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Le teorie economiche dei padri della patria

«Economia è la formula nuova che ha assunto nel mondo la lotta tra il principio di emancipazione e quello di dispotismo». La definizione, che fa del pensiero economico e di ciò che siamo abituati a catalogare come «la scienza triste» una vera e propria bandiera di libertà appartiene a un grande economista italiano, Francesco Ferrara e fu pronunciata nel corso della «prolusione su importanza dell’economia politica e condizioni per coltivarla», a Torino, nel 1849, dove lo studioso era riparato in esilio, dopo la partecipazione ai moti del 1848 a Palermo.
Perché, come spiega Lilia Costabile, ordinario di economia all’università Federico II di Napoli e coordinatrice dell’Archivio storico della Società italiana degli economisti, «l’opzione liberista e federalista prevale prima dell’Unità d’Italia nell’elaborazione degli economisti risorgimentali siciliani. Liberismo e antidispotismo si intrecciano in maniera inestricabile, nel loro pensiero, ma spesso anche nella loro biografia: Francesco Ferrara, ad esempio, del liberismo economico fu il campione indiscusso, tanto nel periodo pre-unitario quanto dopo l’unificazione».
Ma, più in generale, se volete farvi un’idea più diretta e personale del contributo di pensiero degli economisti italiani sullo Stato Unitario, il loro apporto al processo di unificazione, riflessioni e proposte prospettate prima, durante e dopo l’unità, l’archivio storico degli economisti (in sigla Ase) può essere uno strumento davvero prezioso: basta un click all’indirizzo http://ase.signum.sns. it/ per approdare in questo archivio virtuale, che è una vera a propria mappa del tesoro delle carte degli economisti italiani.
Vi si può infatti trovare una straordinaria galleria di ritratti e una serie di biografie, oltre alla guida dei luoghi dove le carte sono custodite su tutto il territorio nazionale e anche all’estero. In una sola ricerca si può solo per fare un esempio ricostruire la mappa degli epistolari di Vilfredo Pareto da Sondrio a Napoli a Bologna a Milano a Pavia. Ma nell’archivio si trova spesso anche il “regesto” vale a dire il riassunto del contenuto delle carte.
Per restare al tema dell’Unità d’Italia, nell’Ase si possono rintracciare spunti su un esule napoletano che contribuì a formare l’opinione pubblica dei ceti colti piemontesi come Antonio Scialoja, stretto collaboratore del conte di Cavour nel programma di liberalizzazione dell’economia del Regno di Sardegna prima, poi ministro delle Finanze e successivamente della Pubblica istruzione nei governi dell’Italia unita negli anni Sessanta dell’Ottocento.
Oppure si può consultare un’ampia documentazione su Francesco Saverio Nitti e sulla sua riflessione «meridionalista» sugli effetti disomogenei delle politiche economiche dello Stato unitario. «Anche in Lombardia abbiamo avuto una scuola di economia di notevolissimo interesse, che attraversa con autori di prima grandezza l’arco di tempo tra il 1750 e il 1850» osserva Pierluigi Porta, ordinario di economia politica nella Facoltà di economia dell’Università di Milano- Bicocca «Tra gli altri, Cesare Beccaria e Pietro Verri nel Settecento e Melchiorre Gioja, Giandomenico Romagnosi e Carlo Cattaneo nell’Ottocento. Cattaneo, del resto, è forse il maggiore personaggio tra i grandi economisti del Risorgimento e l’anno in corso fornisce probabilmente una occasione unica per conoscere il suo pensiero economico accanto alla sua riflessione politica in senso federalista ed europeo».
Il catalogo dell’Ase dà ampia notizia e traccia visibile del Politecnico, la grande rivista creata da Cattaneo nel 1839 per ospitare gli studi «applicati alla prosperità e alla coltura sociale». L’ambizione – scrive Cattaneo – è quella di «appianare ai nostri concittadini con una raccolta periodica la più pronta cognizione di quella parte di vero che dalle ardue regioni della Scienza può facilmente condursi a fecondare il campo della Pratica, e crescere sussidio e conforto alla prosperità comune e alla convivenza civile».
Non manca, ovviamente, in questa carrellata ideale condotta attraverso le segnalazioni Ase, il contributo dell’Italia centrale. Qui, spiega Riccardo Faucci, ordinario di storia del pensiero economico a Pisa, due centri sono importanti: Bologna e Firenze. Nel primo, in particolare, opera Marco Minghetti (1818-1886), il ministro di Pio IX che si distacca da lui dopo il 1849, e che procede durante il decennio di preparazione a una intensa attività di studi economico-agrari che lo conducono, nel 1859, a pubblicare Dell’economia pubblica e delle sue attinenze colla morale e col diritto.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 16 marzo 2011

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