• domenica , 8 Settembre 2024

L’Europa da al Cav.l’ultima chance di fare le riforme che servono al paese

Il Cavaliere è riuscito a trasformare un passaggio estremamente difficile in un’opportunità di ripresa per l’azione del Governo e della maggioranza. Per alcuni giorni l’esecutivo ha camminato sul crinale della crisi, dopo l’ultimatum, improvviso ed inatteso, da parte dell’Unione europea. La maggioranza si è di nuovo infilata nel tormentone delle pensioni, in un braccio di ferro che ha contrapposto il PdL alla Lega Nord, decisa a salvaguardare i trattamenti di anzianità, che in larga misura sono erogati nelle regioni settentrionali, dove i lavoratori sono in grado di far valere maggiore stabilità e continuità lavorativa e, quindi, i requisiti contributivi richiesti, in età inferiore a quella necessaria per la vecchiaia. La marcia indietro è stata un errore, ma non si poteva fare una crisi di governo su questo tema, nonostante la sua importanza.
Poi è venuta l’idea della lettera d’intenti, in cui è stato esposto un programma che il Consiglio europeo non poteva non valutare positivamente, sia pure con riserva, perché i suoi contenuti sono perfettamente in sintonia con le indicazioni della Ue, come riassunte, all’inizio di agosto, anche nella lettera della Bce. La lettera di intenti ha assunto, poi, ulteriore valore perché il Consiglio dei capi di Stato e di governo non si è limitato ad una presa d’atto, ma, nel comunicato finale, ha voluto ribadire in modo dettagliato gli impegni che il nostro Paese è tenuto a rispettare, secondo un preciso calendario sottoposto ad un severo monitoraggio europeo. In sostanza, se Berlusconi ha bleffato al solo scopo di guadagnare qualche settimana per arrivare, così, alla fine dell’anno e portare il Paese alle elezioni in primavera, il Consiglio andrà a vedere il suo gioco, al punto di esigere il rispetto degli impegni assunti anche da un eventuale nuovo governo, espressione di una diversa maggioranza.
In sostanza, se non interverranno incidenti parlamentari e se un avvitamento della crisi non creerà improvvise imboscate al Governo – ambedue queste eventualità sono sempre dietro l’angolo – il Cavaliere ha buone possibilità di sventare ciò che teme di più nel caso di una caduta prossima dell’esecutivo: il varo di un governo tecnico o istituzionale che porti il Paese alle elezioni.
In verità, dopo la presentazione della lettera di intenti e la risposta della Ue, l’attuale Governo si è caricato sulle spalle, un po’ per celia un po’ per non morir, la linea di condotta, improntata al rigore e al risanamento, che sarebbe richiesta ad un esecutivo di alto profilo istituzionale. Ha trovato un programma di fine legislatura che gli consente di non vivacchiare; se poi il Governo non sarà in grado di andare avanti, la lettera di intenti potrebbe essere un ottimo programma elettorale, all’insegna di uno slogan riassuntivo molto efficace: . Tanto più che le opposizioni di sinistra sono costrette a prendere le distanze dalle scelte strategiche e dalle politiche dell’Unione e a scivolare, piano piano, lungo la china di una sindrome greca.
Mentre la maggioranza di centro destra si è ricompattata, a sinistra non basta più l’antiberlusconismo a cementare un’alleanza che, una volta arrivata al potere, non sarebbe in grado, per profondi dissensi interni, di governare in sintonia con l’Europa. Anche le Cancellerie dei Paesi più importanti si sono accorte che, dopo Berlusconi, si aprirebbe una prospettiva di grande incertezza: in pratica, l’Italia (il cui crollo potrebbe coinvolgere l’intera Unione) passerebbe dalla padella alla brace.
Certo, Berlusconi può anche credere che la vita vera sia quella che si svolge sugli schermi televisivi dove basta raccontare le cose anche senza portarle a compimento. Ma nella realtà le regole sono diverse. Il Governo del non può cavarsela portando in massa, alla Camera, dal martedì al giovedì, ministri, vice ministri e sottosegretari a votare mozioni su argomenti più disparati e a ratificare, a raffica, trattati internazionali in archivio da anni. Bisognerà pure che il decreto sviluppo – promessa incauta agli italiani – prenda forma e sostanza, al più presto e nel migliore dei modi possibili. Intanto, si è riaperto il fronte dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. La revisione della disciplina del licenziamento individuale deve diventare la bandiera della nuova fase politica. Costi quel che costi.
P.S. di martedì 1 novembre
Purtroppo la mia rubrica di ieri era troppo influenzata dall’ottimismo della volontà. La giornata e’ stata molto difficile, non tanto per l’andamento delle Borse, quanto piuttosto per l’avvitamento nella crisi dei nostri titoli di Stato. L’anno prossimo verranno a scadenza titoli per alcune centinaia di miliardi. Se saremo costretti a rinnovarli con gli attuali tassi di interesse l’economia del Paese sara’ impiccata per anni ad un servizio del debito ai limiti della sostenibilita’. Fino ad ora i nostri tentativi di uscire dai vortici della crisi vengono approvati in sede politica, ma bocciati dai mercati. Sono bastati pochi mesi per arrivare a questo punto. Sara’ in grado l’attuale governo di reggere un’altra stretta sui conti pubblici?

Fonte: Occidentale del 31 ottobre 2011

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