La designazione di Giuseppe Vegas alla Consob e di Antonio Catricalà all’Autorità dell’energia è un errore sotto il profilo del metodo, una buona scelta nella sostanza.
Non è “istituzionalmente” apprezzabile che un viceministro transiti dal governo alla presidenza di un’importante authority. Il capo della Consob deve essere indipendente dai soggetti vigilati e dalla politica. Aver fatto parte dell’esecutivo fino al giorno prima si presta a sospetti di conflitti d’interesse.
Nel caso della Consob non ci sono precedenti di questo tipo, nemmeno tra i commissari: Filippo Cavazzuti, che era sottosegretario del governo Ciampi, fu nominato commissario dal governo D’Alema, sia pure dopo poche settimane.
Detto questo, Vegas è persona apprezzata, equilibrata e competente anche se finora si è occupato per lo più di finanza pubblica. Ha un’ormai lunga esperienza al governo e in parlamento, può far funzionare al meglio un collegio che, con l’innesto del consigliere di stato Paolo Troiano, vede una prevalenza di giuristi sugli uomini di mercato.
La designazione di Vegas si può considerare una vittoria del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, sostenuto dalla Lega e dal mondo della finanza che non ha in grande simpatia Catricalà. L’attuale presidente dell’Antitrust fino all’ultimo gli ha infatti conteso il posto, con l’appoggio del sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta.
Vegas è atteso da un lavoro impegnativo. In primo luogo sul fronte europeo perché con l’inizio dell’anno prossimo la Consob sarà integrata nell’Esma, la nuova authority sui mercati finanziari. Assai più di adesso le scelte saranno fatte a livello europeo. Tanto maggiore sarà il peso e l’autorevolezza che Vegas si saprà conquistare nell’Esma tanto migliore sarà la sua performance come presidente della Consob. Saranno fondamentali la conoscenza dei meccanismi di lobbying europeo, i contatti con gli altri regolatori, la capacità di mediare.
Inoltre Vegas dovrà rafforzare la struttura dell’authority, troppo a lungo trascurata: l’organizzazione degli uffici è inadeguata, la prima linea dei funzionari è debole, troppa gente lavora nel back-office rispetto a chi sta in trincea nella vigilanza, il personale non è motivato, non esiste un sistema di premi per chi raggiunge gli obiettivi. Insomma i margini per un incremento di efficienza sono ampi.
Infine Vegas dovrà cercare di rivitalizzare un mercato provato dalle delusioni. La Grande crisi, i casi Cirio e Parmalat sono ancora ben impressi nella memoria dei risparmiatori. E le imprese, con l’aria che tira, non hanno grandi stimoli per quotarsi.
Tornando alla questione delle nomine il secondo problema riguarda Catricalà: non è “istituzionalmente” apprezzabile che un presidente o un commissario passino da un’authority all’altra. Catricalà, senza mai spiegare il perché, si è messo in corsa da mesi per la Consob a due anni di distanza dalla scadenza del suo mandato all’Antitrust. È vero che le ragioni della concorrenza non vanno molto di moda in questo periodo di crisi ma perché passare dall’Antitrust alla Consob o all’Authority dell’energia che nella scala del potere o sono equivalenti (Consob) o sono a un livello inferiore (Energia)? È ardito pensare che il consigliere di stato Catricalà, con l’appoggio di Letta, si sia voluto garantire un prolungamento di carriera nel mondo dorato delle authority?
La “professionalizzazione” del mestiere di componente di authority (i casi sono già numerosi e sono destinati a moltiplicarsi) non è un bene perché, almeno in teoria, spinge chi ha ambizioni di continuare la sua carriera nel “settore” a scendere a compromessi con la politica e con i vigilati, a non dare troppo fastidio, ad accettare scambi pericolosi.
Detto questo, Catricalà, così come gli altri componenti proposti, rappresenta una scelta di alto profilo per l’Authority dell’energia. Conosce il settore grazie alle numerose indagini e istruttorie svolte dall’Antitrust, ha un ottimo rapporto con le associazioni dei consumatori e sa districarsi nei meandri della regolazione,italiana ed europea.
L’uscita di Catricalà sguarnisce il vertice dell’Antitrust. Toccherà ai presidenti delle camere, Renato Schifani e Gianfranco Fini, individuare il successore. È auspicabile che il contenzioso politico in corso tra Pdl e Fli, i partiti di Schifani e di Fini, non compromettano la qualità e la tempestività di una scelta così delicata.
Un’altra questione delicata, più generale, riguarda i compensi dei consiglieri di stato. Una norma consente loro, quando sono destinati a ricoprire un ruolo nelle authority, di cumulare lo stipendio del consiglio di stato con l’indennità che percepiscono all’authority. È deplorevole che in un momento di sacrifici generalizzati a questa categoria sia consentito di mantenere un privilegio scandaloso a spese dei contribuenti. Oltretutto il numero dei consiglieri di stato “dirottati” alle authority è aumentato: oltre a Catricalà, arrivano infatti Troiano alla Consob e Luigi Carbone all’Authority dell’energia. È vero che nell’immenso bilancio dello stato qualche stipendio è una goccia nel mare ma la decenza impone di intervenire
le nomine di Vegas e Catricalà? La sostanza meglio del metodo
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