirelli per le fibre ottiche. Ma dice assai poco anche dell’andamento generale dell’economia italiana, della ricchezza e dell’occupazione prodotte, del modo con cui sono state prodotte, cioè dice poco della realtà economica sottostante alle grandezze finanziarie.
Per tentare di capire il 2001 è dunque dall’economia che occorre partire, quella reale , italiana, ma leggendola nel contesto dell’economia globalizzata. Come andrà? La metafora meteorologica più adatta dice: all’inizio variabile , poi tendente al bello.
E’ sempre dall’economia leader del mondo che occorre partire, gli Stati Uniti. Nel mese di marzo l’economia Usa compirà il decimo anno di crescita consecutiva, una realtà mai vista nella storia dell’economia mondiale moderna. Gli economisti sono allarmati perché dalla crescita del 5% accumulata nel 2000, gli Usa scenderanno al +3%. Cosa dovrebbe dire, allora, la vecchia Europa o l’Italia che da dieci anni crescono a ritmi medi dell’1,5%?
Eppure tanto basta per indurre l’anno prossimo una situazione favorevole: l’amministrazione Bush ha annunciato tagli alle imposte, il presidente della Riserva Federale, Alan Greenspan, il Fazio d’America, ha fatto intendere che ridurrà i tassi. Nel mondo, poi, il prezzo del petrolio cala tornando ai minimi dl 23 dollari dai massimi di 37 e, mentre gli Usa rallentano la crescita, l’Europa , l’Asia ed il Giappone la accrescono. Poche volte era accaduto che la produzione e lo sviluppo aumentassero nei quattro continenti contemporaneamente. In tale contesto l’Italia avrà anch’essa il suo cambio di guida politica dell’economia , presumibilmente incentrato su tagli alle imposte, su restituzione di spazi all’economia privata, su riforme del welfare e delle pensioni dirette a aprire spazi alla previdenza integrativa, ad investimenti pubblici in infrastrutture e grandi opere, in accelerazione di incentivi al reinvestimento degli utili aziendali specialmente nelle nuove tecnologie. Le note dolenti verranno dalla finanza pubblica. L’eredità che il centrosinistra lascia a chi lo sostituirà sarà pesante; sarà probabilmente necessaria una manovra correttiva e l’unico modo per realizzarla, fermo restando l’impegno a ridurre l’imposizione fiscale, sarà una riduzione bilanciata, di entrate e spese dello Stato, dove le seconde dovranno necessariamente essere superiori alle prime. E chissà che non cominci da qui la ritirata dello Stato dall’economia.
E la Borsa? Gli analisti prevedono rialzi, che cominceranno in modo incerto dai comparti difensivi della old economy ( finanza, salute, assicurazioni) per poi coinvolgere in accelerazione anche i comparti della net economy ( telecomunicazioni, media internet). Con l’avvertenza che anche nel 2001 il rialzo medio della Borsa dirà assai poco delle singole realtà. Auguri.
Bruno Costi
Fonte: «Il Giornale» del 2 gennaio 2001