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L’eura della verità

In tre settimane si giocano anni di futuro.Trattenete il respiro.
Prendete il calendario e segnatelo con una matita. Minimo una settimana, massimo tre, l’Europa sarà più forte o rischierà di non di essere. Dopo quattro anni di crisi finanziaria, tre di congiuntura asfittica se non recessiva, e quasi due di tragedia greca, per l’Ue è arrivato il tempo di giocarsi tutto. «E’ il momento della verità – fa sapere il commissario per l’Economia, Olli Rehn -. L’ultima chance per evitare il tracollo».
Le scadenze si accavallano. Solo la sera del 18 ottobre, alla fine di due giorni di vertice dei capi di stato e di governo dell’Unione, si potranno tirare tutte le somme. Salvo colpi di scena sempre possibili, sarà allora possibile capire se finalmente l’Eurozona ha deciso di diventare grande abbastanza per mettere a tacere i mercati che la minacciano. Si annunciano lunghe giornate sulle montagne russe. E la corsa comincia questa mattina.
Oggi la Slovenia è il sesto paese (su 17) chiamato a votare sulle intese del 21 luglio, ovvero sulle decisioni con cui i leader di Eurolandia hanno deciso un piano di salvataggio-bis da 110 miliardi per la Grecia e il rafforzamento dello strumento salvastati (Efsf). Con fatica si è scelto di ampliare la sua capacità di garanzia a tutti i 440 miliardi previsti, stabilendo che possa sanare i paesi in difficoltà, le loro banche, e pure comprare bond «usati» sul mercato, come sta facendo la Bce da agosto. E’ una delle prove che l’Ue «farà tutto per garantire la stabilità dell’euro», frase solenne che alimenta anche il dibattito su un innalzamento della dote dell’Efsf che alcuni, sopratutto fuori Europa, vorrebbero vedere più alta possibile.
Detto che a Lubiana dovrebbe andare liscia, domani tocca a Helsinki, dove il governo è agitato da una componente nazionalista di «veri finlandesi» che non vorrebbe ricevute di debiti non suoi. E’ una partita tesa, non impossibile. L’esito si avrà nelle stesse ore in cui il presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, pronuncerà il “Discorso sullo stato dell’Unione”. Ci si attende che butti il cuore oltre l’ostacolo, si schieri con forza per una governance ancora più ambiziosa e stretta, per una tassa sulle transazioni finanziare, per un Efsf più dotato. Lo farà a Strasburgo, subito prima che l’Europarlamento si pronunci sul «Six Pack», le sei misure che rafforzano il coordinamento e la vigilanza controllo sulle politiche di bilancio con sanzioni semiautomatiche per chi sfora con deficit e debito (l’Italia, ad esempio). La vigilia è di suspense. Ma se passa, configurerà il rilancio dell’Unione monetaria, finalmente forte di governo congiunto oltre che di una valuta comune.
Giovedì sarà il Bundestag a esprimersi sull’accordo del 21 luglio. A Berlino la politica è divisa trasversalmente, c’è l’anima weimariana di chi odia accumulare debito, sopratutto per pagare i conti degli altri, e quella europeista di quanti sanno bene che siamo tutti sulla stessa barca. Frau Merkel, a lungo incerta, pare aver capito che se la Germania dice «no» crolla tutto il castello. E che se opta per il «si», gli altri seguiranno e il nuovo Efsf potrebbe essere operativo in un mese, come auspicano gli uomini di buona volontà.
Si attende poi che a fine settimana la troika Ue-Fmi-Bce vada ad Atene e misuri la temperatura reale del debito greco. Serve il suo via libera tecnico per erogare gli 8 miliardi di cui il premier Papandreu ha bisogno entro il 19 ottobre per evitare l’insolvenza. Il che conduce al vertice del 17-18, convocato anche in formazione Eurogruppo, per vedere cosa c’è nella bisaccia e, se sarà il caso, cercare di andare oltre, con una governance ancora più forte e un fondo anticrac sempre più ricco e solido.
Riassumiamo. Se tutto va bene, Atene privatizzerà, avrà di che pagare i suoi debiti, potrà contare su 150 miliardi per i prossimi tre anni. I principali paesi dell’Eurozona avranno battezzato il super Efsf, la governance dell’euro sarà compiuta, e ci saranno cantieri per non fermarsi qui. Si potrà insomma dire che la lezione della crisi è stata imparata, che davvero «è stato fatto il possibile» per Eurolandia, così magari i mercati dovranno ragionare sulle reali possibilità di spuntarla. Se però anche una sola di queste tessere non andrà a posto, l’Europa scivolerà verso un possibile tracollo. Conviene trattenere il respiro, almeno metaforicamente. In tre settimane si giocano anni di futuro.

Fonte: La Stampa del 27 settembre 2011

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