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“L’Italia ha punti di forza. Rispetti gli impegni”

«Alla Bce conosco già tutti, sono tranquillo», Ignazio Visco, neogovernatore della Banca d’Italia, è in viaggio per Francoforte dove parteciperà, per la prima volta nella sua nuova veste, al Consiglio della Banca centrale. Alla presidenza di Eurotower troverà Mario Draghi, il suo predecessore a Palazzo Koch, con cui ha lavorato in stretto contatto fino a qualche giorno fa.
Ma sarà comunque lui, Visco, a rappresentare l’Italia nel momento in cui viene additata come fulcro dell’instabilità europea. Paura? «No, assolutamente no», risponde con un sorriso. Certo, aggiunge, «sento la responsabilità» di guidare la Banca d’Italia in un momento così difficile per il Paese, «ma non sono solo, sono con gli altri governatori dell’Eurosistema». E poi c’è il supporto della struttura solida e validissima dell’Istituto di via Nazionale. Insomma «oneri e onori» e l’assoluta convinzione che se la situazione è drammatica, l’Italia ha «moltissimi punti di forza sui quali occorre puntare». Il primo è che il debito anche se alto è sostenibile spiega mostrando con Fabio Panetta (responsabile dei dossier della Bce e della stabilità finanziaria) che lo accompagna il Rapporto sulla stabilità finanziaria appena diffuso con i risultati degli esperti della Banca. Anche se i rendimenti dei Btp dovessero arrivare all’8%, con una crescita nulla, lo scenario peggiore immaginabile e difficilmente realizzabile, il debito in rapporto al Pil, dice il documento, non aumenterebbe. E poi, per quel che riguarda gli altri punti di forza, Visco li riassume così: «La tendenza al riequilibrio dei conti pubblici, il basso indebitamento privato, l’assenza di squilibri sul mercato immobiliare, il contenuto debito estero».
Tutto ciò però non basta. A Roma il governo sta discutendo e litigando sulle cose da fare subito per evitare una nuova debacle delle Borse e dei titoli pubblici del martedì nerissimo appena passato e il governatore insiste sulla necessità di agire subito.
«È stata inviata una lettera all’Unione europea, bisogna rispettare ed attuare gli impegni presi con coerenza e rapidità», dice. I mercati se l’aspettano e la loro percezione non tollera tentennamenti e rinvii, spiega. E servono riforme sul lato della riduzione del debito, dall’impatto più immediato, e su quello della crescita ad effetto più prolungato nel tempo. Sì, occorrono rigore e crescita assieme, afferma. Un «ampio programma di riforme strutturali» insiste ripetendo così l’esortazione a varare al più presto misure «coraggiose e rapide» espressa in Parlamento all’inizio delle turbolenze dei mercati il 6 luglio scorso, da vicedirettore generale.
E poi rinviando alla presentazione fatta al rapporto sulla stabilità finanziaria, sintetizza che «per riconquistare la fiducia degli investitori e ridurre in maniera permanente il rischio sovrano, per preservare la stabilità del sistema finanziario è necessario proseguire con decisione nell’azione di risanamento delle finanze pubbliche. E con pari determinazione vanno rimossi gli ostacoli a uno sviluppo sostenuto dell’economia».
Visco sa bene che il suo compito al vertice della Banca d’Italia non sarà semplice, il suo insediamento come del resto quello di Draghi alla guida della Bce è avvenuto in una giornata terribile sui mercati per l’Europa e per l’Italia in particolare. Ma, ripete, è tranquillo e tranne i cambiamenti dovuti strettamente alle esigenze del proprio nuovo ruolo, non muterà i ritmi della sua vita. Visco crede, come del resto i suoi predecessori, nella forza della struttura e degli uomini della Banca e della sua autonomia, intesa soprattutto come autorevolezza e indipendenza di giudizio. Nel corso del viaggio per Francoforte dove lo aspettava una cena nella torre che ospita la Bce, c’è anche il tempo per qualche ricordo, degli studi di specializzazione per il Ph.D a Filadelfia quando si sentiva dire che bisognava studiare per avere potere. Lui non capiva, studiava, dice, per il piacere di farlo, convinto allora come ora che la conoscenza non serva per conquistare potere ma autorevolezza.

Fonte: Corriere della Sera del 3 novembre 2011

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