di Paolo Savona
Il mercato mugugna apertamente perché la Fed rinvia ancora l’aumento dei tassi dell’interesse, così pure le banche che si lamentano perché a questi tassi non possono guadagnare e quindi neanche correre rischi per finanziare le imprese. Gli unici che gongolano sono i governi che collocano i titoli a breve a tassi negativi e gli altri a basso costo e con i risparmi possono aumentare la spesa pubblica che porta consensi.
Il risparmiatore invece mugugna in silenzio, quando lo fa, perché vede annullarsi i rendimenti dei suoi investimenti senza poterli compensare con l’aumento delle quotazioni delle attività finanziarie, anzi con perdite sulla componente obbligazionaria, in genere prevalente nel suo portafoglio; ma soprattutto trema per il futuro dei suoi risparmi perché non vede chiaro che fine faranno. Ancor più dovrebbero temere, se capissero, i pensionati e pensionabili, soprattutto quelli che sono associati a fondi indipendenti o volontari, che sono alla canna del gas perché i rendimenti prima o dopo non consentiranno di pagare le pensioni.
Qualcosa non va nel Quantitative Easing con tassi ufficiali prossimi allo zero, una politica monetaria che venne accolta con molto entusiasmo nelle due sponde dell’Atlantico.
Per chi ha studiato nei vecchi manuali impolverati, l’eutanasia del rentier – tra cui coloro che sono entrati nel Club oggetto di appettiti mettendo i propri risparmi e le vedove e agli orfani a cui Keynes si riferiva – era un sacrificio che veniva richiesto a questa categoria per consentire la ripresa produttiva sulla base dell’ipotesi che avrebbe comportato benefici sociali per tutti. Ora è un sacrificio e basta. Infatti è senza contropartita, almeno in Europa, dove l’immissione di base monetaria avviene attraverso due canali, quello dell’acquisto di titoli di Stato già in circolazione senza nessun vantaggio per il rilancio degli investimenti pubblici necessari e quello del finanziamento alle banche, che non hanno convenienza a correre i rischi di impresa perché i margini di interesse e la bassa crescita della domanda non lo consentono.
Nel recente passato i manager bancari si sono vantati e ancora si vantano d’aver guadagnato bene senza tenere conto che la loro è l’unica industria che non paga la materia prima che usa, cioè i depositi, anzi si fa pagare per poterci guadagnare. Una pacchia: il silenzio di questi utili sarebbe un atto minimo di rispetto verso chi patisce l’eutanasia (senza parlare in questa sede dei rischi del c.d. “bail in”).
Negli Stati Uniti il Quantitative Easing ha dato i soldi direttamente alle imprese, anche edili, per consentire di riprendersi in fretta e bene, nonché allo Stato per superare la crisi di molti settori. Là, l’eutanasia del risparmiatore ha avuto contropartite tangibili, ma ha creato una dipendenza della crescita non solo reale, ma anche (forse soprattutto) finanziaria, che va creando esitazioni nelle scelte della Fed, con i mugugni sopra ricordati. La BCE di Draghi non ha voluto, forse non ha potuto finanziare le imprese edili e il Piano Junker, che sarebbe stata la destinazione naturale dei nuovi fondi elargiti, evitando la dipendenza della crescita europea dalla sua politica; ma insiste nel vantarsi che la piccola ripresa – che è dovuta al deprezzamento dell’euro e al basso costo del petrolio, nonché alla reazione efficientista delle imprese in difficoltà – è merito del suo QE, infilandosi, almeno sul piano della logica economica, nella situazione in cui si trova la Yellen alla Fed.
La realtà è che le banche centrali dovevano sottrarsi al trasferimento della responsabilità di governare la crescita reale da parte dei Governi, invece di fiancheggiare la loro politica fiscale in una direzione espansiva (Stati Uniti e Giappone) o nell’altra restrittiva (Unione Europea). Il mondo è nuovamente in un bel pasticcio. Gli storici avranno un gran da fare per spiegarlo.
Ma è giunto il momento di prestare attenzione al risparmiatore, sacrificato e deriso, perché se si vuole tornare a un migliore equilibrio fiscale, con meno assistenza pubblica, e a un equilibrio monetario, con minori preoccupazioni di ciò che avverrebbe se si tornasse a una gestione più ortodossa, dobbiamo chiedere a questa categoria sociale di assumersi parte delle responsabilità, provvedendo per suo conto al proprio futuro. Ma allora si finisca con praticare l’eutanasia.
Da queste colonne ho già richiamato l’importanza del rispetto della teoria del ciclo vitale del Nobel Franco Modigliani, secondo cui uno risparmia nel corso della sua vita produttiva e consuma la ricchezza accumulata quando cessa la sua attività lavorativa. Se lo Stato si sostituisce, come si è sostituito in Italia, nel godere del beneficio atteso dai propri risparmi facendo pagare più tasse sul risparmio e su altri cespiti oltre i suoi redditi annui e se le banche centrali spostano con tassi nulli le rendite di questi risparmi a favore di banche, Stato e imprese beneficiarie, non solo si accrescono le ingiustizie sociali, ma si rende più difficile il ritorno a una situazione in cui i mercati si reggono da se stessi. Quando parleremo seriamente di ciò, verrà mosso il primo passo verso la crescita non effimera del reddito e dell’occupazione.
Fonte: Milano Finanza 31 ottobre 2015