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L’indirizzo sbagliato delle proteste

Governo delle banche e dei banchieri, governo dei poteri forti, governo dei padroni: il paradosso della giornata di ieri è di aver ascoltato, contro il governo Monti, epiteti quasi identici dagli studenti di estrema sinistra nelle piazze e dai dirigenti della Lega Nord.
La sola differenza è che i ragazzi hanno un’inventiva verbale più vivace, o aggiungono che i debiti non si devono pagare. Da tutte e due le parti si additano le macchinazioni della «piovra gigante» della finanza mondiale, la Goldman Sachs.
La novità di un governo sorretto da una maggioranza larghissima si specchia nell’erompere di populismi politicamente opposti eppure simili, molto simili. Né la cosa si ferma lì; perché quello che dicono i leghisti si legge anche su alcuni giornali berlusconiani, e gli slogan degli studenti e dei Cobas riecheggiano, magari temperati da un sorriso di scherno, anche in alcuni salotti di sinistra. A tutti quanti si potrebbe consigliare di leggere gli insulti che Mario Monti si prese dal Wall Street Journal quando, da commissario europeo alla concorrenza, maltrattava le multinazionali americane.
Però occorre anche riflettere su che cosa significano queste passioni estreme. Quando incombe un pericolo che appare inspiegabile, la tentazione di farsi applaudire dalla gente additando colpevoli è forte. «La crisi va pagata da chi l’ha provocata» affermava uno striscione nei cortei di ieri. Ed è vero che a farla scoppiare, e ad aggravarla, è stata la grande finanza mondiale. Cosicché la via spedita per denigrare qualcuno è identificarlo con le banche, anche se come molti dei nuovi ministri e ministre è un alto burocrate o un accademico mai passato per consigli di amministrazione (quanto ai «padroni», poi, di industriali non ce n’è nemmeno uno).
Non basta. Fino a ieri i supposti interpreti della vox populi avevano demonizzato la «casta» dei politici, attribuendogli anche più colpe delle molte che ha. Adesso la protesta pare spostarsi contro le élites in generale; forse facendo tirare un sospiro di sollievo ai politici, mal comune mezzo gaudio. Le banche italiane hanno colpe modeste, e la Banca d’Italia proprio nessuna, perché anzi le ha tenute assai bene sotto controllo; ma tant’è, fa comodo alzare il tiro, alla Lega per cercar voti stando all’opposizione, all’estrema sinistra per fabbricarsi un nuovo nemico una volta che Berlusconi non è più a Palazzo Chigi.
In realtà molti dei ragazzi ieri in piazza erano tutt’altro che mal disposti verso il governo Monti; la corsa al rialzo ideologico è solo di una frazione più ideologizzata. Tuttavia è di tanti il malessere, tra gli elettori di destra come di sinistra. L’instabilità della finanza fa sentire in potere di qualcosa che non si conosce; così si immaginano complotti. Il guaio è che nei movimenti dei mercati non si nascondono né i complotti immaginati dai populisti né la razionalità spietata ma efficiente che gli attribuiscono certe élites. Ci sono invece paure, scommesse disinformate, sbandamenti gregari di una miriade di operatori sparsi per il pianeta. Dovrebbero riuscire i governi del mondo a tenerli a freno. Non può certo riuscirci il governo italiano da solo; e però l’Italia è un Paese più fragile dagli altri, dove le tensioni del mondo sembrano concentrarsi. Cerchiamo almeno di non rinfacciarci tra noi colpe che stanno altrove.

Fonte: La Stampa del 18 novembre 2011

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