L’inciucio politico moltiplica-tasse si è consumato tra le 13 e le 15 del 25 marzo a cavallo dell’ora di pranzo, che predispone bene nel corso di una serie di riunioni riservate tra Lega e Pd in vista del voto della Bicameralina sul federalismo regionale (poi approvato con 15 voti a favore, 4 contro, un’assenza del Terzo Polo e dieci astenuti del Pd). La norma-chiave, poco o nulla illustrata dai media, riguardava l’identificazione dei «costi storici» della spesa sanitaria ai quali parametrare i futuri bilanci regionali. La spesa sanitaria rappresenta infatti l’85% della spesa delle regioni. Pochi sanno che dal 2005 al 2010 questi costi hanno vissuto una «gobba» che li ha fatti lievitare del 50%, contro il +17% delle spese dei ministeri e il +23% di quelle dei comuni, che non includono appunto le spese sanitarie. Perché? Perché dovendo subire i tagli orizzontali alla spesa pubblica extra-sanitaria dettati dal governo, le regioni hanno evidentemente trasferito sulle voci sanitarie molti rincari altrove ormai improponibili. In Commissione si dibatteva dunque se i costi del 2010 fossero validi, come parametro di riferimento per determinare la media dei costi standard cui dovranno attenersi tutte le spese sanitarie regionali dal 2013 in poi, o fossero troppo generosi. Il senatore di Fli Mario Baldassarri sosteneva che fossero generosissimi e aveva proposto di individuare come costi storici quelli del 2005 incrementati della sola inflazione (quindi, costi ante-gobba). Alla fine ha invece prevalso la linea lassista, con piena soddisfazione delle cinque regioni ricche e virtuose del Centronord, di cui due a guida leghista (Veneto e Piemonte), una a gestione pidielle, la Lombardia, e due Regioni «rosse», cioè Emilia e Toscana. Ne consegue che le regioni del Sud scialacquone dovranno sacrificarsi meno, per mettersi in regola, e che quelle più virtuose, nordiche, potranno eliminare le addizionali fiscali locali: insomma, si avrà una fiscalità di vantaggio, ma solo al Nord. Smentita, però, da un altro paradosso: come si calcolerà la «capacità contributiva» delle singole regioni, in base alla quale lo Stato dovrà determinare i trasferimenti compensativi «di solidarietà»? Delle due ipotesi in lizza il pil regionale o il gettito fiscale storico è prevalsa la seconda. Per cui le regioni a più alto tasso di evasione fiscale saranno premiate con più lauti trasferimenti. Utilizzando il pil, si sarebbe invece incluso nel parametro anche la percentuale di economia «nera» che l’Istat calcola, e che varia da regione a regione, in funzione della diversa incidenza della malavita. Che viene premiata da questa decisione paradossale.
Fonte: Italia Oggi 8 aprile 2011Le regioni che evadono di più saranno premiate
L'autore: Sergio Luciano
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