• domenica , 8 Settembre 2024

Le scelte di Confindustria

Scaduta la Seconda Repubblica scenda in campo la borghesia
La scena si ripete? Un mese fa Emma Marcegaglia aveva detto che la pazienza degli imprenditori era in via di esaurimento, ma quando subito dopo le sue parole erano state interpretate come un attacco al governo, era cominciata una rapida marcia indietro. Ieri la presidente di Confindustria ha parlato di “paese in preda alla paralisi” per la perdita del “senso di dignità delle istituzioni” e per un dibattito politico che fa “indignare”, e ha denunciato il “senso di abbandono” che vivono le imprese. E in tempo reale sono partite bordate polemiche che come minimo la definiscono “ingenerosa” e “smemorata”. Ora che farà, la Marcegaglia? Dopo il nuovo colpo al cerchio, seguirà il solito colpo alla botte? La verità è che gli imprenditori italiani – tutti, di tutte le categorie, non solo quelli aderenti a Confindustria – dovrebbero andare al di là delle rituali denunce e provare a costruire una loro nuova posizione politica. Dovrebbero riunirsi – a porte chiuse, si parla meglio – e tentare un’analisi critica e autocritica di quanto sta succedendo. In discussione non può esserci solo e tanto il governo Berlusconi – cui, va da sé, non sarebbe logico né regalare una promozione che non merita né condannare senza distinguo – quanto il sistema politico nel suo insieme. Se non si capisce che nelle difficoltà odierne, come in quelle che sotto altri profili hanno seppellito il governo Prodi e con esso il centro-sinistra, c’è soprattutto il fallimento del bipolarismo all’italiana che la stessa Confindustria nel passato ha voluto e sostenuto fortemente, non si capisce niente della portata storica della crisi che vive il Paese. Questa non è l’agonia del governo Berlusconi e del centro-destra, è la fine della Seconda Repubblica. Il Paese rivive – nella sostanza ovviamente, perché le differenze puntuali sono molte – la drammatica stagione 1992-1994 che portò alla fine della Prima Repubblica e poi alla nascita di quella che, impropriamente visto che nessuna discontinuità costituzionale è intervenuta, abbiamo chiamato Seconda. Esserne consapevoli deve significare tre cose. In ordine: bisogna costruire la Terza Repubblica; occorre rendere più breve possibile il tempo della transizione; è essenziale non ripetere gli errori di allora. Il che significa che non può esserci un passaggio virtuoso tra una stagione politica e l’altra senza il cambiamento della legge elettorale, del sistema politico e della Costituzione. Poi si può discutere in quale direzione operare questi cambiamenti, ma che ci vogliano è sicuro.
Allora, invece di avvitarsi intorno ai giudizi su questo governo o continuare nella stucchevole ripetizione dei provvedimenti che da esso si pretendono – è inutile, meglio cercare di fare buone scelte al tavolo delle parti sociali in autonomia – sarebbe opportuno che Confindustria e le altre organizzazioni dei datori di lavoro facessero autocritica per aver contribuito anch’esse – e non poco, basti ricordare l’appoggio al referendum Segni – alla nascita di questo fallimentare sistema politico e s’impegnassero a far nascere nuovi soggetti e leader politici. La borghesia italiana ha sempre sbagliato: quella piccola delegando e ignorando, quella grande cercando furbesche scorciatoie. Ora è venuto il momento di ritrovare finalmente il senso del suo ruolo.

Fonte: Il Messaggero del 31 ottobre 2010

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