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L’invito di Draghi ai capi di stato e di governo del G20:attuate subito le riforme finanziarie

Un caldo invito ai capi di stato e di governo del G-20 perché accrescano il loro impegno ad accelerare i tempi di attuazione della riforma finanziaria disegnata dal Financial stability board e perché diano maggior coerenza sul piano legislativo agli interventi già programmati, per scongiurare l’emergere di nuove minacce per la stabilità finanziaria. È l’esortazione contenuta nella lettera inviata ai responsabili dei paesi di vecchia e nuova industrializzazione dal governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial stability board, Mario Draghi, con la quale il banchiere centrale italiano dà conto dei risultati ottenuti in poco più di un anno di lavoro per definire un’intera strategia di riforma e, dopo aver ricevuto il mandato del G-20, chiede ora l’endorsement a quello che è stato un po’enfaticamente definito lo steering committee dell’economia globale.
In poco più di dodici mesi il board che riunisce ministeri, banche centrali e organismi di controllo dei mercati dei paesi G-20 ha messo a segno un obiettivo decisamente consistente: il gruppo di regolatori, nel quale, com’è stato notato, gli Stati Uniti dispongono soltanto di un voto su venti (una governance che permette all’Europa una voce più robusta rispetto a quella che ha in altri organismi internazionali) ha infatti dato corpo alla riforma di Basilea 2 attraverso la definizione di regole più rigorose su capitale e liquidità da introdurre tuttavia con grande gradualità per minimizzare gli effetti prociclici. Il G-20 di Seul dovrà ora apporre il suggello finale alla nuova regolamentazione che persegue il rafforzamento patrimoniale delle banche perché in futuro non si ripetano crisi finanziarie così virulente come quella che abbiamo vissuto nel 2007-2008.
L’accordo, molto rigoroso, prevede tuttavia che le regole vengano introdotte gradualmente a partire dal 2013 e che la transizione sia completata entro il 2019.
La nuova normativa di Basilea 3 è necessaria ma non sufficiente, ha più volte sottolineato Draghi, perché con esse non si affronta il problema dei rischi posti da quelle istituzioni creditizie e finanziarie (le Sistemically important financial istitutions, o Sifi) che o per la loro dimensione o per la loro presenza degli snodi più importanti del sistema finanziario internazionale, se si trovassero in procinto di fallire verrebbero con ogni probabilità salvate ad ogni costo.
Per esse già in occasione del vertice dei ministri finanziari di Gyeongju il Fsb ha stilato delle linee guida articolate in quattro punti: il primo è la necessità che ciascun paese membro del G-20 si doti di un apparato istituzionale che permetta la liquidazione di una banca a rilevanza sistemica senza che il sistema finanziario mondiale corra rischi molto gravi e senza che si debba ricorre al denaro pubblico; il secondo passa per la possibilità di introdurre per le Sifi requisiti di capitale più severi; il terzo pilastro è l’esigenza del potenziamento dei poteri delle autorità di vigilanza su queste istituzioni; la quarta indicazione è che lo scambio dei prodotti derivati che possono essere standardizzati dovrà avvenire sui mercati regolamentati o su piattaforme con controparti centrali, sottoposte al controllo delle autorità. Infine, il Fsb ha presentato proposte anche sui modi per ridurre la rilevanza dei rating emessi dalle agenzie a fini regolamentari.
Sempre a proposito delle banche «too big to fail», il Financial Times ha scritto ieri che i controllori del G-20 starebbero stilando una duplice lista per gli istituti a rilevanza sistemica: una per le aziende attive a livello davvero globale l’altra, meno severa, per quelle che hanno un bacino d’azione a scala prevalentemente nazionale. Ma qui a Seul fonti Fsb puntualizzano sulle affermazioni del quotidiano inglese: in primo luogo le raccomandazioni del board riguardano tutte le banche sistemiche, e per tutte verrà richiesta una più alta capacità di assorbimento delle perdite. In più, per le banche a raggio davvero globale, verrà enucleato un ulteriore set di requisiti di capitale più rigorosi.
Si tratta in ogni caso di criteri, qualitativi e quantitativi, non di liste. Anzi, si afferma, l’elenco di nomi di istituti di credito citati nell’articolo (la presunta «lista» nella quale quale compaiono anche le due più grandi banche italiane), è un elenco vecchio e definito parecchi anni fa dal Fsf per tutt’altro scopo, che era quello di tracciare l’ambito dei collegi di supervisione internazionale.

Fonte: Sole 24 Ore 11 novembre 2010

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