• martedì , 24 Dicembre 2024

L’isola felice di “Little Pharma” all’italiana

Per comodità li chiameremo i Little Pharma e sono la dimostrazione di come nel business dei farmaci per avere successo non si debba essere per forza una multinazionale. Si pu restare Piccoli, ma presidiare una nicchia di mercato, produrre sciroppi, flale o macchinari per i big come Glaxo o Pfizer e non risentire minimamente della Grande crisi. I nostri coraggiosi Littie Pharma sono sconosciuti al grande pubblico, lavorano per lo pi tra Lombardia, Emilia, Veneto, Lazio e Toscana, e si possono suddividere in due categorie:
a) quelli che forniscono macchinari, materiali e servizi b) i contoterzisti che producono sempre per i Big Pharma compresse. colliri e altri medicinali. Ma attenzione, non si tratta del decentramento di lavorazioni povere. tutt’altro. Dalle fabbriche dei Piccoli escono macchine per il packaging, camere bianProduttori che», sistemi di marcatura, sensori di processo e tutta una serie di componenti che devono rispettare gli standard internazi nali che l’agenzia per il farmaco americana, la mitica Food & Drug Administration, o quella europea, l’Emea, fissano per chi voglia vendere nei loro mercati.
I Liffie Pharma sono a loro modo dei pionieri. Come l’ex vigile urbano’ di Pisa Flaminio Famesi, capace di mettér su un’azienda, la Grafica Zanninì, che fa packaging di carta e cartone per i Big Pharma e oggi possiede stabiliménti in Irlanda e Serbia. Stefano Macci e Giovanni Bini, un fisico e un ingegnere, hanno il loro quartier generale nella bella provincia toscana, a Poggibonsi, e da lì sono capaci di progettare uno stabilimento conto terzi. Fanno engineering farmaceutico, su scala globale.
Paolo Lanfranchi guida da Cortemaggiore, in provincia di Piacenza, la Doppel e vende persino alla Pfizer, la numero uno del mondo. Giovanni Ferrari guida da Sant’Agata Bolognese la Coc. Ma a Castelmella, provincia di Brescia, c’è la Antares che sviluppa sistemi di controllo e tracciabilità dei farmaci, a Reggio Emilia la Cuccolini che ha messo a punto una soluzione leader per evitare il ristagno di polveri nella produzione dei farmaci e, da Garbagnate Milanese, la Scandolara è diventata famosa nel settore per un tubetto per farmaci e cosmetici con proprietà germicide. Accanto a tanti piccoli ci sono, specie in Emilia, aziende medio-grandi, come Ima e Marchesini, che esportano l’So% dei loro macchinari per il confezionamento.
Secondo un calcolo dell’Osservatorio Pharmintech l’indotto dei medicinali dà lavoro a 6i mila occupati e fattura io miliardi l’anno. I Piccoli investono molto, hanno salari pi alti della media e i loro dipendenti sono ad alta qualificazione. Per loro non vale la favola di Fedro con il lupo-cliente che superior stabat al piccolo fornitore e ne decideva la vita e la morte. «anno caratteristiche strutturali nettamente migliori degli altri settori sostiene Giampaolo Vitali, ricercatore del Ceris-Cnr che coordina l’Osservatorio.
Una cosa è produrre un contenitore sterile per i farmaci, un’altra è il comune vetro per bicchieri o manuellate. Macchinari e oirganizzazione del lavoro sono completamente differenti perché con i Big Pharma non puoi permetterti di sbagliare. Se lo fai una sola volta, cambi mestiere».
A differenza dei ceramisti o dei mobilieri i Littie Pharma, che pure hanno una loro fiera di settore che si tiene ogni tre anni a Bologna, non sono aggregati in distretti industriali ma sono diffusi sul territorio e abituati a seguire_il cliente in giro per il mondo. Riescono a negoziare da posizioni di forza con i big e portano a casa quasi sempre contratti di fornitura pluriennali. E questo grazie al fatto che continuano a fare ricerca e sviluppo in proprio: nelle loro aziende ci sono tute blu ma anche numerosi camici bianchi.
