• sabato , 23 Novembre 2024

L’eurospariglio di Monti

Considerazioni sul vertice di Strasburgo. L’Italia cambia gli assetti, ma senza risanamento non funziona nulla.
Ieri a Strasburgo, il nuovo trio italofrancotedesco ha dato una mano di nuovo all’agenda europea. Non risolutiva. Ma c’è qualcosa di diverso nel motore che magari riesce ad aiutare.
La Merkel ha convinto i suoi due sodali che serve una Unione fiscale, cioè un approfondimento dell’integrazione legata alla moneta unica, con sanzioni automatiche per chi sgarra.
I tre si sono accordati sull’esigenza di presentare una proposta in materia al vertice Ue dell’8-9 dicembre.
La Germania sottolinea che questo non vuol dire che la Bce debba intervenire a comando per comprare titoli di stato come vorrebbero i mercati (e la Francia). I mercato sono rimasti delusi, ma sbagliavano a illudersi.
La Francia ha ottenuto che Berlino non opporrà veto agli interventi della Bce anche se lei si impegna a non chiederli. Mario Draghi sarà contento della confermata indipendenza.
Resta il “no” tedesco ai necessari eurobond. Ma è per oggi non per dopodomani.
Risultati?
Tutto questo andrebbe bene se non ci fosse tempesta sui mercati. Nessuna di queste misure contribuisce infatti a mettere fuori gioco la speculazione. Oltretutto l’ipotesi di riaprire i Trattati costringere a ritirare in ballo la consumata minaccia del vaso di Pandora. Nelle attuali condizioni, è il classico caso in cui si sa soltanto dove si comincia. I risultati e i tempi sono incerti.
La risposta immediata alla crisi è la combinazione fra risanamento severo (in Italia, Francia, Iberici, Grecia e anche in Belgio e Germania!) e l’adozione rapida – e il pieno rispetto – di tutte le regole che l’Ue ha già disegnato (sono un ottimo inizio). Nessun piano futuro dai contorni incerti potrà sostituire questi due elementi.
L’Italia di Monti ha un’apertura di credito formidabile. Ora deve meritarsela facendo subito e bene i compiti a casa. Le conviene per due motivi: può salvare l’economia e può restare a testa alta in quello che in altri tempi sarebbe stato chiamato un direttorio a tre.
E’ una circostanza cruciale che conviene anche all’Europa. Finché Sarkò e Angela lavoravano a due, non c’era possibilità di minoranza. Il dissidio diveniva scontro. Con tre persone al tavolo, esiste la possibilità di finire due a uno, come è successo ieri sulla richiesta francese di interventi della Bce. Monti e Merkel hanno messo in minoranza il francese e chiuso il caso. Roma è l’elemento che spariglia.
Nel suo piccolo, un buon segno. Tutti d’accordo che serve più Europa. Che occorrono nuovi strumenti. Se solo servisse a cambiare passo, potremmo anche sperare di farcela.

Fonte: La Stampa del 25 novembre 2011

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