Nerio Alessandri, un signore cinquantenne nato in un paesino vicino Cesena, è l’ uomo che vent’ anni fa ha inventato la parola ‘wellness’ . Quella in uso fino allora, ‘fitness’ che vuol dire essere in forma, non gli bastava più, cercava un termine che rappresentasse quello che conta davvero, e cioè lo stare bene. Wellness ha conquistato il suo posto nel vocabolario globale e il business che c’ è sotto, con il marchio Technogym, la leadership del mercato mondiale. La scorsa settimana sulla base di un inusuale consenso trasversale gli è stato proposto di presiedere il Comitato Promotore per le Olimpiadi Roma 2020. Accetterà? «Un imprenditore ha una grande responsabilità nei confronti della sua azienda e del suo territorio, ma io tutti i giorni mi chiedo anche cosa posso fare per l’ Italia e questa è una grande opportunità per tutto il paese che richiede una grande coesione, un nuovo patriottismo. Ho qualche settimana per riflettere, e lo farò seriamente». Alessandri è una specie di piccolo Steve Jobs italiano. Come Jobs con la Apple ha collegato una tecnologia con uno stile, e poi tutte e due con una visione e, infine, tutte e tre con una missione. Jobs ci ha costruito un impero negli affari, nella percezione e nel gusto dei consumatori, arrivando con i suoi Mac, i suoi Ipod, Iphone e Ipad a influenzare i loro stili di vita. Alessandri, per ora almeno, ha costruito un piccolo regno, che ha una gran voglia di diventare grande. La nascita di Technogym è in pieno stile Silicon Valley: un garage e un ventenne designer con l’ ossessione dello sport e dello star bene. Ufficialmente il debutto è nel 1983, poi la progressiva conquista dei mercati fino a scalzare gli americani, che erano gli assoluti dominatori del settore e diventare il numero uno del mondo in quelli che, con un certo vezzo, a Cesena amano chiamare non ‘prodotti’ bensì ‘soluzioni’ per il wellness. Nel 2010 l’ azienda ha fatturato 350 milioni di euro, il 15 per cento in più del 2009 (anno segnato anche per loro dalla crisi degli investimenti in beni durevoli), e il target per il 2011 è 400 milioni. L’ obiettivo di Alessandri però è di arrivare a 2 o 3 miliardi di fatturato nei prossimi anni. «E mi chiedo dice se l’ Italia sia il contesto giusto per raggiungere rapidamente un obiettivo del genere». Perché? «Perché è lenta, è un sistema paese che ha una velocità più bassa degli altri e questo è un limite». Niente paura, non lascerà Cesena, tanto che lì sta investendo 60 milioni «nello stabilimento più bello d’ Italia». Superecologico, progettato dall’ archistar Antonio Citterio, in realtà Technogym Village, come è stato battezzato, è assai più che uno stabilimento. Dentro c’ è la produzione, c’ è il centro ricerche, ci sono laboratori dell’ Università di Bologna, ci sono strutture aperte al pubblico per spiegare la cultura del wellness. «Che ha tre componenti: un’ attività fisica regolare, che secondo l’ Organizzazione Mondiale per la Sanità riduce del 40 per cento alcuni tipi di tumore e del 50 per cento le malattie cardiovascolari; una alimentazione sana e un approccio positivo alla vita». Lavoreranno lì i circa mille dipendenti italiani del gruppo, impegnati nella produzione, nella ricerca e sviluppo, nel marketing e nella gestione, mentre gli altri mille sono in parte, 400, in uno stabilimento in Slovacchia, e il resto in 13 filiali commerciali dirette in altrettanti paesi del mondo. Alle quali si aggiungono 60 distributori esclusivi per coprire complessivamente i cento mercati nei quali Technogym è presente. Dall’ Italia Technogym quindi non se ne andrà, ma la sua casa è il mondo, visto che fuori dai confini realizza il 90 per cento del suo fatturato. «Siamo un’ azienda globale che deve tenere conto dei meccanismi del mercato. La logistica, per le macchine pesanti che noi produciamo, insieme ai dazi all’ importazione in molti paesi, incide sui costi per il 20 per cento. Il nostro prossimo passo sarà quindi di andare a produrre localmente per i nostri mercati principali. Vedremo di volta in volta se la soluzione migliore sarà l’ acquisizione di un’ azienda locale o un investimento ‘green field’ ». Nonostante la dimensione della sua azienda non sia in linea con gli standard delle multinazionali miliardarie del ristretto club del World Economic Forum, Alessandri è sbarcato anche a Davos nella categoria degli ‘industry shaper’ , di coloro cioè che creano delle tendenze che innovano interi settori produttivi. A Davos tuttavia non è andato solo per ascoltare. «Il Forum ha promosso la “Wellness Workplace Alliance” spiega una iniziativa da me proposta due anni fa alla quale hanno aderito 19 aziende del calibro di Coca Cola, Unilever, Johnson & Johnson, con l’ obiettivo di misurare qual è l’ impatto sui conti aziendali di una specifica politica finalizzata alla salute dei dipendenti. In base ad un programma elaborato da Boston Consulting Group stiamo monitorando 150 mila collaboratori di 11 aziende e confronteremo la loro produttività con