BANCHE E AZIONISTI LA «PADANIA» ALL’ ATTACCO DELL’ ISTITUTO. POI BOSSI FRENA:I SOCI DI TRIPOLI NON MI PREOCCUPANO
Da Via Nazionale monitoraggio sulla governance di Piazza Cordusio
L’ avvertimento è arrivato a Piazza Cordusio direttamente da Palazzo Koch all’ indomani dell’ annuncio del rafforzamento della compagine azionaria libica: Unicredit dovrà tenere costantemente informata la Banca d’ Italia sugli sviluppi dell’ ingresso nel capitale dei nuovi soci arabi. In particolare per quel che riguarda l’ eventuale impatto di tale operazione sulla governance del gruppo, cioè sulla sua struttura organizzativa e gestionale. La Vigilanza di via Nazionale nel suo richiamo è stata particolarmente netta su questo punto, visto che la normativa richiede a riguardo il rispetto di precise procedure di informazione e autorizzazione. Diverse da quelle relative all’ acquisizione di partecipazioni. Tant’ è che il gruppo guidato da Alessandro Profumo non ha informato neanche in via preventiva del successivo rafforzamento della rappresentanza dei soci libici che complessivamente ha superato il 7%. L’ obbligo di informazione e di richiesta di autorizzazione scatta infatti in questo caso, stando alle regole più recenti, al superamento della quota del 10%. Anche se poi questioni di cortesia istituzionale e di opportunità finiscono per suggerire la comunicazione dei fatti salienti all’ Autorità di vigilanza. La svolta araba della banca di Piazza Cordusio ha avuto un’ accelerata alla fine di giugno quando Aabar, società di investimento che fa capo alla famiglia reale di Abu Dhabi, ha comprato il 4,99% dei Unicredit per 1,8 miliardi di euro diventando così il primo azionista del gruppo superando d’ un soffio in altro investitore arabo, la Banca centrale libica col 4,98% che a sua volta precede la Fondazione Cariverona scesa al terzo posto col 4,84%. E’ poi di qualche giorno fa l’ annuncio dato alla Consob dalla Libyan Investments Authority di aver superato la quota del 2% (oltre la quale bisogna dare comunicazione al mercato) facendo così crescere l’ intera compagine libica attorno al 7%, precisamente al 7,055%. La notizia ha riacceso la protesta della Lega, intenzionata «a difendere», come ha detto a suo tempo il sindaco leghista di Verona Flavio Tosi «il patrimonio nazionale» rappresentato dalla Banca di Piazza Cordusio che però ormai ha tra il 50 ed il 60% di azionariato internazionale. La «Padania», il quotidiano che fa riferimento al partito di Umberto Bossi, ieri è uscito con un titolo a due pagine per denunciare la progressiva cessione di Unicredit agli Arabi, «all’ insaputa del Governo e della Banca d’ Italia». L’ istituto di via Nazionale «è stato tenuto all’ oscuro» e «non vi è traccia di alcuna informativa preliminare al Governo italiano» sull’ istituto di credito che il gruppo di Profumo intende aprire in Libia col vincolo «di destinare il 51% del proprio capitale a investitori locali del mondo arabo», scrive la «Padania». In serata il segretario della Lega Nord Umberto Bossi ha detto però di non essere preoccupato della presenza dello Stato libico nel capitale di Unicredit: «No – ha risposto a Ponte di Legno – ho visto di peggio con le banche. Le banche, sembrerà strano, ma funzionano a soldi: ha ragione chi ci mette i soldi». «Poi -continua – è chiaro che sarà Tremonti che dovrà dare un’ occhiatina, però sono cose private e le cose private. E quando si tratta di cose private è difficile imporre per legge dei limiti alle loro azioni». «C’ è la Costituzione -conclude Bossi- che dice che le cose private sono private e quindi decidono sulla base delle percentuali delle azioni». La primavera scorsa il segretario della Lega nord aveva affermato che il movimento avrebbe conquistato le grandi banche del Nord, in ossequio alla volontà popolare
Lente di Bankitalia sui libici in Unicredit
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