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L’incertezza della Ue “L’Italia rispetti le regole”

Nessun giudizio causa troppa confusione. “Possono cambiare i fattori, ma non il prodotto”. Tremonti: non va stravolta. Bruxelles è con lui
L’esame della manovra di ferragosto non è finito. Anzi, quasi non è cominciato, e ora è certamente sospeso. «In effetti, l’analisi è ferma da giorni», ammette una fonte europea tirando le somme d’un agosto intenso per i servizi della Commissione Ue, settimane che hanno visto l’Eurozona alla prova della speculazione impazzita, costretta a gestire manovre correttive nazionali spesso confuse e tentativi anche maldestri di calmare i mercati. Sulle polemiche romane le voci ufficiali tacciono, è consolidata l’abitudine di «non intervenire nei dibattiti politici interni agli stati membri». Nei corridoi le facce sono però preoccupate. «Se saltano gli obiettivi del decreto – si commenta a voce bassa -, è ovvio che bisognerà rinegoziare tutto il pacchetto».
Giulio Tremonti ne è consapevole. Dal Tesoro l’apprensione per l’equilibrio fragile dei rapporti con Bruxelles è cominciata a filtrare venerdì, ventiquattro ore prima che l’uomo di via XX Settembre l’esprimesse al Meeting di Rimini. Dicono le fonti europee che i contatti fra gli uomini del commissario Olli Rehn e i tecnici del ministero dell’Economia sono costanti. C’è persino un tono comprensivo quando nella capitale europea chiedono «e allora?» e in riva al Tevere non riescono ad opporre altro se non «un ci stiamo lavorando» che trasuda incertezza. Gli uni vorrebbero sapere, gli altri vorrebbero dire. Chiaro che la battaglia, in queste ore, è altrove ed è pura politica.
Il 14 agosto una dichiarazione del portavoce della Commissione Ue aveva permesso di dire che la manovra bis varata due giorni prima aveva il consenso dell’Europa. Sintesi politica ad uso interno, certamente, perché Bruxelles «accoglieva con favore» il provvedimento, chiedendo al contempo «di cercare un ampio consenso sulle riforme anche per assicurarne la rapida approvazione del Parlamento». Una promozione? Non proprio. La fonte ufficiale sottolineava di essere «in attesa di conoscere i dettagli del pacchetto approvato e maggiori informazioni sulle singole misure». Senza questi, impossibile dare una valutazione appropriata.
Nel mezzo del freddo agosto bruxellese, gli uomini di Rehn hanno cominciato a studiare il profilo della strategia varata dal Consiglio dei ministri del 12, sfruttando le informazioni che Roma si è premurata di far loro avere. Poi, si racconta adesso, «abbiamo molto semplicemente smesso». Troppo difficile orientarsi, circostanza giustificabile del resto, visto che a poche ore dalla chiusura dei termini per gli emendamenti, a Palazzo Chigi sa prevedere come andrà a finire. Figuriamoci a Palazzo Berlaymont.
«Riguardate la dichiarazione del 14», è l’invito di un alto funzionario dell’Ue: «E’ un naturale e giusto segnale di incoraggiamento, certo non una promozione che non poteva esserci». I numeri annunciati in conferenza stampa da Berlusconi, si tiene comunque a precisare, erano più che buoni, a partire dall’obiettivo del pareggio già nel 2013. Segnali che potevano togliere l’Italia dal mirino dei mercati e alleggerire l’euro. Per questo «l’abbiamo accolta con favore». Un buon punto per il governo. Anche l’ultimo, per il momento.
Correggere la manovra, è il mantra di Tremonti, «non significa stravolgerla, perché questo la rispedirebbe in Europa per una nuova valutazione». A Bruxelles annuiscono, glissando anche sul concetto di «nuova valutazione» di cui comprendono la natura politica. «L’Italia non è commissariata – assicura una fonte a conoscenza del dossier -. Deve solo rispettare delle regole che lei stessa ha contribuito a definire. Può farlo come ritiene: può cambiare i fattori, ma non il prodotto». Inevitabili sarebbero le conseguenze di uno sforamento. Bisognerebbe rifare tutto e non conviene a nessuno. Così Rehn è i suoi aspettano pronti ad un giudizio rapido. Sperando, pure loro, che possa anche essere positivo. L’effetto sui mercati di un rinvio o di una bocciatura potrebbe essere devastante.

Fonte: La Stampa del 29 agosto 2011

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