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Lettonia! Cosi’ Eurolandia fa 18

Oggi la Commissione dà il via libera all’ingresso di Riga nel club dell’euro. Decisione operativa da inizio 2014. Un messaggio per gli euroscettici..
Avviso agli euroscettici. La Lettonia sarà il diciottesimo Paese ad entrare nella zona euro, con ogni probabilità già dal prossimo gennaio. Oggi arriva il via libera della Commissione Ue, che presenterà la sua raccomandazione dopo aver verificato il rispetto dei parametri richiesti per l’accesso a Eurolandia, cioè inflazione, debito, deficit e tasso di cambio stabile.
Riga ha già affrontato un programma di risanamento, uno dei più duri imposti da Bruxelles, dopo che la crisi del 2008-2009 ha polverizzato un quinto del suo pil. E il piano ha dato i suoi frutti, visto che anche la Bce ha pronto un rapporto che accende il semaforo verde.
L’ultima parola spetta comunque ai leader dell’Ue, che la pronunceranno al vertice di giugno. Anche il Parlamento deve essere consultato (ma il suo parere non è vincolante), mentre l’accesso sarà formalizzato a luglio dall’Ecofin.
Il lat è ancorato dall’euro dal 2005. In questo lasso di tempo, la repubblica baltica ha compiuto ampi progressi. Secondo le stime della Commissione, avrà un rapporto debito pil del 44,4% nel 2013 e un deficit/pil a 1,1%. Dopo essere crescita del 5,8% nel 2012, quest’anno dovrebbe fermarsi al 3,8.
I sondaggi dicono che due terzi della popolazione è contraria all’euro ma il governo di centrodestra di Valdis Dombrovskis ha deciso di non ascoltarli. E’ un segnale di sostegno per Eurolandia, purtroppo l’unico per adesso sul fronte allargamento. Anche Polonia e Cechia pensano di entrare, infatti. Però con una fretta sempre decrescente.
Ai primi di marzo, La Stampa in versione Straneuropa ha incontrato il premier lettone. Ecco come è andata..
Appena rientrato dall’ennesimo colloquio tecnico con la Commissione Ue, Valdis Dombrovskis siede nella lobby del suo albergo e subito assicura che va tutto bene, «avanziamo secondo il piano». La Lettonia, il paese di cui è primo ministro, vuole scambiare il vecchio lats per l’euro dal primo gennaio. Non c’è crisi continentale o euroscetticismo che tengano per il leader del conservatore Nuova Era. «La crisi è stata finanziaria e poi economica – spiega -. Ha colpito i paesi che non hanno rispettato le regole. E’ successo anche a noi nel 2007-2010. Non eravamo nell’Eurozona, non può essere stata colpa dell’euro».
Classe 1971, Dombrovskis è laureato in Economia, ha insegnato anche in Germania e nel Maryland. A trentuno anni era ministro delle Finanze, quindi è stato all’Europarlamento, prima di diventare premier nel 2009. Ha risanato la Lettonia, oggi l’economia più veloce dell’Ue con un crescita del 5,2% (2012), nonostante la disoccupazione ancora alta e un sistema da regolare, sopratutto per quanto riguarda formazione e istruzione. Ora vuole essere il 18° socio dell’Eurozona. Dal 2014, se possibile.
Per i sondaggi il 60% dei lettoni è contro l’euro. Avete vinto di due voti in parlamento e avanzate lo stesso. Un rischio, no?
«Non è una novità. Il piano è li da che siamo entrati nell’Ue. Ora che rispettiamo i parametri abbiamo chiesto l’adesione. La maggioranza non è stata ridotta. Noi abbiamo 56 seggi su 100, i voti sono stati 52 per le assenze. Riflette le forze in campo».
E l’opinione pubblica?
«C’è dissenso, da tempo vede la parola “euro” accoppiata alla parola “crisi”. Ma la situazione sta migliorando».
Molti europei pensano che l’euro sia un trappola.
«E’ una moneta stabile, anche come valuta di riserva internazionale. Non le si può imputare la crisi».
Teme un referendum?
«Si è parlato di un referendum chiesto dall’opposizione, ma adesso credo che le possibilità siano scarse. Noi non intendiamo convocarlo perché abbiamo già consultato il popolo nel 2003 prima dell’adesione all’Ue, passo che comportava l’inevitabilità di un accesso all’Eurozona. E poi non ci sarebbe il tempo».
Starete coi falchi rigoristi o con chi vuole meno austerity?
«Saremo cittadini responsabili nel’eurozona. Vuol dire che rispetteremo gli impegni e ci aspettiamo che gli altri facciano lo stesso. C’è bisogno di austerità e di solidarietà, noi le abbiamo vissute entrambe. Siamo usciti dalla crisi con un aiuto internazionale. Abbiamo centrato i nostri obiettivi di bilancio e macroeconomici, così abbiamo siamo tornati a crescere».
Rigore e sviluppo insieme, dunque?
«Non c’è contraddizione. Gli aggiustamenti del bilancio fanno riguadagnare la fiducia dei mercati e facilitano la stabilità finanziaria che è requisito per la ripresa. Gli stimolo economico in parallelo al consolidamento chiude il cerchio».
Basta per evitare lo scontro tra Nord e Sud?«Le cose cambiano, non enfatizzerei il caso. Dieci anni fa era la Germania il malato dell’Europa, poi è toccato all’Est, ora al Sud. Fra cinque anni, l’evoluzione potrebbe essere ancora differente».
Pensa che la Germania sia troppo pesante in Europa?«Non bisogna esagerare. E’ l’economia più grande, il primo contributore al bilancio Ue, per questo ha molta influenza. Il modo tedesco di usare la sua influenza è molto responsabile. Abbiamo visto anche in mese recenti che non è sempre la Germania ad animare il dibatto. C’è anche la Francia o il Regno unito..»
L’Eurozona è una scelta politica o economica?
«Sopratutto economica. Andiamo verso un’Europa a due velocità. Non ci entusiasma, ma è così. Ci sono paesi che lavorano in cooperazione più stretta e altri che restano indietro. La Lettonia vuole essere nel nucleo centrale che, a quanto pare, sarà costruito intorno all’Eurozona».
E’ anche un modo per allontanare il passato e la Russia?
«E’ un aspetto che può essere considerato. Dall’indipendenza il nostro obiettivo strategico è stato il mondo occidentale, l’Ue e la Nato. L’Eurozona è il naturale tassello successivo».

Fonte: La Stampa del 5 giugno 2013

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