AMMESSO che ce ne fosse ancora bisogno, la confusione che si è determinata a Bruxelles in sede di esame dei provvedimenti a favore dei Paesi in difficoltà finanziarie del bilancio comunitario conferma che, a prescindere dalla bontà delle soluzioni trovate, le diversità di opinione aumentano le tensioni di mercato e l’euro ne fa le spese. Nessun marchingegno finanziario europeo potrà colmare l’assenza di credibilità dovuta a una moneta fiduciaria priva di scettro e di spada, ossia che non promani da un’unione politica vera e propria. I Paesi membri più riottosi alla nascita dell’Europa politica implicita nel-l’euro non si vogliono rendere conto che, quanto più inaspriscono le regole di governo della finanza pubblica “per salvare l’euro”, tanto più accrescono le divergenze intracomunitariene i sospetti del mercato sulla sostenibilità del sistema monetario europeo. Eppure si continua nel tentativo di afferrare il problema perla coda e non perla testa, con un realismo del tutto fuori luogo.
La situazione in cui versa l’Unione Europea e, al suo interno, l’euroarea cade in una confusione ancora più ampia, quella in cui si dibattono l’assetto monetario internazionale e gli scambi mondiali, che registrano analoghe profonde divergenze tra i paesi leader. Chi chiede di operare sui prezzi (ossia sui cambi), chi sulle quantità (attraverso la spesa pubblica) e chi sulle regole amministrative (come il limite ai surplus); di fatto però l’aggiustamento principale non avviene né sui cambi, né sulla spesa pubblica, né sulle regole, ma su una quantità peculiare: la disoccupazione. Soprattutto in Europa. Nessun sistema moderno regge alla lunga in queste condi- zioni, ancora meno se è un sistema politico zoppo. Perché stupirsi se Van Rompuy, il presidente dell’Unione, dice che la mancata soluzione del problema dei debiti pubblici mette “a rischio l’UE”. È anche vero che non pub esservi fondo di stabilizzazione finanziaria sottoposto a regole di attuazione rigorose per aggirare i vincoli europei di intervento e gli atteggiamenti di paesi come la Germania e l’Olanda che possa frenare gli attacchi speculativi contro una moneta priva di scudo politico protettivo, ossia dagli strumenti scettro e spada che attribuiscono legittimità e forza alle monete fiduciarie. Se l’Irlanda si astiene dal formulare una richiesta di intervento perché rifiuta la solidarietà “pelosa” dell’Unione, ossia quella che pretende di imporre ulteriori vincoli all’esercizio ‘della sovranità nazionale, non fa che sottolineare quale sia il problema dell’euro e dell’Europa. L’euro ha oscillato in poco tempo da valori che sfioravano 1,60 dollari ad altri intorno a 1,20, con gran gaudio delle imprese esportatrici e sollievo per il saggio di sviluppo italiano. Poi è risalito a 1,30 e le imprese sono tornate in affanno; ora si è nuovamente deprezzato in una settimana di 6 punti percentuali, creando soddisfazione del tutto fuori luogo. Le radici di queste oscillazioni non sono reali, ma devono essere ricercate nelle politiche americane che toccano il dollaro e nelle esitazioni dell’Europa di procedere unita. Con queste oscillazioni, come pub un’impresa che opera sui mercati internazionali programmare la sua attività produttiva?
Concordo con il Ministro Tremonti, invero andando con lui controcorrente, che l’economia italiana non è al collasso e che il problema principale è il debito pubblico, che offre il fianco al contagio di analoghe crisi, come quella dell’Irlanda e del Portogallo. Ma se così è, perché non si trova una soluzione al duplice problema: quella più ardua di pervenire a un’unione politica europea mettendo in mora chi non la vuole e quella più a portata di mano di cedere il patrimonio pubblico per cancellare parte del debito e mettere in sicurezza il rimanente. Non credo che aumentare i vincoli europeo sulla fmanza pubblica sia la risposta corretta. Vogliamo forse attendere che accadano tragici eventi per convincersi ad agire?
L’euro senza scettro e spada
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