altri per i quali non ci sono programmi di wellness dedicati. Alla fine sarà creato un protocollo sulle politiche aziendali consigliate per il wellness dei dipendenti, che il Forum lancerà in tutto il mondo. Intanto all’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite del prossimo settembre l’ Alliance sarà presentata come esempio del contributo privato all’ obiettivo comune della salute pubblica». Il successo dell’ iniziativa è assicurato, visto l’ aumento esponenziale che ha avuto negli Stati Uniti il costo delle polizze sanitarie che le aziende pagano per i loro dipendenti, e nella sessione che il Forum ha dedicato dal Workplace Wellness è già emerso che in termini di minori assenze per malattia e maggiore produttività per ogni dollaro (o euro) investito in wellness dei dipendenti ne tornano indietro 4. E’ un buon viatico. Nella materia Alessandri è diventato una specie di guru. Nel 2001 ha scritto il libro Wellness. Scegli di vivere bene, e nel 2007 ne ha curato un altro, Wellness Storia e Cultura del vivere bene (Sperling & Kupfer). Ha partecipato anche a un terzo, pubblicato in Cina, dal titolo Una vita di successo comincia con il wellness. E’ una sorta di ossessione diventata una missione: «Io porterei la cultura del wellness dappertutto. Star bene è fondamentale per la qualità della vita delle persone, per la qualità del lavoro, delle città, dei conti privati e anche di quelli pubblici». Tra i suoi mille progetti c’ è la trasformazione della Romagna in una ‘Wellness Valley’ . Con la sua Wellness Foundation nel 2002 ha lanciato questo progetto che coinvolge comuni, Regione e Asl, università, tutto il sistema termale e turistico, aziende e privati per fare della sua terra la regione del benessere. Le iniziative vanno da programmi di educazione nelle scuole alla sensibilizzazione degli enti locali e degli altri soggetti. Con alcuni effetti concreti, dai programmi di attività fisica per gli anziani nei parchi al progetto ‘non prendere l’ ascensore, sali le scale’ del comune di Cesena a mille altre iniziative in tutta l’ area. «Il primo risultato è che nella classifica 2009 delle province italiane in base al Bil (benessere interno lordo), lanciato dal premio Nobel Joseph Stiglitz, la prima è CesenaForlì, la seconda è Ravenna, la settima Rimini. Segno che siamo sulla buona strada». L’ azienda ha già settorializzato il suo business in tre aree: quella tradizionale, ovvero le palestre; quella salute rappresentata dagli ospedali, dai centri di riabilitazione e dalle strutture per le aziende; quella privata e dell’ ospitalità per gli alberghi e le abitazioni. Ma soprattutto ha reimpostato la sua filosofia: in quel passaggio da ‘prodotti’ a ‘soluzioni’ c’ è dentro una piccola rivoluzione. Technogym infatti non vende solo raffinate macchine, ma anche la progettazione personalizzata di palestre e spa, software di gestione (elaborati dalla sua società My Wellness), la formazione del personale dai gestori dei club ai personal trainer nei suoi Wellness Institute, programmi personalizzati di allenamento fino a personal trainer per servizio a domicilio, via telefono o via internet. Un mondo appunto, che ruota tutto intorno alla parola chiave inventata vent’ anni fa: wellness. Per Alessandri però tutto questo non basta, ed è partito alla conquista di settori contigui. Il primo passo è stato l’ acquisto del 35 per cento della Enervit e una quota di Starpool che progetta e realizza saune e spa. L’ impressione è che siamo solo all’ inizio, per arrivare a 2 o 3 miliardi di fatturato in pochi anni però la strategia è già definita: «Abbiamo un marchio forte e globalmente riconosciuto, non ne aggiungeremo altri. Quello che intendiamo fare è estendere il brand e conquistare il pubblico dei consumatori che oggi rappresentano solo il 10 per cento del nostro fatturato». Missione resa relativamente più facile dal fatto che Technogym, oltre ad aver fornito con i suoi macchinari tutte le Olimpiadi dal 2000 ad oggi (e fornirà anche Londra 2012), ha firmato la palestra di Google a Cupertino, quella della Ferrari a Maranello, quelle di Milan, Inter, Juventus, Liverpool, Real Madrid, Chelsea e ha tra i cuoi clienti Madonna e Gorge Clooney, Rafa Nadal e Warren Buffet. La quotazione in Borsa per ora rimane sullo sfondo, anche se i numeri ci sarebbero già e la governance è serratissima. «Abbiamo costruito un sistema di pratiche, dal commerciale alle risorse umane, dalla lean production alla logistica prendendo le prassi migliori dove le trovavamo e adattandole alle nostre esigenze. Abbiamo indicatori interni per ogni settore, per valutare la produttività, le performance, l’ innovazione». I dipendenti peraltro non ne risultano particolarmente stressati: Technogym è regolarmente in cima alle classifiche dei ‘Best place to work’ .
Fonte: Affari e Finanza del 7 febbraio 2011Le soluzioni di Mr.Wellness così Technogym ha scoperto la sua America
L'autore: Marco Panara
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