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L’Istat conquista autonomia e indipendenza

Per la prima volta nella storia d’Italia l’autonomia e l’indipendenza della funzione statistica sono tutelate da una norma. Il decreto presidenziale sul riordino dell’Istat, pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale» 235/2010, stabilisce, all’articolo 2, che l’Istat, «ente pubblico dotato di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, svolge la propria attività secondo i principi di indipendenza scientifica, imparzialità, obiettività, affidabilità, qualità e riservatezza dell’informazione statistica dettati a livello europeo e internazionale».
I compiti dell’Istituto nazionale di statistica rimangono quelli elencati nel decreto legislativo 322 del 1989 che ha istituito il Sistan, sistema statistico nazionale. A essi si aggiungono però tutti quelli previsti da numerosi provvedimenti comunitari che ormai definiscono gran parte dell’agenda degli istituti di statistica nazionali. In particolare il regolamento qualifica l’Istat come interlocutore unico dell’Unione europea: i dati che tutta la Pubblica amministrazione trasmette a Bruxelles devono quindi passare al vaglio dell’istituto di via Balbo.
Sempre nel rispetto delle disposizioni comunitarie, sarà affidata all’Istat la preparazione del personale addetto alle rilevazioni dell’intero Sistan. Potrà quindi nascere una vera e propria scuola di formazione statistica. E ancora è affidato all’Istat il coordinamento della modulistica utilizzata da tutte le Pubbliche amministrazioni. Un passo avanti non indifferente per evitare sprechi e migliorare la qualità delle rilevazioni.
Il regolamento è stato emanato per adempiere a varie diposizioni di legge, con l’obiettivo di ridurre i costi di gestione dell’Istituto nazionale di statistica e di aumentarne l’autonomia e l’efficienza.
L’articolo 3 riduce da 22 a 15 il numero dei componenti del Comitato di indirizzo e coordinamento dell’informazione statistica che dura in carica quattro anni. Ne fanno parte il presidente, due persone designate dal ministero dell’Economia, quattro rappresentanti delle altre amministrazioni statali individuate dal presidente del consiglio, tre membri designati dalle regioni e dagli enti locali attraverso la Conferenza unificata, un rappresentante dell’Unioncamere, due esponenti di istituti pubblici «dotati dei più complessi sistemi d’informazione», due esperti (professori ordinari di ruolo) in materie statistiche ed economiche.
Diminuisce, da nove a cinque, anche il numero dei componenti il Consiglio (articolo 4) che «programma, indirizza e controlla l’attività dell’Istituto». Ne fanno parte il presidente, due membri designati dal Comitato di coordinamento tra i suoi componenti, due esperti nominati dal presidente del consiglio.
Il regolamento prevede inoltre la riduzione del personale dirigenziale e il possibile snellimento della pianta organica del personale non dirigenziale. Viene istituita una dirigenza amministrativa separata dalla dirigenza tecnica, secondo uno schema che non ha precedenti negli enti di ricerca.
A proposito di dirigenza, il provvedimento accentua i poteri del presidente (la cui procedura di nomina è stata recentemente modificata per accentuarne il profilo super partes) con corrispondente riduzione di quelli del consiglio. Le posizioni dirigenziali (direzione generale, dipartimenti, direzioni centrali, servizi e uffici regionali) non devono essere superiori a 73 contro le attuali 76. Quattro riguarderanno dirigenti amministrativi di prima fascia e 16 i dirigenti tecnici di livello generale. Le restanti 53 posizioni si distribuiranno tra i servizi giuridico amministrativi e i servizi tecnici, compresi gli uffici regionali.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 9 ottobre 2010

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