Da questi laboratori non escono scoperte scientifiche con la esse maiuscola per quelle ci vogliono i mega investimenti delle Aventis e delle Astrazeneca ma invenzioni incrementali che magari migliorano la qualità dei contenitori dei medicinali, modulano i tempi del rilascio, aggiungono a farmaci straconosciuti come il Buscopan la copertura antiacido per salvaguardare lo stomaco dei pazienti.«Il vincolo estero, quello delle agenzie internazionali del farmaco, si è trasformato in un’opportunità di crescita per i nostri Little Pharma, in quanto li obbliga a investire continuamente in qualità e ricerca. E alla fine li premia» chiosa Vitali. A nessuna multinazionale verrebbe in mente di tagliare il lavoro di piccole imprese capaci di rifornirle di procedure antifalsificazione, stampanti sofisticate, persino ologrammi, nuove tecnologie al di fuori delle competenze della tipica impresa farmaceutica concentrata nella ricerca e nella distribuzione dei medicinali.
Racconta Ferrari (Coc): «La crisi noi l’abbiamo attraversata bene perché abbiamo brevetti nostri e contratti quinquennail. E vero che qualche progetto ha subito un rallentamento ma non abbiamo licenziato nessuno, anzi abbiamo assunto». La Coc fa parte del gruppo Lameplast controllato da tre famiglie con nomi italianissimi Ferrari, Fontana e Fabbri ha uno stabilimento persino a Miami e dà lavoro a 250 dipendenti con 40 milioni di fatturato. «Siamo stati gli inventori del monodose oftalmico» dicono e vengono considerati dai grandi pi dei partner che dei meri contoterzisti. Ora Ferrari, alla faccia dei dubbi sulla ripresa, pensa a un nuovo stabilimento in Italia che servirà alla Coc per produrre principi affivi, i medicinali generici.
La Doppel è uno spin off della oechst-Roussel nel 94 ed è via via cresciuta da 40 fino a oo dipendenti divisi oggi in tre stabilimenti. Fattura 84 milioni di euro e «la crisi non l’abbiamo sentita» dichiara il presidente Lan- franchi, che ricorda come non ci siano pi le grandi scoperte farmaceutiche che hanno caratterizzato gli anni dal i5o al 70, ma che oggi si possono comunque avere innovazioni incrementali giocando su nuove forme di rilascio del medicinale.A suo dire, Little Pharma ha svolto anche un ruolo sociale, «abbiamo attutito il duro colpo delle dismissioni delle grandi aziende sul territorio, trasformando impianti destinati alla chiusura in n ove realtà del contoterzi». Strutture che sarebbero state dismesse o cedute e invece grazie ai contoterzisti hanno salva to l’occupazione qualificata in molte cittadine di provincia.
Torniamo ai produttori di macchinari e affini, alla coppia Macci e Bini che progetta stabilimenti produttivi supercertificati. La loro Ctp Systems ha i8o dipendenti e ha avuto di recente la commessa del governo algerino di ristrutturare le aziende farmaceutiche di Stato ferme industrialmente e tecnologicamente a 40 anni fa. «La crisi l’abbiamo contenuta, abbiamo dovuto ridurre gli investimenti ma dal 2o11 prevediamo di tornare su livelli decisamente brillanti. 11 lavoro è molto frazionato, se nel 2007 prendevamo dieci commesse da mille, oggi facciamo mille commesse da dieci, ma siamo rimasti pienamente in campo. E lavoriamo molto per modernizzare impianti già esistenti».
Se la Grande crisi li ha risprmiati per i Little Pharma per non c’è mai tregua. 11 successo non è garantito per sempre. Le regolamentazioni pubbliche sono stringenti, le certificazioni internazionali limitano i movimenti, la globalizzazione manda i clienti in giro per il mondo e loro sono costretti a seguirli. Anche produrre semplici scatolette di cartone è un mestiere estremamente difficile se lavori per il farmaceutico.

Fonte: Corriere della Sera del 21 settembre 2010

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